Chi vuole essere suo discepolo deve accettare di essere servo

Parole di papa Francesco durante l’Angelus di domenica 13 settembre 2015

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Riportiamo di seguito le parole rivolte oggi a mezzogiorno da papa Francesco durante la consueta recita della preghiera dell’Angelus ai fedeli e pellegrini convenuti in piazza San Pietro.

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[Prima dell’Angelus:]

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù che, in cammino verso Cesarea di Filippo, interroga i discepoli: «La gente, chi dice che io sia?» (Mc 8,27). Essi rispondono quello che diceva la gente: alcuni lo ritengono Giovanni Battista redivivo, altri Elia o uno dei grandi Profeti. La gente apprezzava Gesù, lo considerava un “mandato da Dio”, ma non riusciva ancora a riconoscerlo come il Messia, quel Messia preannunciato ed atteso da tutti. Gesù guarda gli apostoli e domanda ancora: «Ma voi, chi dite che io sia?» (v. 29). Ecco la domanda più importante, con cui Gesù si rivolge direttamente a quelli che lo hanno seguito, per verificare la loro fede. Pietro, a nome di tutti, esclama con schiettezza: «Tu sei il Cristo» (v. 29). Gesù rimane colpito dalla fede di Pietro, riconosce che essa è frutto di una grazia, di una grazia speciale di Dio Padre. E allora rivela apertamente ai discepoli quello che lo attende a Gerusalemme, cioè che «il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto … venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere» (v. 31).

Sentito questo, lo stesso Pietro, che ha appena professato la sua fede in Gesù come Messia, è scandalizzato. Prende in disparte il Maestro e lo rimprovera. E come reagisce Gesù? A sua volta rimprovera Pietro per questo, con parole molto severe: «Va’ dietro a me, Satana!” – gli dice Satana! – “Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (v. 33). Gesù si accorge che in Pietro, come negli altri discepoli – anche in ciascuno di noi! – alla grazia del Padre si oppone la tentazione del Maligno, che vuole distoglierci dalla volontà di Dio. Annunciando che dovrà soffrire ed essere messo a morte per poi risorgere, Gesù vuol far comprendere a coloro che lo seguono che Lui è un Messia umile e servitore. È il Servo obbediente alla parola e alla volontà del Padre, fino al sacrificio completo della propria vita. Per questo, rivolgendosi a tutta la folla che era lì, dichiara che chi vuole essere suo discepolo deve accettare di essere servo, come Lui si è fatto servo, e avverte: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua» (v. 35).

Mettersi alla sequela di Gesù significa prendere la propria croce – tutti l’abbiamo… – per accompagnarlo nel suo cammino, un cammino scomodo che non è quello del successo, della gloria passeggera, ma quello che conduce alla vera libertà, quella che ci libera dall’egoismo e dal peccato. Si tratta di operare un netto rifiuto di quella mentalità mondana che pone il proprio “io” e i propri interessi al centro dell’esistenza: questo non è ciò che Gesù vuole da noi! Invece, Gesù ci invita a perdere la propria vita per Lui, per il Vangelo, per riceverla rinnovata, realizzata e autentica. Siamo certi, grazie a Gesù, che questa strada conduce alla fine alla risurrezione, alla vita piena e definitiva con Dio. Decidere di seguire Lui, il nostro Maestro e Signore che si è fatto Servo di tutti, esige di camminare dietro a Lui e di ascoltarlo attentamente nella sua Parola – ricordatevi: leggere tutti i giorni un passo del Vangelo – e nei Sacramenti.

Ci sono giovani qui in piazza: ragazzi e ragazze. Io vi domando: avete sentito la voglia di seguire Gesù più da vicino? Pensate. Pregate. E lasciate che il Signore vi parli.

La Vergine Maria, che ha seguito Gesù fino al Calvario, ci aiuti a purificare sempre la nostra fede da false immagini di Dio, per aderire pienamente a Cristo e al suo Vangelo.

[Dopo l’Angelus:]

Cari fratelli e sorelle,

oggi, in Sudafrica, viene proclamato Beato Samuel Benedict Daswa, padre di famiglia, ucciso nel 1990 – appena 25 anni fa – e ucciso per la sua fedeltà al Vangelo. Nella sua vita dimostrò sempre grande coerenza, assumendo coraggiosamente atteggiamenti cristiani e rifiutando abitudini mondane e pagane. La sua testimonianza aiuti specialmente le famiglie a diffondere la verità e la carità di Cristo. E la sua testimonianza si unisce alla testimonianza di tanti fratelli e sorelle nostre, giovani, anziani, ragazzi, bambini, perseguitati, cacciati via, uccisi per confessare Gesù Cristo. Tutti questi martiri, Samuel Benedict Daswa e tutti loro, ringraziamo per la loro testimonianza e chiediamo loro di intercedere per noi.

Saluto con affetto tutti voi, romani e pellegrini provenienti da diversi Paesi: famiglie, gruppi parrocchiali, associazioni. Saluto i fedeli della diocesi di Friburgo, l’associazione “L’Albero di Zaccheo” di Aosta, i fedeli di Corte Franca e Orzinuovi, l’Azione Cattolica Ragazzi di Alpago e il gruppo di motociclisti di Ravenna.

Saluto gli insegnanti precari venuti dalla Sardegna, e auspico che i problemi del mondo del lavoro siano affrontati tenendo concretamente conto della famiglia e delle sue esigenze.

A tutti auguro una buona domenica. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me! Buon pranzo e arrivederci!

© Copyright – Libreria Editrice Vaticana

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ZENIT Staff

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