Secondo Jorge Bergoglio, “Bisogna curare il malato – anche quando suscita repulsione”. “Mi fa orrore andare in carcere – ha raccontato – perché quello che si vede è molto duro, ma vado comunque, perché il Signore desidera che mi trovi a contatto con il bisognoso, il povero, il sofferente”.
E’ noto che Bergoglio usava andare nei quartieri più malfamati di Buenos Aires e che da lì sia riuscito a far emergere diverse vocazioni.
Ai giovani detenuti che ha visitato il giovedì santo (28 marzo), ha sottolineato che con il gesto di lavare i piedi il Signore che è il più importante, quello più in alto, ci mostra che il compito dei più grandi è quello di servire i più piccoli.
“Aiutarsi l’uno con l’altro, – ha continuato Papa Francesco – questo è quello che Gesù ci insegna e questo quello che io faccio. Lo faccio con il cuore perché è mio dovere. Come prete e come vescovo, devo essere al vostro servizio. lo vi amo e amo farlo perché il Signore così me lo ha insegnato, ma anche voi aiutatevi sempre l’uno con l’altro e così aiutandoci ci faremo del bene”.
Il pontefice ha un’idea molto chiara di cosa significa servire. Ai 132 tra capi di stato e principi regnanti che sono venuti a Roma per la sua elezione a Pontefice, ha detto che “il vero potere è il servizio”. “Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio – ha sottolineato – e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce.”
Prima di ricevere i rappresentanti di trenta chiese cristiane ha fatto togliere il trono papale e lo ha sostituito con un semplice seggio. Li ha ricevuti come Vescovo di Roma e si è presentato come “servo dei servi”.
In tutta la sua vita Jorge Bergoglio ha combattuto con sé stesso per essere vicino a Gesù. Lo ha cercato nel volto dei poveri, dei malati, dei peccatori, dei carcerati, dei lontani, dei disperati. Nell’incontro con la sofferenza, con il dolore, con la disperazione, con la Croce, padre Bergoglio rivive la passione di Gesù e contemplando e curando le ferite, spera e crede che il sangue di Cristo continui a lavare i peccati di tutti. Una sorta di Eucaristia vissuta quotidianamente nella compassionevole cura dei corpi e delle anime.
A questo proposito domenica 7 aprile, giornata della Misericordia, ha spiegato: “Nella mia vita personale ho visto tante volte il volto misericordioso di Dio, la sua pazienza; ho visto anche in tante persone il coraggio di entrare nelle piaghe di Gesù dicendogli: Signore sono qui, accetta la mia povertà, nascondi nelle tue piaghe il mio peccato, lavalo col tuo sangue. E ho sempre visto che Dio l’ha fatto, ha accolto, consolato, lavato, amato”.
Al collegio cardinalizio che ha incontrato il15 di marzo, papa Francesco ha rivolto un invito a non “cedere mai al pessimismo”. “Non cediamo mai al pessimismo e allo scoraggiamento a quell’amarezza che il Diavolo ci offre ogni giorno” ha sottolineato il Pontefice, perché “Abbiamo la ferma certezza che lo Spirito Santo continua a operare e cerchiamo nuovi metodi per annunciare il Vangelo.
L’umiltà e la misericordia
Un’altra parola utilizzata e testimoniata da papa Francesco è l’umiltà. Nel saggio, edito dalla EMI e intitolato “Umiltà la strada verso Dio”, Jorge Mario Bergoglio ha scritto “è Cristo che ci permette di accedere al fratello a partire dal nostro abbassarci”. Secondo Papa Francesco “il nostro camminare sulla via del Signore comporta di assumere l’abbassamento della Croce. Accusarsi è assumere il ruolo del reo, come lo assunse il Signore caricandosi delle nostre colpe”, pertanto “l’accesso al fratello lo realizza lo stesso Cristo a partire dal nostro abbassamento”.
Il commento dell’Arcivescovo di Buenos Aires, si ispira ad alcuni scritti di Doroteo di Gaza, un abate monaco e eremita del VI secolo. Ha scritto Doroteo di Gaza “Credi in tutto quello che ci accade, anche i minimi dettagli, viene dalla Provvidenza di Dio e sopporterai senza impazienza tutto ciò che verrà. (…) Credi che il disprezzo e le offese sono rimedi contro l’orgoglio della tua anima e prega per quelli che ti trattano male, considerandoli vedi medici”.
Ed ancora “non cercare di conoscere il male del tuo prossimo, e non alimentare sospetti contro di lui. E se la nostra malizia li fa nascere, cerca di trasformarli in pensieri buoni”.
Si racconta che Abba Zosima, uno dei maestri di Doroteo di Gaza, diceva che occorre pensare a chi fa del male “come a un medico inviato da Cristo” come a “un benefattore”, perché “tutto è un appello alla conversione, a rientrare in se stesso e a scoprire solidarietà con i peccatori”.
La questione della morale
Come hanno notato in molti, la vera novità di papa Francesco, più che a livello dottrinale, è a livello di atteggiamento: “La prima riforma – egli dice – deve essere quella dell’atteggiamento. I ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi. Il popolo di Dio vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato”.
“Sogno – aggiunge – una Chiesa Madre e Pastora. I ministri della Chiesa devono essere misericordiosi, farsi carico delle persone, accompagnandole come il buon samaritano che lava, pulisce, solleva il suo prossimo. Questo è Vangelo puro. Dio è più grande del peccato. Le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo”.
E’ vero che alcuni si sentono orfani di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II dicendo che non si ritrovano nelle parole di papa Francesco, soprattutto sui temi della morale.
Eppure padre Bergoglio nella sua pratica di Arcivescovo è sempre stato ligio e fedele alla dottrina.
Sull’accoglienza ai divorziati, sulla pratica della omosessualità, sulle persone che hanno scelto l’interruzione volontaria di gravidanza, sul celibato, ecc. papa Francesco non presenta nessuna novità dottrinale, è fedelissimo a quanto scritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica.
Nell’ìntervista a Civiltà Cattolica ha spiegato: “Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione”.
“Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite… E bisogna cominciare dal basso”.
Nell’Angelus del 7 aprile, il Papa ha ricordato la parole di Gesù “Pietro, non avere paura della tua debolezza, confida in me”; e Pietro comprende, sente lo sguardo d’amore di Gesù e piange. Che bello è questo sguardo di Gesù – quanta tenerezza! Fratelli e sorelle, non perdiamo mai la fiducia nella misericordia paziente di Dio!”.
* Per ogni approfondimento vedi: “Un ciclone di nome Francesco”
(La prima parte è stata pubblicata ieri, sabato 12 ottobre)