Tutto ebbe inizio da un sogno…

La famiglia salesiana ha presentato, a Torino lo spettacolo “Un amore moderno da 200 anni”, in occasione del bicentenario della nascita di don Bosco

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Don Bosco è ancora vivo. Ieri a Torino si è sentito il suo immenso amore per tutti i giovani del mondo. L’intera città, ha abbracciato questo “piemontese universale”, nella splendida cornice del Teatro Regio, nel giorno dedicato a Francesco di Sales, santo ispiratore dei Salesiani.

Un percorso per scoprire le molteplici dimensioni del carisma di questa congregazione, come il Sogno, il lavoro che crea dignità, la scuola e l’oratorio.

Uno spettacolo con protagonisti giovani accompagnati da artisti professionisti. Un evento per cercare di sconfiggere il pessimismo, che, come una nebbia, circonda i ragazzi in una spirale di paura e di tristezza, impedendo loro di vedere l’essenza della gioventù: il sogno, il sacrificio, un obiettivo finale della vita.

Un  pomeriggio ricco di punti di riflessione, costellato di grandi personalità religiose e civili.  Il rettore dei salesiani don Angel Fernandez Artime e Suor Yvonne Reungoat, superiore generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, hanno invitato simbolicamente nella loro casa come faceva la mamma del santo, Margherita, personalità come monsignor Cesare Nosiglia, Arcivescovo della città, il sindaco Piero Fassino, il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, Mario Calabresi, direttore de La Stampa,  e molti altri, un’occasione ricordata anche dal Presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Rappresentanti del mondo civile e religioso uniti, dunque, sullo stesso palco per riconoscere un impegno comune verso i ragazzi, per la loro educazione, la loro crescita di “buoni cittadini e onesti cristiani”.

“A cosa serve la scuola se non a fare scoprire i doni di un allievo, e a iniziare a costruire i suoi sogni? Comincia a credere!”, ripetono gli studenti  di una classe improvvisata sul palco. Come scriveva Baricco, ricorda il finto professore, negli occhi di un uomo, non si scorge cosa ha visto, ma cosa vedrà, i suoi progetti.

Chi non è stato, poi, almeno una volta negli oratori? Lo ha ricordato, in un monologo, Giacomo Poretti, più conosciuto come  il comico del trio Aldo Giovanni e Giacomo, ad un’assemblea sulla quarantina. Chi non si ricorda un don appassionato di partite, del calciobalilla o delle caramelle gommose nel piccolo bar dell’oratorio di paese?

Perché gli oratori, in fondo, hanno  fatto parte della società italiana degli anni ‘60 e ‘70, come lo spirito di Don Bosco, e dei salesiani.

Infine, come festeggiare nel migliore dei modi Giovanni Bosco, se non prendendosi cura dei “suoi” giovani? Tutti noi siamo stati ragazzi: non dobbiamo  impedire loro di sognare! Come prima  concreta risposta l’iniziativa della famiglia salesiana in cui vengono offerti posti di lavoro a giovani disoccupati e collaborazioni tra  direttivo del Salone internazionale del libro di Torino e oratori.

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Giorgia Innocenti

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