Un lettore statunitense ha posto la seguente domanda all’attenzione di padre Edward McNamara:
Mi risulta che il Vangelo vada cantato durante la Messa di Natale e di Pasqua. Poiché entrambi sono “periodi”, ciò significa che il diacono o il sacerdote devono cantare il Vangelo ogni domenica del periodo o invece solo durante l’ottava in questione? Negli ultimi 4-5 anni ho cantato il Vangelo durante l’intero periodo di Natale e Pasqua. Dobbiamo mettere in risalto, attraverso il canto, la proclamazione della Buona Novella di questi periodi? Non trovo una netta presa di posizione nell’Ordinamento Generale del Messale Romano o nel Messale stesso. — C.D., Pendleton, California (USA)
Riportiamo di seguito la risposta formulata da padre McNamara:
In realtà non c’è alcuna norma che obbliga a cantare il Vangelo in un determinato periodo liturgico, come neppure c’è una norma che impedisce di cantarlo al di fuori di questi due periodi.
In altre parole, il Vangelo potrebbe teoricamente essere sia cantato sia letto in qualsiasi giorno dell’anno. La decisione di fare l’una o l’altra cosa dipende da circostanze come la solennità del giorno liturgico o del periodo, dalla capacità del ministro di farlo adeguatamente e dall’efficacia pastorale di essa.
Detto questo, è altamente raccomandabile il canto del Vangelo in tutte le principali solennità e feste, per sottolineare la sua importanza all’interno della celebrazione.
Le norme liturgiche, inoltre, consigliano vivamente cantare il salmo responsoriale.
Questo non significa che il canto delle altre letture è da escludere se i lettori sono sufficientemente preparati. La tradizione gregoriana ha diversi toni che vengono comunemente utilizzati nelle Messe solenni. Un tono è per la Prima lettura (Antico Testamento), un altro per la Seconda lettura e un terzo per il Vangelo. L’importanza di quest’ultimo viene sottolineata non solo dal fatto che è cantato ma anche dalla solennità dell’introduzione, dalla processione con il libro dei Vangeli, l’uso dell’incenso e dal fatto che la sua proclamazione è riservata al ministro ordinato.
Negli ultimi anni, diversi autori hanno proposto canti relativamente semplici adattati alle particolari tradizioni musicali di ogni lingua locale.
Per quanto riguarda l’importanza del canto nella Messa, l’Introduzione al Messale Romano dice:
“39. I fedeli che si radunano nell’attesa della venuta del loro Signore, sono esortati dall’apostolo a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali (Cf.Col 3,16). Infatti il canto è segno della gioia del cuore (Cf.At 2,46). Perciò dice molto bene sant’Agostino: «Il cantare è proprio di chi ama», e già dall’antichità si formò il detto: «Chi canta bene, prega due volte»”.
“40. Nella celebrazione della Messa si dia quindi grande importanza al canto, ponendo attenzione alla diversità culturale delle popolazioni e alle possibilità di ciascuna assemblea liturgica. Anche se non è sempre necessario, ad esempio nelle Messe feriali, cantare tutti i testi che per loro natura sono destinati al canto, si deve comunque fare in modo che non manchi il canto dei ministri e del popolo nelle celebrazioni domenicali e nelle feste di precetto.
Nella scelta delle parti destinate al canto, si dia la preferenza a quelle di maggior importanza, e soprattutto a quelle che devono essere cantate dal sacerdote, dal diacono o dal lettore con la risposta del popolo, o dal sacerdote e dal popolo insieme”.
“41. A parità condizioni, si dia la preferenza al canto gregoriano, in quanto proprio della Liturgia romana. Gli altri generi di musica sacra, specialmente la polifonia, non sono affatto da escludere, purché rispondano allo spirito dell’azione liturgica e favoriscano la partecipazione di tutti i fedeli.
Poiché sono sempre più frequenti le riunioni di fedeli di diverse nazionalità, è opportuno che sappiano cantare insieme, in lingua latina, e nelle melodie più facili, almeno le parti dell’ordinario della Messa, specialmente il simbolo della fede e la preghiera del Signore”.