Il Papa atterra a L'Avana. E rivive il desiderio di Wojtyla "che il mondo si apra a Cuba"

Accolto da Castro e dal card. Ortega, Francesco incoraggia i politici a completare il cammino di normalizzazione con gli Usa e manda un saluto a Fidel. Il presidente denuncia l’embargo: “Crudele, immorale, illegale”

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Inizia tra colpi di cannone e squilli di tromba il decimo viaggio internazionale di Papa Bergoglio a Cuba. In mezzo a canti e cori di benvenuto, l’aereo Alitalia con a bordo il Pontefice atterra con dieci minuti d’anticipo, alle 15.51 (ora locale), all’aeroporto internazionale “José Martí” di L’Avana. Ad attenderlo il presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri, Raúl Castro, e l’arcivescovo di San Cristóbal de La Habana, il card. Jaime Lucas Ortega y Alamino, insieme ad autorità, diplomatici, vescovi e fedeli.

Francesco – il terzo Papa a visitare l’isola caraibica, dopo Giovanni Paolo II e Bendetto XVI – viene accolto da un gruppo di sei bambini vestiti di bianco che gli consegnano fiori e doni, mentre la Guardia d’Onore compie la tradizionale sfilata sventolando le bandiere di Cuba e della Città del Vaticano. 

Nel discorso del Santo Padre – pronunciato dopo l’indirizzo di saluto di Castro che rimarca che “il governo e il popolo cubano lo accolgono con profondo affetto, rispetto e ospitalità” – c’è anzitutto la gratitudine per l’accoglienza riservatagli e per la preparazione a questa visita pastorale. Un saluto va anche al fratello del presidente, il lider maximo Fidel, verso cui Bergoglio esprime “sentimenti di speciale considerazione e rispetto”, e “a tutti i cubani dispersi del mondo”. 

Nelle parole del Pontefice si fondono poi storia, attualità e geografia. Storia perché il Papa ricorda subito che il 2015 è l’anno dell’80° Anniversario dello stabilimento delle relazioni diplomatiche tra Cuba e Santa Sede. “La Provvidenza – dice – mi permette di arrivare oggi in questa amata Nazione, seguendo le indelebili orme del cammino aperto dai memorabili viaggi apostolici che hanno compiuto in quest’Isola i miei due predecessori, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI”. 

Proprio il ricordo dei due precedenti Pontefici “suscita gratitudine e affetto nel popolo e nelle Autorità di Cuba”. Una “amicizia” che oggi si rinnova perché – auspica il Papa – “la Chiesa continui ad accompagnare ed incoraggiare il popolo cubano nelle sue speranze e nelle sue preoccupazioni, con libertà e con i mezzi e gli spazi necessari per far giungere l’annuncio del Regno fino alle periferie esistenziali della società”.

Ma Cuba stessa è una grande periferia: lo è dal 1962, anno in cui gli Stati Uniti imposero il bloqueo, l’embargo (non ancora tolto) che in questi anni ha gravato fortemente sull’economia del paese. Castro lo denuncia esplicitamente nel suo discorso, stigmatizzandolo come causa di “danni umani e privazioni”. “È crudele, immorale e illegale”, dice, e “deve cessare”. “Abbiamo ringraziato il suo sostegno al dialogo tra gli Stati Uniti e Cuba. Il ristabilimento dei rapporti diplomatici è stato un primo passo verso la normalizzazione dei vincoli tra i due Paesi, che richiederà la soluzione di problemi e ingiustizie”, aggiunge il presidente. 

Le sue parole rispecchiano la speranza di molti cubani che la presenza del Pontefice, così come ha contribuito al ‘disgelo’ Cuba e Usa, possa ora sbloccare definitivamente questa situazione, anche se Barack Obama ha già annunciato nei giorni scorsi un alleggerimento delle sanzioni. Intanto, quasi come un memorandum, lungo la strada che porterà il Papa dall’aeroporto alla nunziatura, sono stati apposti cartelli di protesta contro il bloqueo, dove la “o” finale è raffigurata come un cappio e sullo sfondo è disegnata una ragnatela. Simboli della situazione di disagio vissuto in questi anni dal popolo dell’isola caraibica. In stampatello, poi, la scritta: “Bloqueo, el genocidio mas largo de la historia”, il genocidio più grande della storia.

Francesco affronta la questione, anche se in maniera velata (un più forte pronunciamento si attende nel discorso di domani al Palazzo Presidenziale). Sulle sue labbra rivive quindi il desiderio che Giovanni Paolo II espresse al suo arrivo a L’Avana, il 21 gennaio 1998, ovvero l’ardente appello “affinché Cuba si apra con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e il mondo si apra a Cuba”. Perché “geograficamente – osserva Francesco – Cuba è un arcipelago che si affaccia verso tutte le direzioni, con uno straordinario valore come ‘chiave’ tra nord e sud, tra est e ovest”. È quindi la sua “vocazione naturale” essere “punto d’incontro perché tutti i popoli si trovino in amicizia, come sognò José Martí, ‘oltre le strettoie degli istmi e le barriere dei mari’”.

Il Papa ricorda comunque che siamo tutti testimoni di “un avvenimento che ci riempie di speranza”: il processo di normalizzazione delle relazioni tra due popoli, dopo anni di allontanamento. “È un segno del prevalere della cultura dell’incontro, del dialogo, del sistema della valorizzazione universale… sul sistema, morto per sempre, di dinastia e di gruppo”, osserva. E incoraggia i responsabili politici “a proseguire su questo cammino e a sviluppare tutte le sue potenzialità, come prova dell’alto servizio che sono chiamati a prestare a favore della pace e del benessere dei loro popoli, di tutta l’America, e come esempio di riconciliazione per il mondo intero”.

Infine, il Santo Padre rammenta l’altra felice coincidenza del suo viaggio con il primo Centenario della proclamazione della Vergine della Carità del Cobre quale Patrona di Cuba, da parte di Benedetto XV. “Furono i veterani della guerra d’indipendenza, mossi da sentimenti di fede e di patriottismo, che chiesero che la Vergine mambisa fosse la patrona di Cuba come Nazione libera e sovrana”, rammenta. “Da quel momento, Ella ha accompagnato la storia del popolo cubano, sostenendo la speranza che custodisce la dignità delle persone nelle situazioni più difficili e difendendo la promozione di tutto ciò che conferisce dignità all’essere umano”. 

Questa devozione crescente verso Maria è, per il Papa, “una testimonianza visibile della presenza della Vergine nell’anima del popolo cubano”. Per questo, quando nei prossimi giorni si recherà al Santuario del Cobre “come figlio e pellegrino”, assicura di “pregare nostra Madre per tutti i suoi figli cubani e per questa amata Nazione, perché percorra sentieri di giustizia, di pace, di libertà e di riconciliazione”. “Il mondo ha bisogno di riconciliazione – aggiunge a braccio – soprattutto in questa atmosfera di terza guerra mondiale a pezzi che stiamo vivendo…”

Alla intercessione della Madonna, e dei Beati Olallo Valdés e José López Pieteira e del venerabile Félix Varela, “grande propagatore dell’amore tra i cubani e tra tutti gli esseri umani”, Papa Francesco affida infine tutto il popolo di Cuba “perché accrescano i nostri legami di pace, solidarietà e rispetto reciproco”. 

Per leggere il testo completo del discorso del Papa si può cliccare qui.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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