Benedict Daswa, il padre di otto figli, morto martire, finalmente Beato

La cerimonia di beatificazione si è svolta oggi in Sudafrica, a Tohoyandou, presieduta dal cardinale Angelo Amato

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Chi è Benedict Daswa, il Servo di Dio beatificato oggi in Sudafrica ricordato oggi dal Papa durante l’Angelus? Benedict Samuel Tshimangadzo Daswa era anzitutto il “padre amorevole” di otto figli, poi un maestro, un catechista, un grande testimone di fede, un uomo di dedizione e integrità, morto da martire il 2 febbraio 1990 a Tzaneen, Limpopo, la provincia più settentrionale del Sud Africa.

A Tohoyandou, invece, è stato beatificato oggi con una grande cerimonia presieduta dal card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, che ha visto la partecipazione di centinaia di fedeli, a dimostrazione della forte testimonianza che questo semplice ma straordinario uomo ha lasciato nel cuore della gente africana.

Benedict Daswa è nato, il 16 giugno 1946, in Mbahe, un povero villaggio Venda vicino Thohoyandou nella diocesi di Tzaneen, da genitori appartenenti alla tribù chiamata Lemba. Sperimentò durante la sua gioventù la dolorosa perdita del padre e la pressione di dover rappresentare una figura di riferimento per i fratelli e le sorelle più giovani. Attraverso il contatto con degli amici cattolici, durante l’adolescenza si convertì al cattolicesimo e nel 1963, a 17 anni, chiese il battesimo scegliendo il nome di Benedict. Poco dopo lo seguì anche sua madre.

La sua fede lo portò a servire la Chiesa in molti modi: come assistente di sacerdoti, catechista di giovani, aiutante nella costruzione di chiese. Fu anche preside della scuola locale e ricoprì diversi altri incarichi di rilievo nella comunità, come ad esempio quello di guida ed animatore dei giovani durante i week-end e le vacanze, dotando il villaggio di un campo sportivo ed allenando i ragazzi della squadra di calcio. Era ampiamente rispettato e molto influente nella comunità locale.

Il 25 gennaio 1990, dopo un forte temporale, cumuli di paglia nel villaggio presero fuoco; il capo propose quindi di consultare uno sciamano per individuare lo spirito maligno responsabile dei roghi. Si concordò un contributo di 5 rand a persona per pagare lo stregone.

Benedict arrivò tardi, dopo che questa decisione era già stata presa. Nonostante ciò vi si oppose con vigore. Anche perché spiegò che la causa dei roghi era semplicemente la conseguenza di un fenomeno naturale come un fulmine. Si rifiutò quindi di pagare il contributo, affermando che la sua fede cattolica gli impediva di prendere parte a qualsiasi cosa avesse a che fare con la stregoneria.

Una posizione coraggiosa che strideva con la decisione del Consiglio locale. La comunità lo rimproverò dicendo che il suo comportamento sminuiva le credenze tradizionali. Daswa venne visto quindi come una pietra d’inciampo; cospirarono allora per sbarazzarsi di lui.

Il 2 febbraio 1990, venne perciò assalito dalla folla, lapidato e picchiato a morte. Quando vide un uomo venire verso di lui con un knobkerrie (un bastone tradizionale con una grande palla all’estremità ndr), si inginocchiò e pregò: “Dio, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Subito dopo gli venne inferto un colpo letale che schiacciò il suo cranio. Sulla sua testa gli venne versata poi dell’acqua bollente. Alla sua morte lasciò la moglie Evelyn, incinta dell’ottavo bambino, che partorì quattro mesi dopo, altri sette figli, sua madre Ida, tre fratelli e una sorella.  

Il processo per la causa di beatificazione fu aperto nel 2000, postulatore era mons. Hugh Slattery, vescovo emerito di Tzaneen. Il 22 gennaio 2015, poi, Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle cause dei Santi a promulgare il decreto che ne riconosce il martirio. 

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Per approfondimenti:

http://www.zenit.org/it/articles/mio-padre-benedict-daswa-un-santo-gia-in-famiglia

 

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ZENIT Staff

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