«Umano, troppo umano. Questo titolo celebre di Nietzsche può benissimo definire l’evento Gesù Cristo… Gesù ci scandalizza ancora oggi. La sua kenosi – il suo abbassamento – sfida perennemente le nostre idee sull’Altissimo. È scandaloso l’Eterno che abbraccia il limite, la Parola che riveste il silenzio, lo Spirito che diventa carne. È umano, troppo umano!». Con queste parole il giovane teologo Robert Cheaib apre provocatoriamente la sua opera Un Dio umano. Primi passi nella fede cristiana per i tipi della San Paolo.
L’opera è un inno appassionato all’umanità di Dio che ci provoca ad essere a nostra volta realmente umani: «L’umanità di Dio – scrive cheaib – ci invita a essere autenticamente umani. Non si può essere discepoli di un Dio incarnato disprezzando il tempo, la materia, la carne, i legami, la storia…»
Si possono vedere nell’opera due dimensione costitutive e coincidenti nel modus vivendi e il modus operandi del nostro autore, che si rispecchiano nel contenuto del testo proposto, come sottolineato dal vescovo Romano Rossi nella prefazione: “Non avete fra le mani un manualetto riassuntivo, ma piuttosto un antipasto stimolante che suscita e alimenta la gioia di progredire e di inoltrarsi. Le varie pagine sono pervase da un afflato spirituale costante”.
Esperienza e formazione continuamente si richiamano in un abbraccio permanente di crescita, in quell’abbraccio divino-umano in cui il Dio umano manifesta il suo senso primo e ultimo, quella differenza fra conoscenza ed esperienza, quel desiderio profondo di incontro capace di svelare il mistero che il nostro essere è per noi stessi.
Il Dio umano non è totalmente altro, inarrivabile, irraggiungibile. È il Dio compagno, che si lascia conoscere nel volto di Cristo, uomo vicino, capace di condividere tutto ciò che è realmente umano, manifestando la piena umanità, la vera e autentica realizzazione del proprio essere uomo.
La finezza stilistica del nostro Autore propone due parti: la prima vede la tensione dell’uomo verso Dio; la seconda invece descrive il volgersi di Dio verso l’uomo.
In questa prima parte l’uomo con il suo anelito all’assoluto, alla risposta definitiva, che non può da solo darsi. Nel profondo di sé, nel suo cuore, nella sua coscienza, in quel Santuario in cui la voce di Dio tuona, come apertura, presenza continua, in una dolce quanto marmorea fedeltà, l’uomo è chiamato e richiamato al suo essere. Come la goccia nel suo continuo fende le montagne, così Dio è presenza all’uomo, anzi pro-esistenza come la definisce Cheaib.
L’uomo si sa è per sua natura impaziente, continuamente si tende, divincolandosi nel limite della sua condizione per raggiungere l’oltre, in tentativi fallimentari. L’umano non crea il divino, ma è necessario incontrare qualcosa o qualcuno in cui sentirsi compiuto. L’autore delicatamente richiama ciascuno ad interrogarsi sulla propria idea, immagine di Dio, sul proprio volersi e sentirsi compiuti. L’esperienza va educata, formata, per un desiderio consapevole.
Dalla fabbricazione alla ricerca di Dio sottende propriamente la dichiarazione di una Rivelazione da conoscere, incontrare, accogliere e amare. Che non si produce, né costruisce, bensì si accoglie nel suo avvento, in quella storia che dispiega la presenza di Dio come presenza di Salvezza vissuta, riflessa e narrata.
Ecco allora la seconda parte, Dio sulle orme dell’uomo, ed è bella, quanto coinvolgente la storia d’amore che viene narrata e al contempo condivisa. L’autore infatti esprime nel pathos che traspira da ogni parola, il suo sentirsi com-preso in questa storia, ponendo nelle parole la forza ulteriore del vissuto, chiamando il lettore al cammino, preparando ciascuno a riconoscere la presenza di Dio che chiama, cerca, vuole, desidera ogni suo figlio nel Figlio.
La storia della Salvezza viene posta nell’oggi come paradigma per l’esistenza di ogni uomo compiuta nel Cristo, nella sua umanità capace di visitare, di guardare con gli occhi di Dio, con gli occhi di chi ama gratuitamente il proprio vicino.
Il Dio umano, il Dio fattosi uomo, è quell’uomo che ci permette di capire come divenire uomo divino. “Nessuno ha potuto strappare la vita di Gesù, perché egli l’aveva già deposta”. Gesù ha saputo vivere l’umanità in quella pienezza che lo ha unito a Dio nel raggiungimento di quell’oltre, quella trascendenza che solo nell’abbandono si percepisce, sfiora, si può far propria non in modo egoistico, ma propriamente come dono totale alla volontà di Dio, infinito amore, sperimentato, conosciuto, visto con gli occhi di Cristo come Padre buono e misericordioso.
L’amore è la dinamica di unità fra cielo e terra, forza che si sprigiona con forza divina dalla Trinità. La storia di Salvezza non si conclude con una tomba vuota, ma vive nello Spirito che si fa eco silenzioso nel cuore umano della presenza di quel Dio umano, Padre, Figlio e Spirito.
Ed ecco la Chiesa: l’umano, anche se visitato, anche se consapevole del suo essere immagine e somiglianza di Dio, necessità dell’umano per il suo vivere del mondo degli uomini, necessità della Chiesa in cui Dio presente si fa amore per tutti, affinché tutti si amino. Il nostro autore propone un viaggio con i padri della Chiesa avendo la capacità rara di rendere attuale e pungente un linguaggio lontano e a volte complesso.
L’excursus proposto vuole essere solo un volo dall’alto per scorgere alcuni punti di riferimento dell’intenso viaggio che Robert Cheaib percorre senza mai essere noioso o ripetitivo, con ricchezza di citazioni autorevoli, dimostrando conoscenza e umiltà, senza rinunciare alla sua propria originalità e soprattutto coraggio non solo nel donare parole, bensì nel lasciare che in ciascuna di esse traspaia la sua passione e attenzione per quel Dio umano, da condividere e donare a chiunque voglia partire per questo viaggio.
Laura Dalfollo è docente di teologia presso la Facoltà Teologica del Teresianum. Questa recensione è parsa originariamente sul numero di venerdì 16 gennaio 2015 di La Croce Quotidiano.
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