Il temine anglosassone “Community”, letteralmente tradotto in italiano con Comunità, rappresenta una costante nell’organizzazione sociale delle persone. Tralasciando le comunità tribali, le strutture sociali più antiche della storia umana, la condivisione dei valori, attività e sentimenti è certamente stata alla base delle prime comunità cristiane, precursori delle attuali Parrocchie. La gestione della socialità ha nel tempo determinato la creazione di numerosi gruppi di condivisione di intenti: tra questi associazioni di tutti i generi, da quelle sportive a quelle scientifiche o ai partiti politici. Siamo quindi da sempre immersi in un mondo fatto di comunità e di “comunità di comunità”, organizzazioni per lo più con finalità specifiche. Durante la seconda guerra mondiale in America nascono le prime comunità con finalità terapeutica mirate ad un rapido reinserimento dei reduci di guerra (rapido perché serviva reinviarli velocemente a combattere vincendo lo stress post traumatico).
L’importanza terapeutica della condivisione di valori e di stili di vita é stata poi alla base dell’utilizzo delle comunità terapeutiche nel recupero dei tossicodipendenti prima e, con la chiusura degli ospedali psichiatrici, nel trattamento territoriale residenziale dei disturbi mentali. Oggi si parla anche di ospedale di comunità con l’intento di ridurre, oltre i costi, la distanza tra l’istituzione sanitaria ed il domicilio della persona che ha bisogno, oltre che di cure, degli affetti familiari e della solidarietà del proprio contesto sociale. La recente affermazione delle nuove tecnologie di comunicaIone ha sancito il successo delle community virtuali. I nativi digitali catalogano i social network come Facebook e Twitter tra gli strumenti preistorici di condivisione e socializzazione fruibili sul web. Oggi spopolano canali come WhatsApp o Messenger, Line, Viber, Instagram, Telegram, Snapchat, o il minimalista Yo.
Perché parlare di comunità in uno spazio dedicato allo sport? Certamente perché i valori di aggregazione dello sport hanno sempre rappresentato un caposaldo di diverse comunità: il tifo campanilistico, la condivisione della passione per la singola disciplina, l’appartenenza ad una società o ad un circolo. Sport e comunità… soprattutto perché diverse comunità terapeutiche per la riabilitazione di tossicodipendenti e di persone con disturbi psichiatrici usano lo sport nei loro programmi di recupero e di cura. Come tutti gli anni persone che condividono la passione per lo sport e per la solidarietà con individui in difficoltà si ritrovano a Gabicce Mare, da lunedì 7 a sabato 12 settembre, per un raduno nazionale giunto ormai alla XXa edizione. L’iniziativa è organizzata dall’Associazione Sport e Comunità (associazione benemerita del CONI) fondata da Don Antonio Mazzi, appartenente come me alla sotto-community degli amanti della Beneamata (i tifosi interisti).
Il Raduno Sportivo Nazionale è una manifestazione che attraverso lo sport promuove il confronto e la collaborazione tra realtà diverse impegnate nella lotta alla droga e alle marginalità sociali che, seppur con strumenti diversi, concorrono al raggiungimento del medesimo obiettivo. Il Raduno è un evento unico nel suo genere, al quale partecipano centinaia di ragazzi e ragazze provenienti da comunità e centri per la lotta alla droga (pubblici e privati) di tutta Italia. Come sempre oltre alle attività sportive: Atletica Leggera, Nuoto, Pallavolo, Beach Volley, Mountain Bike, Calcio, Calcio a 5, Tennistavolo, Bocce, etc. vengono svolte anche manifestazioni culturali e musicali con l’obiettivo di poter offrire ai partecipanti l’opportunità di incontrarsi, di confrontarsi con altre realtà, di vivere una settimana di spensieratezza, cultura, aggregazione e di sperimentare emozioni in grado di arricchire la loro vita.
Un augurio a tutti i partecipanti: forza ragazzi, vincete la partita della vita!!