"Essere discepoli di Cristo"

La seconda catechesi di mons. Enrico dal Covolo

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Pubblichiamo il testo della seconda catechesi preparata per la GMG di Rio 2013 da monsignor Enrico dal Covolo, SDB, rettore magnifico della Pontificia Università Lateranense di Roma.

La catechesi era programmata per giovedì 25 luglio.

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Nel Vangelo di Luca troviamo une delle parole più incisive riguardo al nostro “essere discepoli di Cristo”: “Se qualcuno vuol venire dietro di me”, dice il Maestro ai Dodici, “prenda la sua croce ogni giorno, e mi segua” (Luca 9,23).

Ora, io mi chiedo: di fronte a queste parole, che cosa avranno capito i discepoli? A che cosa avranno pensato?

Perché, vedete, non potevano certo pensare alla morte di Cristo in croce: erano lontani le mille miglia dal prevederla!

Sentendo le parole di Gesù, non avranno potuto far altro che pensare all’orribile e odiato supplizio introdotto dai Romani in  Palestina: il macabro rito della crocifissione, pena normalmente riservata allo schiavo fuggitivo, che veniva crocifisso sulla porta di casa. Quasi a dire, con macabra ironia: ora che ti ho riacciuffato, ti sistemo in modo che tu non possa scappare più!

La crocifissione venne poi estesa ai rivoltosi, che minavano la sicurezza dell’impero e l’autorità dell’imperatore.

Ora, le parole di Gesù sul portare la croce ogni giorno, e seguirlo, non potevano che richiamare ai discepoli sconcertati i riti preliminari, rispetto all’esecuzione capitale.

Al condannato, che prima subiva la flagellazione, veniva imposto sulle spalle il legno orizzontale della croce. Così, malamente barcollando, egli si recava sul luogo del patibolo, situato di norma fuori dalla città. E la gente che assisteva, disposta lungo le due ali del cammino, aveva una funzione precisa: doveva insultare il condannato, sputargli addosso, fargli capire in tutti i modi che lui non era degno della convivenza civile, che veniva allontanato come una bestia pericolosa… Il drappello di soldati attorno al condannato aveva anche il compito di proteggerlo, perché egli potesse arrivare vivo al luogo del supplizio: diversamente la gente lo avrebbe linciato.

Comprendiamo allora che cosa voleva dire Gesù ai suoi: “Tu vuoi essere mio discepolo? Ma lo sai che cosa vuol dire questo? Dovrai percorrere un cammino difficilissimo, come è duro e crudele il cammino del condannato a morte di croce… Non ne vorranno sapere di te, diranno che sei matto, un delinquente…”.

Sono passati ormai due millenni: ma il cammino del discepolo di Gesù rimane sempre difficile e impegnativo.

Il mondo non riesce a comprenderlo.

Noi, per capire qualche cosa di più di questo “essere discepoli di Cristo”, selezioneremo quattro brevi passi dal primo capitolo di Marco.

Essi ci conducono al cuore del progetto di Gesù sul discepolo.

1. Lettura (Marco 1,12-31)

a. «Subito dopo [il Battesimo], lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano».

b. «Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il Vangelo di Dio e diceva: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo”».

c. Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: “Seguitemi, vi farò diventare pe­scatori di uomini”. E subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, mentre riassettavano le reti. Subito li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedeo sulla barca con i garzoni, lo seguirono».

d. «Usciti dalla sinagoga [di Cafarnao], si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre, e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la fece sorgere prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli».

2. Meditazione

Ci limitiamo ad alcune semplici sottolineature sull’identità e sul cammino del discepolo. Ciò che Marco dice di Gesù, infatti, è detto per il discepolo: le pericopi selezionate consentono di cogliere l’identikit del discepolo di Gesù, e l’esigente sequela che ne consegue.

a. La prima sottolineatura riguarda i quaranta giorni nel deserto. Gesù, per iniziare il suo itinerario pubblico, ha bisogno di un tempo di digiuno e di preghiera. Il numero quaranta, come sappiamo, è una sigla che allude a un tempo di purificazione, al cammino di spoliazione che segna la salita al monte di Dio e al misterioso incontro con lui. Sull’orizzonte si staglia Gerusalemme: l’ora della tentazione nell’orto, le vicende del tradimento e dell’arresto…

Anche il discepolocome il Maestroper salire a Gerusalemme ha bisogno di digiuno e di preghiera.

b. Proprio questa spoliazione di sé aiuta a interiorizzare il «manifesto» della predicazione di Gesù: «Il Regno di Dio è qui… Convertitevi e credete al Vangelo».

Si noti: non viceversa. Prima sta il lieto annunzio (il Messia è in mezzo a voi, il Regno è arrivato…), e poi viene l’impegno della conversione. E’ come nelle lettere di Paolo: prima l’indicativo della salvezza, poi l’impegno morale. E’ bocciato il volontarismo etico dei farisei, come ogni pretesa di autogiustificazione e di protagonismo spirituale.

L’apertura senza riserve al gratuito di Dio è l’imperativo fondamentale del discepolo.

c. Due verbi presiedonocome di norma nei racconti biblici di vocazionealla chiamata dei primi discepoli: lasciare e seguire, l’esodo per la sequela. Seguire Gesù non è un fatto indolore. Comporta la fatica dell’esodo, comporta pur sempre un lasciare: lasciare le reti, la barca, il padre. Levi addirittura «lasciò tutto» per seguire Gesù (Luca 5,28).

Ma che cos’è questo «tutto», che il discepolo deve lasciare per seguire Gesù? E’ quello che nella sua vita «fa concorrenza» all’assoluto primato di Gesù e del suo amore, tutto ciò che gli «indurisce il cuore» e rallenta la sequela. In questo senso san Benedetto, ormai alla conclusione della sua Regula, raccomanda di non anteporre nulla a Cristo.

Entra qui la domanda più adeguata per il cammino di conversione del discepolo: «Io, che cosa devo ancora lasciare per seguire Gesù?».

C’è anche un avverbio di tempo che ritorna continuamente nelle nostre pericopi, ed è subito. L’avverbio si riferisce sia al Maestro sia al discepolo. Allude al fatto che il piano di Dio si deve compiere senza esitazioni. Il discepolo, se vuol essere tale, non può tergiversare. Deve prendere la sua decisione per Gesù, subito. Non può stare a guardare alla finestra, perché il Regno di Dio è qui, e il tempo ormai è compiuto. Certo, occorre distinguere tra ragionevole discernimento e colpevole accidia.

In ogni caso, il primo capitolo di Marco ingrana subito la quinta marcia: il discepolo non può rimanere in folle. Bisogna decidersi per Gesù, senza compromessi.

d. L’episodio della guarigione della suocera di Pietro completa l’identikit del discepolo. E’ un «episodio di rivelazione», come risulta dalla presenza dei tre discepoli testimoni dei più importanti episodi di questo genere, come la trasfigurazione e l’agonia nel Getsemani: Pietro, Giacomo e Giovanni. Gesù fa sorgere la suocera ammalata. Il verbo è lo stesso che Marco usa per parlare della risurrezione di Gesù.

Chi è il discepolo? E’ uno che, liberato dal male (la febbre è il simbolo del male), è fatto risorgere da Gesù. Si può vedere qui un’allusione al rito del battesimo: il discepolo viene preso per mano, perché rinasca dall’acqua…

Ma il discepolo non viene fatto sorgere
per essere messo in vetrina. La suocera di Pietro si mette subito a servire. Il verbo impiegato è uno dei più illustri della tradizione cristiana. E’ diakonéin, coniugato qui all’imperfetto, che indica azione durativa.

Allora, chi è il discepolo? E’ uno che, fatto risorgere da Gesù, continua a servire, fino al servizio cruciale: il dono totale di sé, lo scandalo della croce, il patibolo del servo. Secondo Marco, questo servizio supremo lascia vuota la tomba, e vince la morte.

3. Per la preghiera e per la vita

Si tratta ora di trasformare in preghiera e in propositi concreti di vita questi spunti di riflessione. Possiamo farlo riferendoci in modo particolare a Maria (potremmo recitare e meditare il primo e il terzo mistero della luce: «il battesimo di Gesù al Giordano», e «l’annuncio del Regno di Dio con l’invito alla conversione»).

E’ lei la discepola fedele, che custodisce nel suo cuore la Parola e la confronta. E’ lei che accompagna il Figlio fino al Calvario, e, ritta ai piedi della croce, si associa intimamente al sacrificio di Gesù. Anche lei, come Gesù, lascia vuota la tomba, e ascende al cielo.

Maria, la prima discepola, la prima credente, ci aiuti a contemplare gli inizi del ministero di Gesù, perchéda veri discepoli del suo Figlio possiamo metterci alla sequela del Maestro e salire con lui fino a Gerusalemme.

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Enrico dal Covolo

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