Il vento soffia dove vuole

Il monaco Alessandro Barban si confida con il giornalista Gianni Di Santo nel nuovo libro di Rubbettino editore

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«Le dimissioni di Ratzinger hanno di colpo azzerato tutto. C’è stato un evidente sconcerto perché nessuno fino a quel momento poteva realisticamente pensare che Ratzinger – a riguardo di possibili dimissioni – avrebbe fatto sul serio e sarebbe andato fino in fondo. E guardando i segnali non del tutto promettenti che accompagnavano i giorni del conclave (il dossier su vatileaks, le polemiche attorno al card. M. Mahony se doveva o meno partecipare al conclave, la rinuncia di parteciparvi da parte del card. K. O’Brien, che si scusava pubblicamente per la sua condotta sessuale ecc.), si temeva che i cardinali avrebbero cercato tra loro un uomo conservatore, forte e deciso, per tirare fuori la Chiesa dalla situazione di depressione e di immobilismo in cui era finita. Invece cominciava a tirare un vento nuovo dentro le congregazioni cardinalizie, e la scelta operata dentro al conclave avrebbe segnato decisamente una svolta: nuovo il nome (Francesco), nuovo lo stile nel chiedere attraverso il silenzio la preghiera della gente stessa, nuovo il sorriso che invitava a sorridere e a ritrovare la gioia, nuovo il modo di porsi come vescovo di Roma, nuovo il coraggio di rivolgersi al popolo di Dio, nuovo il richiamo forte ai poveri e a una Chiesa povera.

Le conoscevamo già le parole come misericordia, bontà e tenerezza, ma era da tanto tempo che non venivano più dette da quella piazza di San Pietro con la semplicità, lo spessore e la sfida del vangelo stesso. Le abbiamo sentite nei nostri orecchi, accolte nei nostri cuori, riflettute nei nostri occhi, come una forza vitale che diradava di colpo le nebbie del pessimismo e dell’accidia, aprendoci alla fiducia della speranza».

Papa Francesco, la Chiesa, i valori non negoziabili, il dialogo con i non credenti, il fascino della preghiera e del silenzio. Il nuovo pontificato di papa Francesco ha riacceso nell’animo dei fedeli la passione per una Chiesa profetica e povera, ma ha anche restituito al mondo agnostico e non credente le ragioni per un dialogo sulle ragioni di una spiritualità e una fede non aliene dai problemi del governo delle società. Ripartire dall’uomo per conoscere Dio: sembra questo il viaggio che consiglia di fare ne Il vento soffia dove vuole. Confessioni di un monaco (Rubbettino) il giovane priore di Camaldoli, Alessandro Barban, sulla base degli stimoli e delle domande del giornalista Gianni Di Santo.

Dal riparo di una cella di un eremo appoggiato sul versante orientale dell’Appennino tosco-emiliano e ai confini di un tempo “ostinato e contrario”, Barban ritrova in questo “a tu per tu” con l’uomo moderno le radici dell’evangelio della buona notizia. Che affascina e incuriosisce. Che appassiona e rende aperti a nuove scommesse sul tempo “nuovo” che stiamo vivendo. Che spinge a lasciare l’inverno della fede per ritrovare la primavera dello Spirito.

Piccoli passi verso una felicità dell’anima da molti invocata e da pochi conquistata.

Una guida fondamentale sulle rotte del silenzio, della preghiera e della passione per il bene comune. Senza tralasciare le domande primordiali sulla vita, la morte e l’Altrove.

Insomma, il vento soffia dove vuole.

«Dopo cinquant’anni – continua Barban – finisce la prima fase del post-concilio, ne comincia una seconda, imprevista e sorprendente. Come è successo altre volte nel corso della storia, la scelta di un papa che considera la povertà come un valore-guida, e mette al primo posto – come ha fatto Gesù stesso – la misericordia, la bontà e la tenerezza del Regno, può segnare non solo per la Chiesa, ma anche per la società, la politica, l’economia e la cultura l’inizio della promessa di Dio, che si attiva nuovamente con creatività e slancio nella storia umana.

Non vanifichiamo questo kairos. Questi anni post-conciliari sono stati per tutti un lungo esodo, molti hanno vissuto un esilio sofferto, per altri c’era solo delusione e sconforto rispetto alle speranze del Concilio. Tanti, tantissimi hanno conservato l’olio nelle lampade: si è sperato in una grazia più grande. Dobbiamo avere il coraggio di dire che l’inverno è finito, e la nuova stagione comincia».

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ZENIT Staff

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