Nella sua rubrica settimanale di liturgia, padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e decano di Teologia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, risponde oggi ad una domanda di un nostro lettore in India.
Ho capito che tecnicamente, chiunque, persino una donna, può essere nominato cardinale, poiché un cardinale non deve necessariamente essere vescovo o sacerdote. Se potesse gentilmente darmi delucidazioni in merito… Punto secondo: il Santo Padre è anche il vescovo di Roma. A Mumbai il cardinale è anche chiamato “arcivescovo” e non vescovo di Bombay. Come mai? — R.C., Mumbai, India
Credo che occorra distinguere le diverse domande. Innanzitutto, una donna può essere nominata cardinale? Secondo, possono le donne essere coinvolte nell’elezione del Pontefice? E infine. qual è la differenza tra arcidiocesi e diocesi?
Direi che la risposta alla prima domanda è no.
È vero che il cardinalato è una dignità e non un ordine sacro. Ma è anche vero, tuttavia, che, sin dagli inizi l’istituzione cardinalizia è stata associata alla condizione clericale.
I cardinali sono divisi in tre ordini – vescovi, sacerdoti e diaconi – sebbene la stragrande maggioranza di essi siano vescovi. Questo perché, in un periodo ancora relativamente iniziale, l’elezione del vescovo di Roma fu limitata ai vescovi delle diocesi circostanti la Diocesi di Roma, vale a dire Albano, Sabina-Poggio Mirteto, Porto Santa Ruffina, Velletri-Segni, Frascati, Palestrina e Ostia, la quale non è più una diocesi attiva ed è solitamente retta dal Decano del Collegio dei Cardinali.
A questi vennero aggiunti i più importanti sacerdoti della Diocesi di Roma e i diaconi, che a quel tempo erano relativamente pochi e spesso avevano la responsabilità della sua amministrazione. Questa suddivisione è ancora riflessa nella distribuzione dei cardinali, tra cui ci sono 6 cardinali vescovi, 160 cardinali presbiteri e 39 cardinali diaconi.
Con il passare del tempo, il titolo venne largamente concesso anche ai vescovi di altre diocesi e a coloro che lavoravano all’interno della Curia Romana. Tuttavia, il legame con il clero di Roma veniva sempre mantenuto tramite l’assegnazione a ciascun cardinale di un titolo cardinalizio del quale egli era, per così dire parroco o diacono onorario.
È vero che il titolo veniva occasionalmente conferito anche a coloro che non erano ordinati, ma, strettamente parlando, mai a non clerici. A quel tempo un uomo entrava canonicamente nella condizione clericale (e quindi nell’obbligo di celibato) ricevendo la prima tonsura, e questo era il requisito minimo per essere nominato cardinale. Purtroppo, alcuni di questi si comportavano più da principi che da chierici, e avevano ben poca intenzione di continuare verso l’ordinazione.
Altri, invece, furono degni di nota. Il Segretario di Stato di Pio VII, Cardinal Ercole Consalvi (1757-1824), non andò mai oltre il diaconato, ed era già cardinale da un anno quando il Papa gli conferì l’ordine. Si dice che Napoleone Bonaparte, mentre si avviava all’esilio, aveva osservato come Ercole Consalvi, pur non essendo un sacerdote, fosse molto più “sacerdote” di parecchi altri che lo erano.
Dai tempi di papa san Giovanni XXIII, tutti i cardinali devono essere vescovi, ma il Pontefice può concedere (e spesso lo fa) un’esenzione a questo requisito, se richiesto dalla persona nominata cardinale. In generale questo viene concesso solo a quei sacerdoti nominati cardinali dopo aver superato la soglia degli 80 anni.
Pertanto, dal momento che i cardinali sono stati storicamente associati alla condizione clericale, io direi che questo sia un impedimento alla nomina cardinalizia delle donne.
Questo non significa che le donne non abbiano mai avuto alcun tipo di ruolo. Le donne sono probabilmente state coinvolte, in una certa misura, nell’elezione dei vescovi nei tempi più antichi, quando essa veniva fatta dall’assemblea dei fedeli. In questo modo venne eletto Sant’Ambrogio; ma esso poteva anche provocare gravi divisioni ed era più facilmente soggetto alla manipolazione da parte delle forze politiche. Quindi questo sistema venne abbandonato.
In alcuni periodi, in cui il potere dello Stato aveva una grande influenza nella nomina dei vescovi, alcune regine, come Isabella di Castiglia (1451-1504), avevano non poca parte nell’elezione dell’episcopato, sebbene la scelta finale spettasse al Papa.
L’elezione del Papa da parte del Collegio dei Cardinali non è un diritto divino; esso ha ottenuto la possibilità praticamente esclusiva di eleggere il Pontefice solo dal 1059. Tuttavia è decisamente radicata in tradizioni molto antiche di comunione tra chiese vicine, che sono poi state adattate nel tempo per poter rispecchiare la situazione attuale della Chiesa universale.
Ciononostante, ipoteticamente parlando, con un sistema completamente nuovo di elezione del Papa, sarebbe possibile che anche le donne vengano coinvolte.
Infine, non è pienamente corretto dire che il Papa sia anche il vescovo di Roma. È più corretto dire che il vescovo di Roma è ipso facto il Papa. Non ci potrebbe essere un Papa che non sia vescovo di Roma, nonostante ci siano state situazioni in cui egli non era residente in città. Questa condizione unica della Diocesi di Roma ha fatto sì che essa non sia formalmente un’arcidiocesi.
Senza scendere troppo in dettaglio, direi che un’arcidiocesi è solitamente la più antica e importante diocesi in una provincia ecclesiastica, nella quale le altre diocesi sono state create da territori presi dalla diocesi originaria. L’arcivescovo ha certi doveri, diritti e responsabilità verso le altre diocesi della provincia, nonostante non abbia nessuna effettiva autorità su di esse.
[Traduzione dall’inglese a cura di Paul De Maeyer]
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I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.