Il 18 settembre 2015 ricorre il 250° anniversario della nascita del Papa bellunese Gregorio XVI, al secolo Bartolomeo Alberto (Mauro quando divenne monaco camaldolese) Cappellari, nato a Mussoi nel 1765 e scomparso a Roma, il 1° giugno 1846. La storiografia tradizionale ha sempre offerto un ritratto poco lusinghiero di questo Pontefice, ritenuto ostile a qualunque apertura nei confronti del costituzionalismo liberale che si era affermato in Europa dopo la Rivoluzione francese del 1789, sebbene le sue origini vadano rintracciate già nell’Inghilterra della seconda metà del ‘600.
Per Papa Cappellari, il liberalismo era prima di tutto laicismo che comportava, non tanto e non solo la distruzione del potere temporale della Chiesa, ma soprattutto il predominio del razionalismo e del materialismo. Nella famosa lettera Enciclica Mirari vos, pubblicata il 15 agosto 1832, ove veniva definita “deliramentum” la libertà di coscienza, non era condannata l’idea secondo la quale prima di ogni forma di ordinamento giuridico esistono dei diritti nell’uomo stesso a partire dalla sua natura, ma che all’origine delle dichiarazioni dei diritti dell’uomo era riconoscibile l’influenza esercitata dal razionalismo sulla politica e sulla scienza giuridica con la creazione di quelle geometrie politico-legali proprie del pensiero moderno.
Il riconoscimento dei diritti dell’uomo non era e non poteva essere solo strumento contro l’assolutismo dello Stato e contro l’arbitrio del positivismo giuridico, ma soprattutto, ed in questo stava la condanna del Cappellari anche nei confronti delle tesi di Lamennais (1782-1854), un’idea metafisica: nell’essere stesso dell’uomo si fonda una pretesa etica e giuridica. In fondo è il concetto di natura che si trova in Romani 2,14, ispirato alla Stoa e trasformato dalla teologia della creazione di Paolo.
La lezione di Gregorio XVI è, quindi, quanto mai attuale, soprattutto in un’epoca caratterizzata dalla moltiplicazione sfrenata dei diritti: se l’uomo, come tale, per il fatto cioè di appartenere alla specie uomo, è soggetto di diritto, egli porta con sé valori e norme che si devono trovare, non certamente inventare ex nihlo. Del resto, lo scrive uno dei campioni del laicismo giuridico, Gustavo Zagrebelski nel suo Il diritto mite (1992), “la Chiesa cattolica non si è mai convertita ai diritti della tradizione laica e non ha mai annullato le sue riserve radicali sui diritti della rivoluzione francese”.
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[Servizio a cura di Michelangelo De Donà, dell’Università degli Studi di Pavia, e di Daniele Trabucco, dell’Università degli Studi di Padova]