I colori sgargianti delle divise della Guardia Svizzera Pontificia piombano a Venezia. Non è un’invasione militare, tantomeno per un’inaspettata visita di Papa Francesco, ma il tentativo di conquistare giuria, pubblico e critica della 72ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica. L’esercito più piccolo del mondo, diretto da Gianfranco Pannone e prodotto dal Centro Televisivo Vaticano (CTV), verrà presentato fuori concorso al Lido nella sezione documentari, pronto a sorprendere il pubblico con il racconto delle emozioni e dei dubbi vissuti dai ragazzi che proteggono il Papa all’interno e all’esterno della Città del Vaticano.
La pellicola racconta infatti la Guardia Svizzera vissuta al tempo di Francesco. Le storie, cioè, di Renè, uno studente di teologia dell’Argovia, che ha deciso di far parte del corpo pontificio nato all’epoca di Giulio II. Oppure di Leo, un semplice guardaboschi felice di fare un’esperienza nella Città Eterna. Poi Michele, svizzero-italiano di origine lucana e Marco. Renè però, da buon intellettuale qual è, si interroga sulla propria fede e sul proprio ruolo. Cosa significa indossare un abito del 500 ai giorni nostri? Far parte di un variopinto ma anche antiquato corpo militare, specie in rapporto a una figura “rivoluzionaria” e modernista come quella del “Papa venuto da lontano”? Il giovane soldato proverà così a trovare una risposta per sé e per i suoi compagni d’armi.
Per la prima volta il CTV, diretto da monsignor Dario Viganò, presenta un proprio prodotto alla prestigiosa rassegna cinematografica. Considerata la recente nomina di a orefetto della Segreteria per la Comunicazione, nuovo Dicastero voluto da Papa Francesco che dovrà guidare le attività editoriali della Santa Sede, l’evento non lascia indifferenti. Il regista, responsabile del Laboratorio di Cinema Documentario al Dams dell’Università Roma Tre e docente al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ha dichiarato a Radio Vaticana di essere da tempo in contatto con il CTV e con Viganò. Inizialmente il progetto avrebbe dovuto riguardare la Chiesa Cattolica e il suo rapportarsi alla contemporaneità, per poi trasformarsi in un documentario sulla Guardia Svizzera.
A stupire Pannone la grande apertura dentro la Guardia Svizzera: “Io stesso sono rimasto sorpreso, forse anch’io soffrivo di un pregiudizio. Credo che però questa impressione diversa e positiva sia fortemente influenzata dalla presenza di Papa Francesco, che è una figura che in qualche modo compare sempre sullo sfondo, ma è importantissima e determinerà anche la soluzione dei dubbi di René”. Il film non si limita a raccontare la storia della Guardia Svizzera o mostrare l’aura quasi leggendaria che la circonda, ma affronta la vita, i dubbi e le incertezze dei ragazzi protagonisti, seguendone il percorso formativo fino al fatidico giuramento di fedeltà al Papa e alla Chiesa Cattolica.
“Ho puntato molto – rivela il regista ai microfoni dell’emittente vaticana – su un aspetto che secondo me è fortemente legato a questo papato: l’umanità, cioè non raccontare i soldati ma raccontare le persone, che cercano in qualche modo di collocarsi nel mondo. E quindi c’è la loro normalità, ci sono le passeggiate, le chiacchierate, le confidenze, i dubbi. Non è un film celebrativo e credo che forse per questo Alberto Barbera l’abbia preso al Festival di Venezia. È uno sguardo ad altezza d’uomo, con la vita di camerata, la mensa, le passeggiate per Roma”. Racconto di formazione dunque, inserito nel contesto della Guardia Svizzera Pontificia per combattere l’idea di formalità e rigidità che trasmette quotidianamente e sottolineando, allo stesso tempo, la semplicità dei ragazzi che ne fanno parte.
“Entrare in Vaticano – prosegue Pannone- per realizzare un dietro le quinte della Guardia Svizzera è stato un grande privilegio. La mia avventura nello Stato della Chiesa è durata circa un anno ed è stata appassionante e rivelatrice del clima realmente nuovo creato da Papa Francesco. Per non farmi fagocitare da tanta grandezza, dal peso della storia come dalla mia stessa fede cristiana, ho scelto di avere uno sguardo laico e al tempo stesso lontano dalla facile retorica della rappresentazione. Ho voluto raccontare un pezzo importante della Chiesa Cattolica partendo volutamente dal basso. È stato uno scambio profondamente umano quello che è avvenuto con la Guardia Svizzera Pontificia e mi auguro che questa umanità trapeli dal film arrivando ai credenti e non; perché dopotutto fare un film con sguardo documentaristico significa anche rivolgersi a tutti con la mente sgombra da muri d’ogni genere, aperta. È stata per me un’esperienza straordinaria da questo punto di vista, perché mi si è aperto un mondo. Da credente, che però difende fortemente la propria dimensione laica, per me è stata una grande scoperta e una straordinaria esperienza”.
Promuovendo i valori di umanità e genuinità, il film sembra essere permeato dello stesso motto che la Guardia Svizzera Pontificia recita ormai da 500 anni: “Acriter et fideliter, Con Coraggio e Fedeltà”.