Non addormentiamoci, ma attendiamo vigilanti la venuta di Cristo!

Nell’udienza generale, il Papa esorta a “non sotterrare i talenti” donati dal Signore, ma a condividere con l’altro le proprie ricchezze spirituali e materiali

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“Cari fratelli e sorelle, buongiorno!”. Ogni omelia, catechesi e discorso di Papa Francesco si apre con questo semplice e cortese saluto pronunciato in quell’accento latino-americano dalla inflessione italiana che tanto piace ai fedeli. Fedeli che, tra l’altro, continuano ad aumentare ogni mercoledì e ogni domenica. Oggi la Santa Sede ha parlato di centomila persone presenti all’Udienza generale in Piazza San Pietro. Un numero decisamente maggiore alla capienza della piazza che può ospitarne circa 60.000. Numerose persone si sono dovute riversare nell’attigua piazza San Pio XI.

Sarà forse che guardando le foto sulle riviste o le immagini in tv, ogni pellegrino è invogliato a fiondarsi a Roma nella speranza di riuscire a stringere la mano al Pontefice o di “passargli” il suo bambino per farlo benedire e accarezzare. I lunghi tragitti in mezzo alla folla sono, infatti, la parte preferita di Papa Francesco. Il giro in piazza dura e si allarga sempre di più, arrivando oggi a costeggiare i confini dello Stato italiano.

I fotografi, questa mattina, hanno avuto la possibilità di immortalare scene indimenticabili del Pastore con il suo gregge: dagli abbracci affettuosissimi ai disabili durante la passeggiata a piedi nelle prime file del sagrato, al caloroso saluto ai giovani del coro di Basilea o allo scambio di zucchetto con un fedele.

Questo Papa però è forte non solo nei gesti, ma anche nelle parole. Il messaggio è sempre lo stesso: non chiudersi in sé stessi, uscire e condividere con l’altro la gioia dell’incontro con Cristo; ma cambia connotazione di volta in volta.

Centro della catechesi durante l’Udienza di oggi era l’articolo del Credo: «Di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti». Un’idea che spesso dimentichiamo, ha osservato il Santo Padre: “La fede nel ritorno di Cristo e nel giudizio finale a volte non è così chiara e salda nel cuore dei cristiani”.

A tal proposito il Papa ha citato tre brani evangelici che “aiutano ad entrare in questo mistero”: quello delle dieci vergini, dei talenti e del giudizio finale; tre testi che indicano ognuno un tempo di azione. Innanzitutto, il tempo intermedio “tra la prima venuta di Cristo e l’ultima, che è proprio il tempo che stiamo vivendo” ha spiegato papa Francesco, in cui si colloca la parabola delle dieci ragazze in attesa dello Sposo.

“È un tempo della vigilanza – ha detto – in cui dobbiamo tenere accese le lampade della fede, della speranza e della carità, in cui tenere aperto il cuore al bene, alla bellezza e alla verità”, poiché “non conosciamo né il giorno, né l’ora del ritorno di Cristo”. “Non addormentiamoci – ha esortato il Santo Padre – la vita dei cristiani addormentati è una vita triste, eh? Non è una vita felice”.

La seconda parabola dei talenti (Mt 25,14-30) inquadra invece, secondo Papa Bergoglio, “il tempo dell’azione”, rivelando il rapporto “tra come impieghiamo i doni ricevuti da Dio e il suo ritorno, in cui ci chiederà come li abbiamo utilizzati”. In particolare, il Pontefice ha commentato l’atteggiamento del terzo servo che sotterra il talento del padrone per consegnarglielo intatto al suo ritorno. Un comportamento umanamente logico forse, ma che cristianamente indica paura e chiusura davanti a Dio. “Un cristiano che si chiude in se stesso, che nasconde tutto quello che il Signore gli ha dato, non è cristiano! – ha infatti sottolineato il Papa – È un cristiano che non ringrazia Dio per tutto quello che gli ha donato!”.

In questo tempo siamo chiamati quindi a “mettere a frutto i doni di Dio non per noi stessi, ma per Lui, per la Chiesa, per gli altri”. Soprattutto in questo periodo di crisi, ha soggiunto il Pontefice, “è importante non chiudersi in se stessi, sotterrando il proprio talento, le proprie ricchezze spirituali, intellettuali, materiali, tutto quello che il Signore ci ha dato, ma aprirsi, essere solidali, essere attenti all’altro”. 

Ritorna, dunque, l’invito ai giovani di domenica scorsa: “Non sotterrate i talenti! – ha ribadito vigorosamente il Papa – Scommettete su ideali grandi, quegli ideali che allargano il cuore, quegli ideali di servizio che renderanno fecondi i vostri talenti. Cari giovani, abbiate un animo grande! Non abbiate paura di sognare cose grandi!”.

Il Santo Padre si è poi soffermato sul brano del giudizio finale “in cui viene descritta la seconda venuta del Signore, quando Egli giudicherà tutti gli esseri umani, vivi e morti” (Mt 25,31-46). Il tempo ultimo in cui, con l’immagine del pastore che separa le pecore dalle capre, Matteo spiega che alla destra viene posto chi ha agito secondo la volontà di Dio, soccorrendo il prossimo “affamato, assetato, straniero, nudo, malato, carcerato” (ha aggiunto il Pontefice: “Penso a tanti stranieri che sono qui nella diocesi di Roma. Cosa facciamo per loro?”); a sinistra invece chi ha preferito agire a prescindere da essa, disinteressandosi del prossimo.

La misura di tutto è la carità. “Questo ci dice che noi saremo giudicati da Dio su come lo avremo amato nei nostri fratelli, specialmente i più deboli e bisognosi” ha rimarcato papa Bergoglio. Certo, c’è “un atto di amore gratuito di Dio che sempre ci precede” e ci salva; ma “per portare frutti la grazia di Dio richiede sempre la nostra apertura a Lui, la nostra risposta libera e concreta”.

L’invito conclusivo del Papa è quindi di non aver paura di guardare al giudizio finale, ma anzi esso ci spinga a vivere meglio il presente. “Dio – ha detto – ci offre con misericordia e pazienza questo tempo affinché impariamo ogni giorno a riconoscerlo nei poveri e nei piccoli, ci adoperiamo per il bene e siamo vigilanti nella preghiera e nell’amore”. 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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