La concezione francescana della pace

Il Papa ammonisce che la pace è inseparabile dall’armonia, e quindi dalla giustizia

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La visita del Papa ad Assisi poteva dare luogo a molte riflessioni, ma la Città del Poverello è associata soprattutto con l’azione volta a difendere, a promuovere e a consolidare la pace.

E’ interessante notare come la più antica delle iniziative dedicate a questo tema che hanno Assisi come scenario è la marcia che si svolge ogni anno da Perugia fino alla Basilica di San Francesco.

Questa manifestazione fu promossa per la prima volta negli anni più difficili della guerra fredda da un grande laico, Aldo Capitini, e poi proseguita dal suo più fedele discepolo, Walter Binni, che del Mestro condivideva l’ispirazione.

Come avviene per ogni progredire umano verso una meta giusta, si può dire che la Marcia per la pace, concepita all’inizio nella diffidenza di entrambi i fronti che si contrapponevano in quel tempo in Italia e nel mondo, si ingrossò lungo il cammino, fino a divenire col tempo un momento di incontro tra persone e movimenti di diversa ispirazione.

Essa venne così prefugurando quell’unità spirituale che in Italia come nel mondo avrebbe unito tutti gli uomini di buona volontà.

Quando Giovanni XXIII giunse la vigilia del Concilio, da lui voluto, volle recarsi proprio ad Assisi: l’imminente riunione di tutti i Vescovi costituiva di per sè un primo frutto della distensione, che rese possibile il suo stesso carattere ecumenico cioè universale; le frontiere – per la prima volta – si aprirono, permettendo la presenza a Roma di tanti presuli prima di allora impediti nello svolgimento del loro Ministero.

Quell’evento avrebbe però dato esso stesso un nuovo e decisivo slancio alla distensione, perchè il dibattito che vi si svolse contribuì a superare le antiche contrapposizioni, le antiche diffidenze, le antiche dicotomie ideologiche.

L’altro grande momento che ebbe come scenario Assisi fu la giornata di preghiera delle religioni del mondo indetta da Giovanni Paolo II quando, avvicinandosi il decennale del suo pontificato – correva l’anno 1986 – il Papa sentiva imminente la realizzazione del risultato di tanti sforzi compiuti da lui e dai suoi predecessori: la fine della divisione dell’Europa, la liberazione di tanti popoli dall’opressione ideologica e dal dominio straniero.

Quell’evento, però, poteva prodursi nella forma di una nuova guerra, di un’altra tragedia per l’umanità: bisognava dunque impetrare l’aiuto di Dio perchè avvenisse nella pace.

Le preghiere di quel giorno furono esaudite.

L’iniziativa di Benedetto XVI, nel ventennale dell’anteriore, fu diretta a chiedere di nuovo l’aiuto di Dio, ma questa volta contro l’egoismo sociale, contro l’indifferentismo morale, contro la tentazione di prescindere dalla fede propri di un momento di rilassamento come quello che stava vivendo l’umanità dopo avere convissuto così a lungo con un pericolo di guerra.

Oggo il nuovo Papa, con la stessa scelta del suo nome, ha portato a Roma lo spirito di Assisi, in tutti i significati che l’azione dei suoi predecessori, e l’azione di tanti uomini di buona volontà, ha stratificato  in tanti anni di impegno e di preghiera.

Ritornando però anche egli ad Assisi, ha voluto collocare il concetto della pace nel contesto attuale.

Il giorno prima del suo viaggio, l’umanità, ed in particolare l’Italia, ha vissuto un evento di guerra, con la strage di innocenti nel Mediterraneo che ha suscitato nel Vescovo di Roma il suo grido più indignato: “Vergogna!”

Già c’era stato, da parte di Francesco, l’impegno concreto per la pace, espresso nel momento in cui la crisi della Siria la metteva di nuovo in pericolo: in quella occasione, il concetto centrale del suo discorso era consistito nell’ammonire che lo squilibrio economico, l’ingiustizia sociale propria del mondo attuale, quand’anche una guerra fosse stata fermata ed altre impedite, ne avrebbe generato inevitabilmente delle altre.

Per salvare la pace, occorreva restaurare dunque la giustizia tra gli uomini.

Nella giornata di oggi ad Assisi, presenti anche i rappresentanti delle altre Chiese e religioni, il Papa ha ridefinito il fondamento dottrinale di questa causa.

San Francesco concepì e modellò la propria esistenza quale imitazione di Cristo.

Certamente, imitare Cristo significa farsi piccoli e poveri: “Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”, dice il Vangelo di oggi: occorre dunque sposare “Madonna Povertà”, come fece San Francesco, per acquisire la vera sapienza, la “sapientia cordis”.

Imitare Cristo significa però anche condividere la sofferenza della Croce.

Il Cristo Crocifisso che ispirò il Poverello, quello di San Damiano, che oggi il Papa ha venerato, tiene gli occhi aperti, è un Cristo vivente.

 Egli esorta dunque San Francesco ad una vita attiva, a riparare la sua Chiesa, cioè a farla rinascere, a riformarla: ed è questa Chiesa riparata, rinata, riformata, che oggi si impegna per la pace.

Il Papa dice che la pace, quale la concepisce San Francesco,  non è – in primo luogo – un sentimento sdolcinato: quel sentimento, cioè che conduce ad un narcisismo ipocrita, ad un atteggiamento disimpegnato.

La pace esige invece l’impegno a promuoverla, a custodirla, a consolidarla.

La pace non è nemmeno – dice il Papa – “una armonia panteistica con le energie del cosmo”.

Il panteismo esclude l’idea di un Dio trascendente, ed esclude dunque il concetto stesso della giustizia di Dio.

Se ci si abbandona all’identificazione con un tutto, si smarrisce il dovere dell’impegno attivo, delle opere su cui saremo giudicati.

Qui l’insegnamento del Papa trova una importante coincidenza con le altre religioni monoteistiche, che condividono sia la nostra idea delle trascendenza, sia quella della giustizia di Dio.

C’è però un altro tema che il Papa ha voluto sviluppore nella sua omelia.

Si ama la pace – dice Francesco  – se si ama il Creato: la guerra, la violenza, perturba ed offende un ordine cosmico voluto da Dio creatore.

Non ci si può tuttavia limitare a questa contemplazione, perchè l’uomo ha ricevuto da Dio il comandamento di continuare, di perfezionare la sua opera creatrice.

Anche quest’opera esige la pace e la concordia tra gli uomini.

Ed infine – qui il discorso del Vescovo di Roma tocca il suo punto più alto – la pace non significa soltanto rispetto verso un ordine cosmico, verso un’armonia naturale.

L’armonia insita nel creato deve riflettersi in una armonia nella convivenza umana, e dunque in un ordine conforme con la giustizia.

Se questa armonia tra gli uomini, questo ordine giusto viene infranto, ci si trova per ciò stesso in guerra.

E comunque si è determinata una situazione che genera inevitabilmente dei conflitti.

Dopo avere indicato il fondamento teologico della pace, il Papa esorta la Chiesa, come società dei credenti, ad impegnarsi per darle un fondamento nella vicenda umana.

Non è casuale che il Pontefice abbia voluto essere accompagnato ad Assisi dagli otto Cardinali che dovranno consigliarlo nella riforma della Curia.

Nè è casuale che abbia voluto inserire nel suo programma una visita a ciascuna delle strutture di assistenza istituite ad Assisi dalla Chiesa.

La Chiesa di Bergoglio è sempre più vicina ai credenti nella collegialità del suo governo, ed è sempre più vicina agli uomini nel soccorso ai loro bisogni.

Francesco  ha rimesso mano alla realizzazione di quanto Cristo impose al Santo quando gli si rivolse il Crocifisso di San Damiano. 

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Alfonso Maria Bruno

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