“Attenzione ai valori. I giovani sono in gran parte il frutto dell’educazione che è stata loro data (anche indirettamente o inconsapevolmente). Sovente essi percepiscono allo stato puro alcuni valori dominanti del momento, senza le difese o le accortezze di chi è più avanti negli anni, ha più esperienza ed un’altra educazione”.
Sono parole profetiche, che i Vescovi dell’Emilia Romagna scrissero nel 1996 in un bellissimo documento sul tema delle discoteche.
All’epoca, internet non aveva ancora conquistato il mondo e non c’erano tutti i canali televisivi di oggi. Alle soglie del terzo millennio, la società è totalmente cambiata. I ragazzi ricevono tanti messaggi ingannevoli, attraverso un cattivo uso dei mezzi di comunicazione. Il risultato di questo bombardamento, a volte, può generare una sensazione di relativismo morale, che spinge a non distinguere più il bene dal male.
Negli ultimi anni, i giornali hanno dato spesso notizia di episodi di violenza con protagonisti i ragazzi. A questi fatti si aggiungono i vari casi di suicidio, di droga, le morti del sabato sera ed altri fenomeni che destano stupore.
Certi fatti hanno fatto nascere nei genitori nuove forme di preoccupazione e tanti interrogativi. Le mamme e i papà si chiedono: “Che cosa sta succedendo?”; “Perché accadono certe cose?”; “Ma io conosco veramente mio figlio?” “Come posso evitare certe brutte sorprese?”
La prima considerazione da fare è che il comportamento dei giovani è sempre il frutto di un’educazione. Gli esseri umani, fin da piccoli, sono “contenitori” che vengono riempiti, a poco a poco, con i messaggi che ricevono nel corso della propria esistenza.
Oggi, purtroppo, i ragazzi sono “educati” dalla televisione, da internet, dai testi delle canzoni, da certe riviste per adolescenti. Sono bombardati da voci confuse che spesso contribuiscono a creare una specie di assuefazione, di abitudine al male.
In molti ragazzi, sono cadute le “difese immunitarie”. Tanti giovani non sembrano avere più le “barriere” per difendersi dai messaggi negativi che ricevono. E così, non sono più in grado di distinguere il bene dal male.
La frase che oggi si sente spesso ripetere è: “Che male c’è?”. Oppure: “Lo fanno tutti”. E così, a furia di dire “Che male c’è”, sta scomparendo quel sano buon senso che dovrebbe guidare la nostra esistenza. Tutto diventa lecito e possibile.
Anche lo Stato, purtroppo, contribuisce ad alimentare la non-cultura del relativismo morale, con certe sue leggi contro la vita. Pensiamo alla legalizzazione dell’aborto o alle proposte di chi vorrebbe introdurre l’eutanasia. Se lo Stato dà questo cattivo esempio, come possiamo aspettarci che i ragazzi si comportino bene?
Aveva ragione il Cardinale John Joseph O’Connor, che è stato per anni Arcivescovo di New York, quando nel 1992 scrisse queste illuminanti parole in un articolo pubblicato su “Sette e Religioni”, a cura del Gris (Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-Religiosa): “E’ importante per tutti noi ricordarci quanto siano vulnerabili i giovani quando vengono privati di tutti i valori assoluti, degli insegnamenti morali, schietti, onesti, non equivoci e non confusi, quando non c’è nessuno a dir loro ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ad essi viene offerto un messaggio secondo il quale nessuno ha il diritto di dir loro che cosa fare, di dir loro ciò che è bene e ciò che è male. Ora, tutto questo crea un terribile vuoto, un vuoto dentro il quale Satana ama introdursi”.
Per combattere il relativismo morale è necessario educare i giovani a riscoprire il buon senso dell’errore, la capacità di riconoscere quando stanno sbagliando. Altrimenti, questo terribile vuoto interiore diventerà sempre più grande.
Ma non è un vuoto incolmabile, così come il male non è invincibile. Proviamo a riempire questo vuoto con l’amore, con il dialogo, con l’affetto che possiamo offrire ai tanti giovani in difficoltà. Solo così il futuro sarà migliore. Davvero!