Un intervento appassionato e forte quello che padre Jamal Khader ha tenuto stamane all’assemblea plenaria dei Presidenti dei Vescovi Europei (CCEE), al via ieri alla Domus Galilaeae, sul Monte delle Beatitudini in Israele. Padre Khader è rettore del Seminario Patriarcale di Beit Jala, situato nella parrocchia latina di Beit Jala, e conta attualmente 34 aspiranti sacerdoti al seminario maggiore e 45 del minore.
Il rettore ha subito spiegato che la Terra Santa è il “quinto Vangelo”, un luogo dove passa la “tangente tra Dio e l’uomo, tra l’eterno e la storia”. Per questo motivo i Pontefici, a partire da Paolo VI, hanno parlato di “geografia della salvezza”. Il luogo in cui Cristo è vissuto, ha predicato, dove è stato osannato ma anche perseguitato, torturato e ucciso in croce, è il crocevia dove “storia e geografia della salvezza” si uniscono. Quando noi celebriamo nei luoghi santi – ha spiegato padre Khader – aggiungiamo la parola “hic” perché “qui Gesù è nato, qui Gesù è stato sepolto, da qui Gesù è risorto”.
In termini molto attuali, il religioso si è soffermato poi su un altro ‘luogo’ in cui vi è la presenza di Dio: coloro che soffrono. Una realtà ben presente nelle popolazioni locali. Khader ha ricordato il discorso della montagna di Gesù, riportato dal Vangelo di Matteo, in cui il Figlio di Dio disse: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perchè erediteranno la terra. Beati gli operatori di pace, perchè saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”.
“Si tratta di un programma di vita testimoniato direttamente da Gesù che si è identificato con i poveri ed i perseguitati”, ha osservato il rettore di Beit Jala. “Gesù è diventato povero per arricchirci, è stato afflitto con i dolori per consolarci nel nostro dolore”. Caricandosi delle nostre sofferenze Cristo ci ha liberati, ha aggiunto, “per piaghe siamo stati guariti” e soprattutto “ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia”.
A questo proposito padre Khader ha precisato che nella sua missione profetica Gesù non faceva “l’equilibrio” tra gli oppressi e gli oppressori. Egli “aiutava i poveri e chiamava i potenti alla conversione ed alla compassione”. Per questo, “la Chiesa è chiamata a seguire l’esempio di Gesù e continuare a proclamare il regno di Dio, un regno di giustizia, di pace e di riconciliazione”.
Il religioso ha quindi concluso affermando che “la vittoria di Gesù sulla croce e sulla morte è un segno di speranza, una vittoria sul male, sul peccato, sulla sofferenza e sull’ingiustizia”. “Questa speranza è la nostra forza nel nostro impegno per un mondo migliore, per un mondo di pace, di giustizia, di riconciliazione e di fraternità”, perché “Gesù non è soltanto il Signore dell’universo, ma anche della storia che viviamo su questa terra”.