Fin dalle origini, i “segni” che caratterizzano la fede cristiana sono stati i semplici e umili elementi della nostra vita quotidiana: l’acqua del Battesimo, il pane della Eucaristia, l’olio -benedetto dal Vescovo- che unge, fortifica e consacra. A tali segni si aggiungono certi “distintivi” propri di Cristo: la Croce -che riassume, in una esemplare sintesi, tutti i disagi e le prove che ci accompagnano- e la carità: anzitutto nella sua dimensione verticale, rivolta a Dio, quale Amore amato sopra e prima di ogni altra realtà; e nella dimensione “orizzontale”: vale a dire nella sua concreta traduzione “umana” e fraterna, a beneficio del prossimo, “amato come se stessi”.
Si tratta, come si vede, di un vocabolario essenziale, facilmente comprensibile e alla portata di tutti. È un repertorio di segni e di gesti che non solo ricordano i grandi fatti del passato -tutto quello che Gesù ha compiuto per noi- ma che li attualizzano, quali “segni efficaci” di salvezza, applicando alla nostra vita i meriti infiniti di Cristo e i frutti della Redenzione. Cristo opera oggi -ora- a beneficio nostro; e la Chiesa ripropone, da duemila anni, nel fedele annuncio della Parola di Dio e nel perpetuarsi dei gesti sacramentali, la vita del Risorto.
In questo vasto scenario spirituale, fatto di elementi semplicissimi e familiari, legati alla nostra vita di tutti i giorni, si colloca anche l’amabile figura di Maria Santissima, la discepola prediletta di Cristo, estremo dono offerto a noi dal Figlio, morente sulla Croce.
La sua “sfera d’azione” non è circoscritta agli anni trascorsi nella Casa di Nazareth, lungo le polverose vie della Palestina, quasi riconoscessimo, in Lei, soltanto un esempio -pur sublime e unico- da imitare, di bontà, di mansuetudine e di mitezza. Ella è una realtà viva di Grazia, presente e operante per sempre nella Chiesa e nel mondo: altissima e ineguagliabile, eppure tanto vicina e facilmente accessibile a tutti e a tutti “familiare”, come i segni semplici ed essenziali della nostra fede cristiana. Con il suo candore e con la sua carità Ella illumina, in ogni epoca, l’aspro cammino della Chiesa, della quale è immagine viva e santa, riferimento sicuro per i suoi figli, nelle ricorrenti prove che essi devono attraversare.
Noi stessi attingiamo da Lei, dalla sua fede certa e incrollabile, la forza per andare avanti; il suo incondizionato “sì” alla volontà del Padre è il riferimento più vero e più sicuro per le nostre scelte; la sua disponibilità ci rende docili di fronte alle esigenze del Vangelo; il suo luminoso candore ci incoraggia a lottare contro il peccato e a proteggere la purezza del nostro cuore e delle anime a noi affidate.
Nel corso dei secoli, la Chiesa non ha mai cessato di volgersi a Lei con fiducia, chiedendo dal Cielo la sua intercessione e la sua benedizione; ogni generazione l’ha riconosciuta “beata”, piena di Grazia, creatura immacolata che pone finalmente fine al triste dominio di Satana. Ogni epoca ha registrato una particolare “riedizione” del Magnificat: mille luoghi hanno attestato la sua apparizione; mille cuori hanno riportato le sue parole -materne e suadenti- che hanno invitato sempre alla conversione, a una profonda trasformazione interiore, alla penitenza, a un rinnovato impegno di vita cristiana.
Il primo “atto” del neo eletto Pontefice, la sua prima “uscita”, il giorno successivo alla sua elezione, come si sa, è stato il breve pellegrinaggio compiuto a Santa Maria Maggiore, per deporre, nel Cuore stesso della Vergine, l’altissima missione ricevuta dal Cielo. E nel giorno dedicato a San Giuseppe si è inaugurato, per Papa Francesco, questo nuovo appassionante tratto di cammino, nella sofferta ma pur sempre affascinante e imprevedibile storia della Chiesa. Sembra proprio che la Provvidenza abbia voluto riproporre espressamente -con il suo linguaggio sempre incisivo ed essenziale- sia la maternità della Vergine, sia la paterna e affidabile presenza di San Giuseppe, quali riferimenti imprescindibili anche per il nostro tempo.
Tra le tante povertà, a cui ha fatto riferimento il Santo Padre; tra le innumerevoli “periferie” a cui volgere il nostro sguardo, colmo di attenzione, di rispetto e di amore, il Cielo indica, una volta di più, il patrimonio sacro e immutabile della Famiglia, tesoro da tutelare e da difendere; viva e feconda cellula “primordiale” di qualunque consorzio, civile ed ecclesiale. La Chiesa, ampia e universale Famiglia dei credenti, si rispecchia e si rispecchierà sempre nella umilissima e dolcissima immagine di Nazareth e sempre proteggerà quel sacro capitale -oggi disprezzato, umiliato e devastato- quale icona perenne di luce, di speranza, di carità condivisa, di pace.
In questa epoca impazzita, che non sa più riconoscere né rispettare alcun bene e che ha smesso ormai del tutto di insegnarci a essere donne e uomini autentici, dal Cuore della Vergine impariamo ancora a credere e ad amare, a confidare in Dio, a servire i nostri cari, ad alimentare gli affetti più preziosi e più veri.
E al suo castissimo Sposo -“uomo giusto” per eccellenza, silenzioso e laborioso artigiano nella bottega di Nazareth- affidiamo la Chiesa, perché sia fiera e orgogliosa custode delle più belle grazie, serva fedele di Dio e riferimento credibile per ogni uomo “di buona volontà”.
* Padre Mario Piatti, icms, è direttore della Rivista “Maria di Fatima”