Ci sono anche molti israeliani tra coloro che, attraverso Caritas Jerusalem, inviano aiuti alla popolazione di Gaza dopo il conflitto del 2014. Lo rivela all’agenzia Sir il responsabile del fundraising dell’organismo, Harout Bedrossian, parlando di un “fenomeno che non ha riscontro nelle passate guerre, 2008/2009 e 2012.
“Una corsa a portare aiuto che rappresenta una novità per la società israeliana – dice Bedrossian – e anche se non coinvolge la maggioranza della popolazione israeliana è da considerarsi come un segno di speranza, piccolo ma di grande significato che ci fa credere che un futuro migliore è possibile”.
Tra i donatori israeliani si annoverano associazioni, scuole e singole persone. Tra i più attivi si segnala il gruppo “Hand in Hand”, studenti palestinesi e israeliani di istituti di Gerusalemme, Haifa e Tel Aviv, “che credono nella convivenza e nella tolleranza e che si stanno adoperando, con i loro insegnanti, per raccogliere aiuti da inviare a Gaza, soprattutto e acqua e latte per i bambini”.
Particolarmente significativa è l’opera di un altro gruppo, “Mother to Mother”, composto da madri israeliane e palestinesi che hanno perso i loro figli nel conflitto”. L’impegno di questi gruppi, unito a quello di “molti studenti universitari e di singole persone – spiega l’operatore – ha fruttato, fino ad oggi, ben 8 tir carichi di aiuti entrati a Gaza attraverso la Caritas Jerusalem”.
Stime fornite dal CNEWA (Catholic Near East Welfare Association), organismo papale per il sostegno umano e pastorale, affermano che l’ultimo conflitto a Gaza ha provocato la morte di 2.131 palestinesi, di cui 1.473 civili, inclusi 501 bambini e 257 donne. I feriti ammontano a 11.231, di cui 3.436 bambini, 3.540 donne e 418 anziani. 18mila sono invece le case distrutte e 37.650 quelle inagibili.