Per quelli che il Creatore non esiste (Quarta parte)

Gadamer, il padre dell’ermeneutica contemporanea

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Gadamer può essere considerato come il padre della filosofia ermeneutica contemporanea, la quale è incomprensibile senza avere letto Verità e metodo, infatti in questa opera viene elaborato un’idea di interpretazione, che è assente nelle altre filosofie e la cui fecondità ha consentito lo sviluppo delle odierne teorie ermeneutiche.  

La chiave di lettura per comprendere l’originalità dell’ermeneutica gadameriana è costituita dal concetto di Verstehen. Questo termine in Italiano viene tradotto con “comprensione”, il cui significato si estende tra una modalità di conoscenza che implica un coinvolgimento affettivo ( come quando una persona partecipa a un dolore od a una gioia altrui) alla tolleranza o all’indulgenza nei rapporti interpersonali.

Verstehen significa invece, nella filosofia di  Gadamer:

“L’originario modo di attuarsi dell’esserci, che è essere-nel-mondo. Prima di qualunque differenziazione nelle diverse direzioni dell’interesse teorico e pratico, il comprendere (Verstehen) è il modo di essere dell’esserci in quanto poter-essere e ‘possibilità’ “[1].

Nel testo sopra riportato risulta evidente il riferimento all’antropologia filosofica descritta da Heidegger, maestro di Gadamer, in Essere e Tempo ed è quindi necessario un chiarimento riguardo a ciò che il filosofo intende con il concetto di “esserci”.

Heidegger denota con il termine esserci l’essere umano. Tale termine   traduce il tedesco Da-sein, che letteralmente vuol dire “essere qui”, ma che  nella filosofia heideggeriana acquisisce il significato di rapporto all’essere. L’esistenza umana si identifica con questo rapporto: l’uomo è il “qui” dell’essere, cioè il “luogo” in cui l’essere si manifesta (e nel contempo si nasconde, secondo Heidegger).

E’ da rilevare che il concetto di esistenza assume un significato diverso da quello tradizionale.

Scrive infatti Heidegger:

“[…] L’ontologia ha il compito di mostrare che, se noi scegliamo per l’essere di questo ente la designazione di esistenza, questo termine non ha e non può avere il significato ontologico del termine tradizionale existentia. Esistenza significa, per l’ontologia tradizionale, qualcosa come la semplice-presenza, modo di essere questo, essenzialmente estraneo a un ente che ha il carattere dell’Esserci”[2].

Heidegger afferma che l’esistenza è un progetto sempre rinnovabile momento per momento, essa è un “progetto gettato”, cioè, come afferma giustamente Vattimo, secondo il filosofo tedesco “l’Esserci può entrare in rapporto con gli enti in quanto è già sempre gettato in una certa apertura storica, cioè in quanto dispone già sempre di un insieme storicamente dato di criteri, di norme, di pre-giudizi in base ai quali l’ente gli si fa accessibile”[3].

Questa apertura storica è il “mondo”, che non è il mondo-ambiente, ma è il contesto storico-temporale in cui l’essere umano vive concretamente.

Il “mondo” è uno degli “esistenziali”, che sono costitutivi dell’Esserci. Essi sono “caratteri d’essere dell’Esserci”[4], strutture universali a priori, possibilità che l’uomo ha di esistere.

Gli esistenziali, in quanto possibilità, sono indeterminabili e, come vedremo, pur rimanendo formalmente identici, variano contenutisticamente in rapporto ai diversi contesti storico-temporali, cioè ai diversi mondi, in cui l’uomo vive.

Essere e Tempo è in gran parte l’analisi articolata e complessa degli esistenziali, propri dell’Esserci.

Gli esistenziali maggiormente significativi per comprendere la specificità dell’antropologia heideggeriana sono la “comprensione” (Verstehen), l’ ”interpretazione” (Auslegung), il “discorso” (Rede), la “situazione affettiva” (Befindlichkeit).

Il Verstehen è la possibilità dell’uomo di orientarsi nel mondo, cioè nell’apertura storico-temporale in cui vive; questa possibilità non deve essere intesa in senso intellettualistico come un’attività razionale tramite la quale l’uomo conosce astrattamente la realtà. Il Verstehen, infatti, antecede la distinzione tra teoria e prassi ed è la capacità specifica dell’uomo di sapersi orientare nel mondo e di rapportarsi alle cose.

L’esplicitazione del Verstehen è l’ ”interpretazione” (Auslegung), quest’ultima infatti sviluppa, elaborandole, le virtualità insite nel Verstehen, sul quale si fonda.

Scrive in proposito Heidegger:

“Il progettare proprio della comprensione ha una possibilità di sviluppo sua propria. A questo sviluppo del comprendere diamo il nome di interpretazione (Auslegung). In essa la comprensione, comprendendo, si appropria di ciò che ha compreso. Nell’interpretazione, la comprensione non diventa altra da sé ma se stessa. L’interpretazione si fonda esistenzialmente nella comprensione: non è dunque questa a derivare da quella. L’interpretazione non consiste nell’assunzione del compreso, ma nell’elaborazione delle possibilità progettate nella comprensione”[5].

Gadamer condivide pienamente l’antropologia filosofica heideggeriana e i  suoi concetti di Verstehen e quello conseguente di Auslegung

Gadamer, in continuità con Heidegger, considera il Verstehen-Auslegung (comprensione-interpretazione) come un esistenziale e, conseguentemente, afferma l’essenziale ermeneuticità dell’essere umano.

L’atteggiamento ermeneutico è quindi universale e coinvolge ogni condotta umana. Il filosofo riconosce al suo maestro che “con l’interpretazione trascendentale data [da Heidegger] al comprendere (Verstehen), il problema dell’ermeneutica acquista una portata universale”[6].

Nei prossimi articoli vedremo come  in Verità e metodo Gadamer sostenga che il Verstehen è la condizione di possibilità dell’esperienza estetica, storica e linguistica.

La terza puntata è stata pubblicata sabato 24 gennaio 2015.

*

NOTE

[1] H. G. Gadamer, Breve storia dell’ermeneutica dal romanticismo alla fenomenologia heideggeriana, in H. G. Gadamer , P. Ricoeur, C. Lévi-Strauss, Problemi dell’interpretazione, a cura di M. Cristaldi, Giannotta, Catania 1975, p. 306.

[2] M. Heidegger, Essere e tempo, a cura di P. Chiodi,  Longanesi, Milano 1976, p. 64.

[3] G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, Laterza, Roma-Bari 19813,p. 73.

[4] M. Heidegger, Essere e tempo, cit., p. 67. L’ ‘esistenziale’ si differenzia dall’ ‘esistentivo’, che è l’esistenza nella sua effettività. La dimensione esistentiva è il concreto realizzarsi nell’hic et nunc della dimensione esistenziale.

[5] Ibidem, p. 189.

[6] H. G. Gadamer, Breve storia dell’ermeneutica dal romanticismo alla fenomenologia heideggeriana, cit., p. 104.

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Maurizio Moscone

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