Come possiamo sorridere, se qualcuno piange vicino a noi?

La curiosità morbosa spinge a cercare sul web i video delle tragedie umane. Ma chi si interessa davvero dei problemi della vita reale?

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È giusto diffondere sul web filmati con immagini di morte e di violenza riprese dalla realtà? Perché tante persone cliccano su questo tipo di video? Ultimamente si sta ripetendo, in qualche modo, quello che era già accaduto con la terribile sequenza dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.

Pensiamo a quante volte le televisioni hanno trasmesso e ritrasmesso le immagini di quegli aerei che si schiantano sulle Torri. Le avremmo viste centinaia di volte. Sono state ripetute, ossessivamente, in tutti i telegiornali.

L’impressione è che, a volte, di fronte a certe tragedie umane, si venga risucchiati da un approccio superficiale, che ha il solo scopo di soddisfare una curiosità morbosa.

Ci si comporta come se si stesse vedendo un telefilm poliziesco, dimenticando che il crollo delle Torri Gemelle è storia vera. Riguarda il nostro sangue, la nostra anima.

Lo stesso fenomeno si era verificato ai tempi della guerra del Golfo. La morte, il sangue e la distruzione si erano trasformati in un grande evento mediatico, seguito da tutte le televisioni del mondo.

La gente, la sera, tornava a casa e accendeva la televisione, pensando: “Vediamo un po’ che cosa è successo oggi”. Si comportava come chi segue la propria telenovela preferita e voleva sapere come continuava la storia.

Ma la guerra non è una telenovela. È un dramma umano in cui il sangue viene versato sul serio. Non come in certi videogiochi o telefilm dell’orrore.

Oggi, attraverso il web, si sta ripetendo la stessa cosa. I video con scene di violenza e di morte sono molto diffusi e cliccati. Perché questo interesse malato nei confronti dei drammi reali in forma virtuale? Perché le brutte notizie si trasformano in spettacoli macabri da ricercare ad ogni costo?

A questa attrazione morbosa per le tragedie mostrate attraverso lo schermo si contrappone spesso un disinteresse nei confronti delle tragedie della vita intorno a noi: l’incomunicabilità in famiglia, la sofferenza di un anziano abbandonato al suo destino, la povertà di chi non ha un lavoro o una casa, la solitudine di una donna incinta che ha bisogno d’aiuto per evitare l’aborto, l’emarginazione di chi si sente diverso e viene discriminato per le sue idee o per il colore della pelle…

Le tragedie sbattute sul web sembrano interessarci molto. Quelle reali un po’ di meno. Non abbiamo tempo per occuparcene. A volte siamo troppo impegnati ad inseguire la nostra illusoria felicità, frutto di valori falsi ed ingannevoli.

I traguardi che contano sono la ricchezza, l’apparenza, la vacanza esotica, il possesso della bella automobile, della barca o della villa lussuosa.

Troppe persone sono convinte che, per essere veramente felici, sia necessario avere in tasca l’ultimo modello di telefono cellulare. E quindi, con un terreno culturale come questo, diventa difficile convivere con i momenti di sofferenza degli altri.

Come possiamo sorridere, se qualcuno piange vicino a noi? Abbiamo mai provato a guardare il mondo con uno sguardo più ampio, che sappia andare oltre il nostro piccolo guscio? Se lo faremo, scopriremo che intorno a noi ci sono tante persone che convivono con fame, povertà, violenze e persecuzioni.

Forse dovremmo imparare ad essere un po’ meno egoisti e renderci conto di che cosa siano realmente il dolore, la sofferenza, la mancanza di ciò che è necessario per sopravvivere. Un dolore vero, che possiamo toccare con mano. Un dolore diverso da quello di certi video sanguinari, che attraggono la nostra morbosa curiosità.

Oltre il web, oltre la televisione, oltre lo schermo del computer c’è tanta vita da scoprire ed amare. È da qui che bisogna partire per cambiare il mondo: cambiando noi stessi e facendo uno sforzo in più per accogliere ed abbracciare gli altri.

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Carlo Climati

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