L'Editto di Milano: ieri e oggi (Seconda parte)

L’importanza e l’attualità del documento che ha cambiato la storia della religione cristiana

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

L’Editto di Costantino ha un significato epocale perché segna l’inizio della libertà dell’uomo moderno. Lo Stato riconosce la libertà ai suoi cittadini di professare quella religione che in coscienza credono essere la migliore.

Con Costantino lo Stato diventa laico, nel senso più veritiero del termine. Uno Stato, cioè, che non resta indifferente di fronte alla religione, o peggio, relega la religione nell’intimo della coscienza, ma riconosce la dimensione spirituale dell’uomo, che ha anche risvolti sociali, permette la libertà di culto senza porre interferenze e limitazioni. In questo senso lo Stato laico è uno Stato “credente” nel duplice significato.

Credente in Dio al quale deve prestare il culto dovuto secondo la virtù della giustizia, che in questo caso si trasforma in virtù di religione (2); credente nell’uomo in quanto lo Stato riconosce non solo la sua dimensione biologica e civica ma anche quella spirituale. Viene così evitato un antropologismo riduttivo e riconosciuto un antropologismo trascendente.

Benedetto XVI più di una volta ha palato di “laicità positiva”. Disse nel 2006: «Una “sana laicità” comporta che lo Stato non consideri la religione come un semplice sentimento individuale, che si potrebbe confinare al solo ambito privato. Al contrario, la religione […] va riconosciuta come presenza comunitaria pubblica. […] Non è certo espressione di laicità, ma sua degenerazione in laicismo, l’ostilità a ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche. Come pure non è segno di sana laicità il rifiuto alla comunità cristiana, e a coloro che legittimamente la rappresentano, del diritto di pronunziarsi sui problemi morali che oggi interpellano la coscienza di tutti gli esseri umani, in particolare dei legislatori e dei giuristi. Non si tratta, infatti, di indebita ingerenza della Chiesa nell’attività legislativa, propria ed esclusiva dello Stato, ma dell’affermazione e della difesa dei grandi valori che danno senso alla vita della persona e ne salvaguardano la dignità. Questi valori, prima di essere cristiani, sono umani, tali perciò da non lasciare indifferente e silenziosa la Chiesa, la quale ha il dovere di proclamare con fermezza la verità sull’uomo e sul suo destino».

«Viviamo – aggiunse – in un periodo storico esaltante per i progressi che l’umanità ha compiuto in molti campi del diritto, della cultura, della comunicazione, della scienza e della tecnologia. In questo stesso tempo, però, da parte di alcuni c’è il tentativo di escludere Dio da ogni ambito della vita, presentandolo come antagonista dell’uomo. Sta a noi cristiani mostrare che Dio invece è amore e vuole il bene e la felicità di tutti gli uomini. E’ nostro compito far comprendere che la legge morale da Lui dataci, e che si manifesta a noi con la voce della coscienza, ha lo scopo, non di opprimerci, ma di liberarci dal male e di renderci felici. Si tratta di mostrare che senza Dio l’uomo è perduto e che l’esclusione della religione dalla vita sociale, in particolare la marginalizzazione del cristianesimo, mina le basi stesse della convivenza umana» (3).

Questa “sana laicità dello Stato” non è un frutto del Concilio, ma fa parte del Magistero costante della Chiesa. Già Pio XII nel discorso del 23 marzo 1958, si esprimeva: “La legittima sana laicità dello Stato è uno dei principi della dottrina cattolica”.

Per cui uno Stato laico è quello che non impedisce la ricerca del senso della vita propria di ogni persona e che si adopera affinché i diritti fondamentali dell’uomo siano sempre rispettati e salvaguardati. La laicità autentica non rifugge, ma postula una sana collaborazione tra Stato e Chiesa, posto che entrambi – anche se a titolo diverso – siano a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane.

Queste riflessioni di Benedetto XVI sono condivise anche da altri grandi pensatori. Una di queste è lo scrittore Fedor Dostoevskij (1821- 1881). Lui ha meditato sullo slogan: “Come se Dio non ci fosse”, arrivando ad affermare che questa espressione è la rovina della società moderna, e non solo è pregna di agnosticismo, ma priva anche di ogni moralità. Acutamente scriveva: “Se Dio non c’è, qual delitto vi può mai essere?” (4); “Una volta che l’umanità avrà rinnegato Dio… l’uomo si esalterà di uno spirito divino, dell’orgoglio titanico, e comparirà l’uomo-Dio… Se Dio non esiste, tutto diventa lecito” (5).     

Lo Stato va alla deriva. Diventando tutto lecito, non esiste più il delitto. Ogni azione, anche la più negativa, ottiene libera cittadinanza. Di fronte a questo lo Stato è impotente; togliendo Dio e non riconoscendo la libertà religiosa, ha votato la sua morte. 

L’altra grande personalità è Victor E. Frankl (1905-1997), fondatore della Terza Scuola Viennese di Psicoterapia, la Logoterapia. Lui fondò la teoria sulla ricerca del ‘senso della vita’. Individuando la realizzazione della persona nella scoperta del senso della propria vita; Frankl sosteneva che quando la vita non ha più significato, giunge la disperazione, l’abbrutimento e l’essere umano è capace di qualunque cosa in quanto si crea il ‘nulla’. Al senso della vita subentra la ‘noia’ del vivere. Da qui si deduce che la visione della vita presentata dalla Chiesa non ha direttamente fondamenta cristiane, ma è una esigenza radicata nella natura stessa dell’uomo, condivisa anche da appartenenti ad altre religioni.   

La grande apertura intellettuale dell’Editto di Milano non sempre è stata rispettata in questi 1700 anni.  La storia passata e recente purtroppo lo dimostrano. Il Concilio ha trattato l’argomento della libertà religiosa e gli ha dedicato la Dichiarazione ‘Sulla Libertà Religiosa (6).

Tra questi due documenti c’è una grande differenza. Costantino nel dare la libertà al cristianesimo, pensò di fare una ‘benigna concessione’. Il Concilio invece sosteneva che il fondamento di questa libertà risiede nella natura stessa della persona umana. Ecco la frase più significativa: “Il diritto alla libertà religiosa non si fonda, come disposizione soggettiva della persona, ma nella sua stessa natura (n. 2) […] La verità va cercata in modo da rispondere alla dignità della persona umana … E’ ingiustizia contro gli esseri umani e in contrasto con l’ordine stabilito da Dio, negare all’uomo il libero esercizio della religione nella società” (n. 3).

Per cui gli Stati devono rispettare la libertà di coscienza dei loro cittadini e promulgare leggi che non siano in contrasto ai principi dell’etica naturale. Devono rispettare gli elementi ontologici alla base dalle persona umana. Il principio di laicità dello Stato non è altro che il riconoscimento di un invalicabile limite del potere politico nei confronti della persona umana. Quando lo Stato non rispetta questo si trasforma in despota e tiranno, anche se continua a fregiarsi falsamente del nome di democrazia. 

(La prima parte è stata pubblicata ieri, giovedì 2 maggio)

*

NOTE

2)   Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1807.  

3)   Benedetto XVI, discorso all’Unione Giuristi Cattolici Italiani, 9 dicembre 2006. 

4)   I Fratelli Karamàzov, libro VI, cap. 3

5)   Idem,  libro XI, cap. 9.  

6)   Dignitatis Humanae, 7 dicembre 1965.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Vitaliano Mattioli

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione