“I vostri figli non sono i vostri figli. Essi non vengono da voi, ma attraverso voi, e non vi appartengono benché viviate insieme. Potete custodire i loro corpi, ma non le loro anime: essi abitano, infatti, in case future che voi neppure in sogno potrete visitare”.
La penna del poeta libanese Kahil Gibran descrive in modo lieve ma vivido alcuni sentimenti basilari. Uno su tutti: nessuno può mai essere un possesso, neppure un figlio. I figli riempiono la vita, sono al centro di tutto: dell’amore, delle emozioni, della dedizione. Quale genitore, soprattutto le madri, non lo sa benissimo? Eppure, proprio le madri sembrano averlo dimenticato, in tutto il mondo.
A Corigliano – e il prosieguo dell’inchiesta ed i processi che verranno diranno se le cose siano andate davvero così – una donna pare aver deliberatamente dato alla luce un bimbo per farlo poi morire, con la complicità dei medici, solo per truffare, assieme ad altri, un’assicurazione. In Thailandia una coppia australiana ha commissionato un bambino ad una giovane thailandese, ma quando s’è accorta che nel grembo della fanciulla di feti ve n’erano due, uno dei quali affetto dalla sindrome di Down, senza esitazioni ha scelto di tenersi quello sano, lasciando alla madre naturale di decidere se sopprimere o far nascere l’altro.
Il terreno di coltura di queste vicende è quello del nichilismo, dell’utilitarismo nel quale l’uomo si trova per caso a vivere e vive seguendo il caso, mettendo la sordina alla propria coscienza. Un deserto in cui non vengono prese in considerazione verità “altre” rispetto alla propria, costruita ad usum delphini. Così vale anche per gli altri innumerevoli egoisti, tutti burocraticamente eguali: ogni gerarchia di valori è azzerata.
Il male è spogliato della sua tragicità, esposto come merce da prendere o lasciare, teoria da accettare o rifiutare, nel silenzio dell’intelletto e dei sentimenti. Si finisce così per colpire a morte finanche il nascituro, trasformando l’amore nel suo contrario, in una condanna a morte. Se l’uomo pensa ormai di essere padrone di sé e di altre creature fino al punto di sopprimere i figli, la vita non diviene altro che un’estensione del diritto di proprietà.
È il trionfo del relativismo, che già Giovanni Paolo II denunciò nel silenzio indifferente o stizzito dei più. Ai giorni nostri papa Francesco non si stanca di richiamare la necessità di tornare alla Legge che Dio ha deposto nel cuore degli uomini e che essi nascondono come fosse una semplice opinione. Intanto, ogni giorno i giornali raccontano nuovi episodi, sempre più raccapriccianti. E viene spontaneo chiedersi quante ancora ce ne vorranno di storie simili per far capire che una madre non è una macchina, e che un figlio non può avere un prezzo, come non lo ha mai l’uomo?
È la barbarie dei tempi moderni. Forse è il caso che anche tra chi non crede in Dio si riscopra la cultura dell’amore e della pace per arginare le nuove invasioni barbariche che s’avanzano tra le ombre del crepuscolo disumano.
Il testo è stato pubblicato anche sulla “Gazzetta del Sud” di oggi, domenica 25 gennaio 2015.