Un appello alla fine dei conflitti nel Sud Sudan è arrivato dall’Associazione dei Superiori religiosi (RSASS) del paese africano. In una lettera diffusa in occasione dell’Anno della Vita Consacrata, i superiori hanno denunciato le “atroci violenze che hanno portato via le vite di migliaia di fratelli e sorelle”, perpetrate “nonostante i continui e disperati dei cittadini, della Chiesa e della comunità internazionale”.
I religiosi del Sud Sudan continuano dunque a “pregare” e a impegnarsi “per la pace e la riconciliazione, invitando i leader militari e politici a porre il bene della nazione e della popolazione al di sopra degli interessi personali di potere”.
La strada per diventare “un’unica nazione e un unico popolo”, sottolinea il messaggio della RSASS, è quella “dell’evangelizzazione e dello sviluppo del Paese”, attraverso una “battaglia non violenta, da portare avanti insieme, come popolo di Dio in Sud Sudan”.
La RSASS esorta inoltre i suoi membri a coltivare la propria testimonianza ai giovani sud-sudanesi e a partecipare al triduo di preghiera per la vita consacrata, previsto dal 31 gennaio al 2 febbraio.
In conclusione il messaggio ricorda “il grande bisogno di spiritualità, formazione umana, risanamento dai traumi passati e presenti” dell’intera comunità cattolica del paese ed “il sogno comune di una pace duratura che deriva da Dio, ma che necessita di laici, giovani ed agenti pastorali, che ne siano strumento”.