L’uomo ha smarrito la capacità di godere delle sue conquiste, per affidarsi all’orecchiabile ritornello del lamento umano! Si tratta sicuramente del pezzo canoro più in voga della nostra storia. Un motivo “musicale”,che caratterizza l’individuo pronto a guardare, sempre e solo, verso le cose che ancora deve ottenere, più che alle conquiste fatte o ai traguardi raggiunti. Scatta, per di più, in lui una difesa dal prossimo ad oltranza, attento a non suscitare gelosie e raccogliere solo compassione. Rischia invece di ficcarsi in un vicolo cieco, rischiando di non godere dei successi sperati. Ogni progresso personale, su questa strada, non si trasformerà mai in una gioia stabile, perché prevarrà, di continuo, l’ansia dell’attesa del nuovo obiettivo. Siamo stati bravi! Abbiamo inventato il modo per auto flagellarci! Come uscirne? Basta spalancare le finestre del nostro cuore, al profumo intenso della gratitudine! Optional, oggi, pur decaduto.
La gratitudine è l’anticamera del valore etico del ringraziamento. Esprimere riconoscenza significa affermare la qualità di ciò che ti è dato dagli uomini e da Dio e che prima non possedevi. Ringraziare è cosa necessaria e diventa sinonimo di benedire. Lamentarsi equivale invece a compiangersi comunque, negando alla propria vita il gusto di donare gratitudine, a chi ti ha aperto le porte della certezza. L’uomo sa chiedere e conoscere ciò di cui ha bisogno, solo nel momento della disperazione. Il suo petto diventa un tamburo battente, quando decide di entrare in chiesa per affidarsi al Signore. In diverse occasioni, però, si dà merito, per una preghiera esaudita, a dinamiche diverse dalla grazia di Dio o attribuendo ad eventi causali il risultato ottenuto. È invece giustizia perfetta lodare, benedire, ringraziare il Signore per tutto il bene che opera per noi, ogni giorno e non solo nelle richieste personali dirette. La riconoscenza è dell’uomo giusto, pio, onesto, vero. Riconoscere ciò che Dio fa per noi è segno di vera umanità. Noi ci accorgiamo dei doni quotidiani che riceviamo, solo nell’atto dello sconforto. Per noi tutto è scontato e acquisito per diritto universale. Farebbe invece bene, alla società odierna, impossessarsi della visione serena della vita, sorretta da Dio e dalla sua provvidenza e dalla forza spirituale che ritroviamo in alcuni versi, leggendo il libro del Siracide. In essi la gratitudine nel Signore è grande:
“Ti loderò, Signore, re, e ti canterò, Dio, mio salvatore, loderò il tuo nome, perché sei stato mio riparo e mio aiuto, salvando il mio corpo dalla perdizione, dal laccio di una lingua calunniatrice, dalle labbra di quelli che proferiscono menzogna, e di fronte a quanti mi circondavano sei stato il mio aiuto e mi hai liberato…..tu infatti mi salvasti dalla rovina e mi strappasti da una cattiva condizione. Per questo ti loderò e ti canterò, e benedirò il nome del Signore”. Dalle catechesi, da me seguite, ho imparato che lodare Dio per tutto il bene da lui operato, significa possedere grande nobiltà d’animo. Ringraziare, ogni giorno, quanti ci fanno del bene, anche questo deve essere stile, forma, essenza del vero uomo. Quando nel vangelo di Luca, Gesù guarisce dieci lebbrosi, uno solo, e per di più uno straniero, torna per benedire e lodare il Signore che aveva operato questo grande prodigio per mezzo di Lui. “…E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo…”. È giusto che il Padre celeste venga ringraziato da colui che il miracolo ha chiesto ed ottenuto. Ciò fa parte dei doveri fondamentali di una persona. La fede vera governa anche i gesti più semplici, più piccoli, quasi invisibili, di normale quotidianità dell’uomo. Le nuove generazioni, abbiano fede in Dio e siano padroni di questo stile di vita! Saranno liberi e sicuri.
Chi volesse contattare l’autore può scrivere al seguente indirizzo email: egidio.chiarella@libero.it