Sono trascorsi trenta giorni dalla elezioni e Papa Francesco ha conquistato le piazze e gli schermi con la sua semplicità e con il suo comunicare diretto e coinvolgente.
Ogni domenica, anche quelle ordinarie, Piazza San Pietro è uno spettacolo da grande occasione.
Il suo gentile saluto del primo “buona sera” dalla loggia di San Pietro, il 13 marzo, appena eletto ed il rinnovato e affabile “buongiorno” ogni domenica alla recita del Regina Coeli, lo rendono affabile e gradito.
Papa Francesco con la sua semplicità che conquista, entra a casa nostra senza bussare, in quanto il suo dire semplice conquista i cuori e le sue parole, formulate con immediatezza comunicativa penetrano nel cuore e lasciano un segno.
Quando domenica ha detto ai giovani che scandivano a gran voce il nome “fran-ce-sco” ha detto di chiamare e gridare “Gesù”, ha impartito una grande lezione senza parlare ed il messaggio è stato ben recepito e accolto da tutti.
Nel commento alla pedagogia del Buon Pastore il discorso sulla “porta” che è Gesù, via verità e vita, unico varco sicuro per la vita eterna, mentre i ladri entrano da altre porte e con altre intenzioni, lascia un forte insegnamento, come quando ha raccomandato ai Sacerdoti, il giovedì santo, di “portare addosso l’odore delle pecore”.
Le sue omelie quotidiane nella cappella di Santa Marta per le diverse categorie di Personale che operano in Vaticano, costituiscono una ricca antologia di messaggi spirituali . Le sue omelie, brevi e incisive, sono articolate in due o tre concetti che vanno dirette al cuore prima che alla mente diventano slogan di bontà e flash di luce, come quello di “non lasciarsi rubare la speranza”, di “non stancarsi di chiedere perdono, perché Dio non si stanca di perdonare” o come l’ultimo rivolto ai giovani: “è bello mettere in gioco la vita per i grandi ideali”.
Nello stile dell’Ordine dei Gesuiti Papa Bergoglio articola i suoi discorsi centrando l’attenzione sulle parole chiave e nel ripeterle e commentarle le fa penetrare dentro, così da rendere fruttuoso il seme della Parola di Dio che converte e salva.
Lo scandire i diversi aspetti di un problema e, Egli, pur restando fedele al testo evangelico da commentare, apre la riflessione sull’attualità e sulla concretezza della vita nella quotidianità del vissuto e traduce la scienza in vita, la fede religiosa in azioni e testimonianze di carità.
Il forte richiamo alla povertà accompagnato dalla testimonianza di alcuni segni esterni tende anche a ribaltare la logica della “religione da negozio”, bella in vetrina, ma a volte priva di vitalità interiore e quindi improduttiva di conquista e di cambiamento.
Agli ”arrampicatori sociali” presenti “anche nelle comunità cristiane”, i quali “rubano la gloria a Gesù”, e ambiscono solamente alla propria gloria, Papa Francesco rilancia la lezione delle Beatitudini con le quali si esalta l’umiltà, la povertà, la mitezza, la giustizia e del Egli da “Buon Pastore, riconduce le sue pecorelle sul sentiero-cammino-strada che Gesù ha tracciato ed ha percorso “con tenerezza” e “con amore”.
Queste espressioni di Papa Francesco ed anche il costante richiamo al perdono, elemento connotativo della “conversione” e quindi segno di rinascita e di ripresa, costituiscono delle puntuali lezioni di spiritualità adatte al giorno d’oggi dove le parole sfuggono, travolte dal vortice delle comunicazioni planetarie, facendo anche perdere la dimensione dell’essenziale.
Da buon “padre spirituale” secondo il carisma ignaziano, Papa Francesco, che porta impressa sulla sua croce pettorale l’immagine di Gesù che porta sulle sue spalle la pecorella smarrita, costantemente richiama alla debolezza della “tentazione” connessa con la fragilità umana e con amorevolezza paterna invita a “bussare sempre a quella porta”, dove si trova il perdono e la vera gioia dello spirito.
Inizia così ogni giorno un nuova esperienza, una nuova avventura, un lavoro sempre nuovo e l’auspicio comune è che sia sempre un “buon giorno”, apportatore di bontà che produce buoni frutti.