Riguardo all’obbligo di recitare i Primi Vespri della domenica

L’esenzione è possibile se, secondo coscienza, il sacerdote sia impossibilitato per motivi di salute o di impegni pastorali urgenti

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Nella sua rubrica di liturgia, padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e Decano di Teologia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, risponde questa settimana ad una domanda posta da un lettore negli USA.

Durante la Settimana Santa e a Natale, i sacerdoti che celebrano la Messa della Vigilia sono esonerati dal recitare i Primi Vespri della Solennità. Il sabato celebro due Messe vespertine, la prima alle 17.00, la seconda in un’altra chiesa alle 19.00. Torno in canonica solo verso le 21.00. Sono comunque tenuto a recitare i Primi vespri della domenica? — G.O.,  Arcidiocesi di Mobile, Alabama (USA)

Le indicazioni riguardo l’esenzione per coloro che celebrano queste Messe della Vigilia sono specifiche per queste specifiche celebrazioni. Se fosse un’esenzione generale allora non avrebbe senso specificare.

Una possibile soluzione per il nostro lettore è recitare i vespri nel primo pomeriggio. Anche se il rispettare dei tempi delle Ore è importante, più importante è comunque recitarle. Quindi, se un sacerdote prevede che non avrà tempo per recitare una delle Ore, perché diventerà molto tardi e sarà molto stanco, allora è meglio recitarla in un momento in cui può dedicarci con la dovuta attenzione.

Allo stesso tempo, non è da escludere che il nostro lettore possa essere esonerato, ma per ragioni differenti dal celebrare queste Messe vespertine.

La Congregazione per il Culto Divino ha pubblicato un responso in merito a un dubbio riguardo l’estensione dell’obbligo di un sacerdote di celebrare l’Ufficio Divino [Notitiae 37 (2001), 418]. Ecco alcuni brani:

“Domanda n° 1: Qual è l’opinione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti circa l’estensione dell’obbligo di celebrare o recitare quotidianamente la Liturgia delle Ore?

“Risposta: Coloro che sono stati ordinati sono moralmente vincolati, in virtù della stessa ordinazione che hanno ricevuto, alla celebrazione o all’intera e quotidiana recitazione dell’Ufficio Divino, così come è canonicamente stabilita nel canone 276, § 2, n. 3 del CIC, citato in precedenza. Questa recitazione non ha la natura di una devozione privata o di un pio esercizio realizzato per la volontà personale del chierico ma è piuttosto un atto proprio al sacro ministero e dell’ufficio pastorale”.

“Domanda No. 2: L’obbligo sub gravi è esteso all’intera recitazione dell’Ufficio Divino?

“Risposta: Vanno tenute a mente le seguenti parole:

“Un motivo serio, sia esso di salute, o di servizio pastorale nel ministero, o di un atto di carità, o per affaticamento, non un semplice inconveniente, può esentare dalla recitazione parziale o persino dall’intero Ufficio Divino, secondo il principio generale il quale stabilisce che una mera legge ecclesiastica non possa vincolare laddove sia presente un serio inconveniente;

“La totale o parziale omissione dell’Ufficio dovuta alla sola pigrizia o alla messa in pratica di attività diversive non necessarie, non è lecita, e anzi, costituisce una sottostima, a seconda della gravità del caso, dell’ufficio ministeriale e della legge positiva della Chiesa; 

“Omettere le Ore della Preghiera della Mattina (Lodi) e della Preghiera della Sera (Vespri) richiede un motivo ancor più serio, dato che queste Ore sono il ‘duplice cardine dell’Ufficio quotidiano’ (SC 89);

“Se un sacerdote deve celebrare la Messa più volte nello stesso giorno o ascoltare confessioni per diverse ore o predicare più volte nello stesso giorno, e questo gli arrechi fatica, egli può ritenere, con la coscienza tranquilla, di avere una legittima scusante per omettere una parte proporzionata dell’Ufficio;

“Il proprio Ordinario del sacerdote o diacono può, per una giusta o grave ragione, a seconda del caso, dispensarlo totalmente o parzialmente dalla recitazione dell’Ufficio Divino, o commutarla in un altro atto di devozione (come, per esempio, il santo Rosario, le Stazioni della Croce, una lettura biblica o spirituale, un tempo di preghiera mentale ragionevolmente prolungato, ecc.)”.

Alcuni vescovi, basandosi su questo documento, hanno specificato più dettagliatamente le occasioni in cui un sacerdote è dispensato da tutto l’Ufficio Divino o parte di esso. Queste indicazioni, se esistono, vengono di norma fornite quando il sacerdote riceve la facoltà per esercitare il ministero. Nella misura in cui le indicazioni del vescovo corrispondono alle disposizioni generali qui sopra, esse possono venire applicate universalmente. Nella misura in cui esse sono specifiche per la diocesi, per esempio quando il vescovo dispensa dall’Ufficio, ogni volta che un sacerdote concelebri col vescovo, allora valgono solamente all’interno della diocesi.

Un sacerdote dovrebbe sempre cercare di recitare l’intero Ufficio poiché, come ci ricorda il documento sopra, questo non è solo un atto di devozione ma una parte integrante del suo ministero sacerdotale. Le norme sopracitate, tuttavia, contribuiscono alla tranquillità d’animo, in alcune occasioni in cui egli sia impossibilitato a farlo tutto, a causa dell’onere dell’attività pastorale.

[Traduzione dall’inglese a cura di Maria Irene De Maeyer]

***

I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

 

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Fr. Edward McNamara

Padre Edward McNamara, L.C., è professore di Teologia e direttore spirituale

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