Veniamo ora al contesto storico che precede la lettera di Galileo Galilei. Il canonico e scienziato polacco Niccolò Copernico scrisse il De revolutionibus orbium coelestium che venne pubblicato per la prima volta a Norimberga il 24 maggio 1543, giorno stesso della sua morte. Con la sua opera Copernico riprendeva l’intuizione di Aristarco di Samo e si dichiarava a favore della teoria eliocentrica. Nell’introduzione all’opera, che fu dedicata al Papa Paolo III, si rivolge al papa con una certa preoccupazione conscio della novità delle sue scoperte:
Mi è facile pensare, Santissimo Padre, prevedere che taluni, non appena avranno appreso come in questi miei libri, scritti sulle rivoluzioni delle sfere dell’universo, io attribuisca al globo terrestre certi movimenti, subito chiederanno a gran voce che, avendo tale opinione, io sia messo al bando.
Le ansie di Copernico sono più che giustificate, poiché egli rilancia una visione cosmologica caduta nell’oblio per parecchi secoli, una visione che inoltre va contro ciò che i sensi apparentemente percepiscono. Tuttavia l’opera dello scienziato polacco non verrà condannata poiché essa non parla del moto terrestre come di una certezza, ma piuttosto come una ipotesi volta a semplificare i calcoli matematici che riguardano il moto dei pianeti. Scrive infatti Thomas S. Kuhn:
Il De revolutionibus fu scritto per risolvere il problema dei pianeti che, come Copernico avvertiva, Tolomeo ed i suoi successori non avevano risolto. Nell’opera di Copernico la concezione rivoluzionaria del moto della terra costituisce inizialmente un risultatocollaterale e anomalo del tentativo effettuato da un astronomo preparato e impegnato di riformare le tecniche usate nel calcolo della posizione dei pianeti
Nel XVII secolo Galileo Galilei si fa ideale discepolo di Copernico. Il 21 agosto 1609 Galileo Galiei presenta al governo della Repubblica di Venezia il cannocchiale da lui perfezionato, questo strumento ottico infatti era stato inventato per la prima volta nel precedente anno in Olanda dall’ottico di origine tedesca Hans Lippershey.
Grazie al cannocchiale Galileo Galilei riesce a fare alcune importanti scoperte che espone nella sua opera Sidereus nuncius pubblicata il 12 marzo 1610. Fra le più importanti novità che lo scienziato pisanto intende comunicare al mondo scientifico e culturale del tempo possiamo annoverare la scoperta dei monti lunari e i satelliti di Giove che in onore dei sovrani toscani verranno chiamati “astri medicei”. Queste due scoperte mettono in crisi il sistema aristotelico-tolemaico: esso infatti affermava che tutti i pianeti del sistema solare fossero sfere perfette e che la terra fosse il centro del moto di tutti i pianeti.
La notorietà che Galilei ha ottenuto grazie alle sue scoperte fa si che il governo fiorentino lo richiami in patria: il 5 giugno 1613 infatti egli viene nominato “matematico primario dello studio di Pisa”. Egli giunge a Firenze nel settembre dello stesso anno.
È bene notare che le prime critiche gli vengono mosse da matematici laici di orientamento aristotelico come Cesare Cremonini e Giovanni Antonio Magini.
Il 14 dicembre 1613 il suo discepolo e monaco benedettino Benedetto Castelli comunica per lettera a Galilei di aver partecipato due giorni prima ad un pranzo presso i Granduchi alla presenza di Cosimo II, della moglie Maddalena d’Austria e della Granduchessa Cristina di Lorena. Una settimana dopo, in data 21 dicembre, Galilei risponde al suo discepolo dando corpo a quella che diventerà la prima delle cosiddette lettere copernicane.
[La prima parte è stata pubblicata venerdì 24 maggio 2013]
Per approfondimenti o informazioni: www.nicolarosetti.it
(Articolo tratto da Àncora Online, il settimanale della Diocesi di San Benedetto del Tronto)