È stato un fine settimana lastricato di sangue, quello che ha vissuto la Nigeria. L’ennesima offensiva delle milizie di Boko Haram ha consentito all’organizzazione terrorista di conquistare diversi villaggi nel nordest, al prezzo di violenze inaudite. Le località più colpite sono Maiduguri, capitale dello Stato di Borno, e la vicina città di Monguno.
I terroristi non sono riusciti a impadronirsi di Maiduguri grazie alla resistenza dell’esercito regolare nigeriano, il quale ha dato vita a un’efficace operazione di terra e dall’aria per impedire la capitolazione della città. Qualora Maiduguri finisse nelle mani di Boko Haram, i terroristi si impadronirebbero di un nodo di enorme importanza strategica e commerciale per l’auto-proclamato “Califfato”.
“La situazione non promette bene, perché stiamo ancora parlando di attacchi contro nigeriani innocenti, attacchi che hanno avuto ‘successo’ perché le persone sono state uccise e loro hanno preso possesso della zona”, spiega mons. Ignatius Kaigama, arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza episcopale nigeriana. “Ora – ha proseguito il presule – le notizie dell’ultimo attacco a Maiduguri sono terribili e mi è stato detto che c’è stato un tentativo da parte dei gruppi militanti islamici Boko Haram di penetrare a Maiduguri e prendere il controllo”.
Secondo mons. Kaigama, “il dialogo è impossibile di fronte a gente che uccide, distrugge in nome di Dio”. E aggiunge che “questo non ha niente a che vedere con il dialogo perché si sta trattando con un gruppo irrazionale, che uccide le persone quando vuole: che siano cristiani, musulmani, li uccide indiscriminatamente. Non può, dunque, esserci dialogo in tale situazione. Perciò noi contiamo sull’intelligence, su una rete di contatti e un equipaggiamento adeguato che dia sicurezza, da parte del governo nigeriano e, se possibile, da parte della comunità internazionale”.
Un aiuto, quello della comunità internazionale, a cui mons. Kaigama aspira, “anche se ufficiali nigeriani di spicco hanno detto di non avere bisogno dell’aiuto della comunità internazionale”, aggiunge. “Ma in questo posto ancora muoiono delle persone, quindi se il governo nigeriano non può controllare adeguatamente la situazione di violenza, penso che ci sia bisogno dell’assistenza internazionale”, conclude.