Fede e Scienza, un incontro che serve all'uomo

800 professori e ricercatori provenienti dai cinque continenti hanno concluso i lavori del X Simposio internazionale dei Docenti universitari. Dal 2 al 4 Ottobre 2014 il prossimo appuntamento

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Trovare una sintesi tra l’aspetto religioso e i progressi scientifici e tecnologici è l’unico modo per assicurare il vero progresso della comunità umana e il confronto tra le diverse culture. Questa la sintesi delle relazioni presentate dai referenti dei vari settori disciplinari durante il convegno conclusivo ospitato stamattina all’Auditorium Antonianum.

Occasione per il confronto, la giornata conclusiva del X Simposio internazionale dei docenti universitari, organizzato dall’Ufficio diocesano per la Pastorale Universitaria. Tre giorni di conferenze e convegni, ai quali hanno preso parte 800 professori, che hanno indagato il rapporto, troppo spesso sottovalutato, tra la fede religiosa e le diverse aree culturali e scientifiche.

Un incontro dettato dall’urgenza, richiamata da Benedetto XVI, di allargare gli orizzonti della razionalità: “L’impresa è ardua – osserva mons. Lorenzo Leuzzi, Vescovo Ausiliare di Roma e delegato per la Pastorale Universitaria –perché è molto più facile raggiungere obiettivi funzionali a questa o a quella professionalità, piuttosto che elaborare una cultura che metta in moto la capacità conoscitiva e progettuale della comunità degli uomini”.

Da questa constatazione, l’appello affinché Chiesa e istituzioni universitarie camminino insieme, “perché ambedue sono chiamate a una rinnovata diakonia della storia, a un’azione sociale che si sviluppi cioè in accordo con i principi dell’etica cristiana e si concretizzi in primo luogo attraverso la creazione di laboratori della cultura all’interno delle università che possano preparare al prossimo Simposio, che si svolgerà a Roma dal 2 al 4 Ottobre 2014”.

Ma gli investimenti in cultura, oltre che per la crescita spirituale della comunità, hanno una importante ricaduta anche sulla crescita economica degli Stati che li fanno: “Lo dimostrano le cifre” dichiara Marco Mancini, presidente della Conferenza dei Rettori delle Università italiane. “Cresce infatti del 12% la percentuale di possibilità di trovare lavoro. Ma non solo. La cultura critica serve a formare la coscienza civile dei giovani, che in questo particolare e delicato momento storico manca. Investire in cultura significa quindi garantire la necessaria mobilità sociale verso l’alto”.

Il tema del confronto tra fede e ricerca scientifica è stato al centro anche delle relazioni presentate nella sessione odierna (“Dal Mediterraneo al mondo: una nuova cultura”) dai referenti delle quattro aree tematiche.

“L’università è certo luogo privilegiato per queste riflessioni” commenta Carmela Benvenuto, docente di Linguistica e Filologia a La Sapienza e referente dell’Area artistico-letteraria del Simposio. “Il metodo del vero dialogo delle culture e delle religioni è stato indicato dal Papa teologo nel superamento della limitazione autodecretata della ragione a ciò che è verificabile nell’esperimento, per restituirle tutta la sua ampiezza che le deriva dal riconoscere che l’ethos della scientificità scaturisce primariamente dalla ricerca della verità”. Benvenuto ha poi denunciato i rischi derivanti dalla marginalizzazione delle materie umanistiche: “dall’esaltazione della Sapienza si è passati all’esaltazione della Scienza e ora alla centralità della Tecnologia, quasi che il progresso e l’innovazione possano trovare la loro fecondità creativa nella ricerca scientifica intesa come sapere utile. Solo la produzione di nuova conoscenza che discende dalla ricerca, in tutti i settori, scientifici e umanistici, costituisce una reale e potentissima spinta al rinnovamento e all’evoluzione della società”.

In tal senso è determinante l’approccio assunto dai ricercatori. Una questione centrale per chi opera nel mondo delle innovazioni tecnologiche: “Lo scienziato in quanto uomo, artefice delle scoperte e delle riflessioni sui propri traguardi è colui che, consapevole della propria dignità umana, non si può sottrarre alla responsabilità di governare i processi della tecnologia attraverso la ricerca antropologica, etica e l’impegno educativo e formativo” ammonisce Simonetta Filippi, docente di Fisica all’università Campus Biomedico di Roma e referente dell’area Scientifico-tecnologica.

“Perché le culture dovrebbero porsi dinanzi a Dio? Perché la ricerca del giurista, dello psicologo, del sociologo o di chi studia le metodologie della formazione dovrebbe porre anche la questione di Dio all’interno del proprio orizzonte?” si domanda Emanuele Bilotti, docente di Diritto privato all’università Europea di Roma e referente dell’Area antropologico-giuridica del Simposio.

“In una prospettiva rigorosamente immanentistica, nessun diritto è davvero possibile se non quello che afferma il primato della logica economica obiettiva su qualsiasi altro criterio di valutazione delle condotte umane. Ma questo non è diritto, è una sua caricatura, è puro calcolo economico. Custodire uno spazio della trascendenza significa allora custodire la possibilità stessa del diritto, e cioè la possibilità di continuare a esprimere un giudizio di liceità e di ingiustizia sugli avvenimenti del nostro mondo, la possibilità di rovesciare l’ordine esistente per costruire una nuova forma di convivenza fondata su diverse esigenze ideali”.

Un’esigenza espressa anche da Federica Sist, docente di Economia degli intermediari finanziari all’università LUMSA di Roma e referente dell’Area Economico-Sociale che ha puntato il dito contro il capitalismo finanziario e ha sottolineato i vantaggi dell’incontro tra fede e scienza: “La globalizzazione, se crea sviluppo, consente il superamento delle disuguaglianze. La trasformazione del capitalismo da reale a finanziario sta rallentando lo sviluppo. Occorre quindi ridisegnare i paradigmi economici e i modelli aziendali nell’ottica della sostenibilità, della solidarietà e della multiculturalità dell’area dell’euromediterraneo. L’incontro tra fede e scienza può sostenere i processi buoni della globalizzazione nel rispetto della persona e del bene comune”.

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Marina Tomarro

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