Anche la famiglia Segre, composta dall’odontotecnico Vittorio, dalla moglie Eugenia e dal piccolo Giulio (aveva 7 anni), rischiava di essere imprigionata in un campo di concentramento. Già i nonni di Giulio, anziani che dimoravano nella casa di riposo Tapparelli, furono presi durante i rastrellamenti dei nazisti e poi uccisi nei lager.
La famiglia Segre, invece, trovò la salvezza grazie a don Cirillo Pillon, parroco di Courmayer, il quale fece fuggire il papà Vittorio a Milano, convinse la mamma Eugenia a nascondersi, e custodì il piccolo Giulio in canonica inventando che fosse suo nipote.
Giulio Segre, dentista ormai in pensione, alla cerimonia di ieri dove era presente ha raccontato: “Avevo 7 anni quando vennero a prenderci. Grazie all’aiuto di un parroco rimasi nascosto un anno e mezzo in Valle d’Aosta e mi salvai”. Don Pillon fece documenti falsi per il bambino, cambiandogli il nome in Giulio Bigo, figlio di ignoti, affidato al giovane parroco. Il ragazzo venne presentato come nipote del sacerdote, mandato in montagna per ragioni di salute, e come tale potè agire liberamente e frequentare la scuola.
Per due anni don Pillon lo tenne al sicuro. Alla liberazione nel 1945, Giulio potè riabbracciare i suoi genitori. Questa storia di civile eroismo sarebbe rimasta sconosciuta se non fosse stato lo stesso Giulio a rivelarla. Lo ha fatto attraverso un libro, edito nel dicembre 2012 dalla casa editrice Fusta, dal titolo “Don Cirillo ed il nipotino”.
Per onorare la memoria del giovane prete valdostano, il dott. Segre si è rivolto al Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano (Cdec) e da lì è iniziato il processo per il riconoscimento di don Camillo quale “Giusto tra le Nazioni”, la massima onorificenza che Israele conferisce a non ebrei che hanno aiutato i perseguitati durante la Shoah.
E’ notizia di questi giorni che il processo si è concluso e che don Pillon, deceduto nel 1986, è stato riconosciuto “Giusto tra le Nazioni”. Il suo nome verrà inciso quindi sul muro dei Giusti allo Yad Vashem di Gerusalemme.
Nella cerimonia di ieri sono stati ricordati inoltre i 29 ebrei saluzzesi trucidati nei campi di sterminio, grazie alle parole del vescovo Giuseppe Guerrini e di don Alberto Girello dell’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo religioso.
Facendo riferimento a quanto detto da papa Francesco ai giovani nel recente viaggio a Manila, don Alberto ha sottolineato: “Quando il cuore riesce a piangere, riesce a capire. Di fronte ad un tragedia, la nostra risposta sia il silenzio e poi la parola che nasce dalle lacrime. Di fronte ad una atrocità come Auschwitz prendete l’invito del Papa: siate coraggiosi, non abbiate paura di piangere!”.
La cerimonia della memoria si è conclusa con il saluto del sindaco di Saluzzo, che ha sottolineato come l’orrore nazista, ma anche il genocido armeno fino al recente attentato terrorista a Parigi trovino le loro radici in queste pericolose teorie di discriminazione razziale e religiosa tuttora attive.
“La tragedia della Shoah – ha affermato il primo cittadino – non aveva consenso generale, ma è potuta avvenire per l’indifferenza, per la mancata presa di coscienza della gente. Non dobbiamo più solamente celebrare la Giornata della Memoria, ma passare alla pratica nel quotidiano”.
“Non si può più tollerare qualsiasi discriminazione – ha poi soggiunto – anche il minimo segnale, anche una sola battuta nei confronto del compagno di banco, del diverso, del vicino di casa. Dobbiamo intervenire e ognuno di noi ha la responsabilità del rispetto del prossimo”.