Lo sposalizio della Vergine Maria

23 gennaio: una festa da non dimenticare

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Sembra che le origini liturgiche di questa festa siano riferibili agli inizi del ‘400. Nel secolo successivo fu accolta tra le celebrazioni di diversi Ordini religiosi, quali i Francescani, i Servi di Maria e i Domenicani. Promossa anche da diversi Pontefici, ebbe in San Gaspare Bertoni (1777-1853) fondatore della Congregazione delle Sacre Stimmate di Nostro Signore Gesù Cristo (gli “Stimmatini”) un fervido e convinto apostolo. La Congregazione dei Riti, nel 1961, ponendola tra le feste di “devozione”, ne permetteva la sussistenza -per motivi “veramente speciali” o in riferimento a luoghi determinati- nei calendari particolari.

Le apparenti scarne “note”, fornite dai Vangeli, sullo sposo di Maria, San Giuseppe, ci forniscono in realtà il quadro di “un uomo giusto” –dunque pio osservante della Legge, gradito a Dio e amabile agli occhi degli uomini- appartenente alla Casa di Davide. Gli apocrifi avrebbero poi colorito di una vasta gamma di episodi e di aneddoti –verosimili o puramente leggendari- la vicenda della Sacra Famiglia. Attenendoci alla Rivelazione, possiamo immaginare il cammino di due giovani cuori fermamente orientati a cercare e a incarnare in tutto la Volontà di Jahvé e gioiosamente obbedienti alle indicazioni ricevute dall’Altissimo. «Maria aveva il fermo proposito di rimanere vergine. Non vi sono motivi umani che giustifichino questa decisione, piuttosto rara a quei tempi. Ogni ragazza israelita, e ancor più se faceva parte della discendenza di Davide, coltivava nel suo cuore la gioia di essere annoverata fra gli antenati del Messia. Il Magistero della Chiesa e i teologi spiegano questo fermo proposito come frutto di una specialissima ispirazione dello Spirito Santo, che stava preparando Colei che sarebbe stata la Madre di Dio. Il medesimo Spirito le fece incontrare l’uomo che sarebbe stato il suo sposo verginale»(Loarte). Il legittimo desiderio di rileggere, senza inutili forzature, il percorso di Maria Santissima e di Giuseppe, ci conduce a concludere comunque che «deve essere stata straordinaria l’armonia che si stabilì immediatamente tra questi due cuori, così come la pace interiore che traboccava dalle loro anime…  tutto è molto soprannaturale in questo episodio della vita di Maria e, nello stesso tempo, tutto è molto umano» (Loarte).

Disabituati, forse, a considerare la potenza della Grazia, che forma lo spirito dei Santi e lo conforma alle attese di Dio, fatichiamo a comprendere la bellezza e la profondità del rapporto –del tutto unico e irripetibile- che si instaurò tra i due Sposi.

La via, su cui la Provvidenza li pose, non li rese certamente freddi e asettici interpreti di un matrimonio vissuto “a metà”: al contrario, mai due cuori si sarebbero capiti, amati, serviti reciprocamente come i loro. Trattandosi di un vero patto nuziale, esso implicò la loro piena libertà e responsabilità, nella consapevolezza di dover vivere totalmente l’uno per la felicità dell’altro, custodendo entrambi la gelosa attenzione di non sciupare -neppure minimamente- il dono ricevuto dal Cielo e la coscienza di partecipare -da protagonisti, addirittura da “educatori”- all’ingresso del Verbo di Dio nella storia . Come nessun altro al mondo, colsero la radice e l’origine del loro amore, scaturito dagli imperscrutabili progetti di Dio, dal suo universale piano di salvezza.

La perpetua verginità di Maria non contraddice la legge dell’amore, ma la esprime in una modalità diversa da quella abituale, divenendo addirittura significativa –proprio a causa della sua inimitabile originalità- per tutte le generazioni e per ogni vocazione.

La “corredenzione” di Maria, che va indubbiamente intesa nel suo autentico significato (nulla togliendo, quindi, alla natura di “unico Mediatore” di Gesù stesso, ma riconoscendo la volontà del Cristo di associarci –e in primis la Madre stessa- alla sua Missione redentrice), non si realizzò solo ai piedi della Croce, ma accompagnò la sua offerta quotidiana, riparando il peccato con la gioiosa donazione di se stessa, con il suo Sposo, nella modalità tipica della vita famigliare.

Il quadro di Nazareth ha probabilmente da dirci ancora molto, anzi tutto -specialmente nell’aspro attuale dibattito in corso sul “Gender” e sulla reale fisionomia della “famiglia” – circa la bellezza della coniugalità e la fecondità del rapporto tra un uomo e una donna. Al di là delle oleografiche e disincarnate immagini della Sacra Famiglia, possiamo da essa attingere tutta la ricchezza del vero significato dell’Amore: che è dono; che è capacità di sacrificarsi per l’altro; che è pienezza di comprensione e di “passione” per il destino di chi condivide la nostra stessa strada.

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Mario Piatti

Padre Mario Piatti, I.C.M.S., è direttore del mensile Maria di Fatima

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