Cosa ci aspetta: l'imminente sfida demografica

Le nazioni con una popolazione troppo anziana sono senza futuro

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“Un paese senza bambini è una nazione senza futuro”. Secondo un recente post sul blog Demography Matters, si tratta di un commento del presidente portoghese Anibal Cavaco Silva, riferito al basso tasso demografico del suo paese.

Il post osserva che il numero delle nascite in Portogallo è inferiore al tasso di ricambio generazionale già dai primi anni ’80. Per di più, l’economia stagnante sta portando i giovani portoghesi a emigrare in cerca di lavoro, mantenendo il tasso di disoccupazione giovanile soltanto al 38,3%, quindi una situazione leggermente migliore rispetto alla vicina Spagna dove il medesimo tasso supera il 55%.

L’economia è ancora in recessione, il debito pubblico e privato sono enormi e, come commenta il post, “quindi, meno gente che lavora e paga all’interno del welfare, meno PIL ed enormi debiti che i numeri semplicemente non aggiungono”.

Il Portogallo non è di certo il solo a dover far fronte ad una popolazione che invecchia.

“La Gran Bretagna è ‘deplorevolmente impreparata’ a fronteggiare una inaspettata esplosione di anziani e il governo deve rispondervi aumentando l’età pensionabile e tagliando le pensioni stesse, come ha concluso un’indagine della Camera dei Lord”, si legge in un articolo del quotidiano britannico The Guardian (14 marzo).

Vi si legge che dal 2010 al 2030, è previsto un incremento del 50% della popolazione ultrasessantenne e che la Gran Bretagna avrà bisogno di apportare notevoli cambiamenti se vorrà fronteggiare questa sfida.

L’articolo scaturisce da un rapporto di un gruppo di pari della Camera dei Lord: Select Committee on Public Service and Demographic Change – First Report Ready for Ageing?.

Vivere di più è qualcosa che va celebrato, osserva il rapporto. Ciò avviene, comunque, con rischi e costi e il fatto che la gente può sopravvivere alle proprie pensioni e risparmi.

Il rapporto elenca una serie di proposte dettagliate su come gestire il crescente numero di persone anziane e le pressioni economiche che il fenomeno causerà.

Il problema ha una dimensione europea. Lo scorso 26 marzo, Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione Europea, ha pubblicato dei dati demografici per il 2012. All’inizio dello scorso anno, il numero di ultrasessantenni è salito al 18% della popolazione totale, rispetto al 14% del 1992.

Questi rapporti arrivano subito dopo la pubblicazione di dati stupefacenti riguardo il numero di aborti.

Gli aborti in Cina

Lo scorso 15 marzo il Financial Times ha riportato che, sin dall’implementazione del controllo demografico in Cina, iniziato nel 1971, ci sono stati 336 milioni di aborti e 196 milioni di sterilizzazioni. Gli staff medici hanno anche inserito 403 milioni di dispositivi intrauterini.

Lo stesso giorno il sito web del Christian Post ha pubblicato la notizia che il 13 marzo, con un post sul proprio profilo Twitter, il professor Richard Dawkins, noto per il suo ateismo, ha affermato che “con rispetto per quei significati di ‘umano’ che sono rilevanti per la moralità dell’aborto, ogni feto è meno umano di un maiale adulto”.

Negli ultimi decenni, in Cina il numero di aborti ha superato l’intera popolazione attuale degli Stati Uniti. Al contrario, il tasso di fertilità negli USA rimane più alto che nei paesi europei, sebbene sia in declino, e quindi preoccupante per il futuro.

Tali preoccupazioni sono state espresse in un libro di recente pubblicazione, What to Expect When No One’s Expecting: America’s Coming Demographic Disaster (Cosa ci aspetta e cosa non ci aspetta: l’imminente disastro demografico dell’America) di Jonathan V. Last (Encounter Books).

Last, che scrive per il magazine americano The Weekly Standard, osserva che se il tasso di fertilità medio americano è ragionevole è solo a causa del tasso di natalità più alto tra gli ispanici, che è comunque in rapido declino.

Tra il 2000 e il 2010, il 30% della crescita della popolazione americana è stato dovuto all’immigrazione dai paesi ispanici. La crescita della popolazione in questi paesi sta nettamente diminuendo, con la facile deduzione che anche il numero dei migranti negli USA calerà.

“Perché ci deve interessare?”, si domanda l’autore. Perché il tasso di fertilità per “sub-sostituzione” è stato sempre associato con la stagnazione o la recessione economica.

Come cambiare

L’ultima osservazione aggiunta dalla ricerca indipendente rivela che una volta che una nazione si ritrova in una situazione di calo demografico, è molto difficile ribaltare il trend. L’Italia, la Germania, la Russia e molti altri paesi stanno sperimentando il calo demografico senza alcun segnale di cambiamento del trend.

Dal 1989, ad esempio, 2000 scuole dell’ex Germania Est hanno chiuso per mancanza di studenti.

Infatti, osserva l’autore, se in Europa i tassi di fertilità attuale rimarranno invariati, la sua popolazione scenderà dai 783 milioni del 2010 ai 482 milioni entro la fine del secolo.

Con una popolazione che invecchia, non solo diminuisce l’imponibilità fiscale collettiva ma scende anche il capitale complessivo per gli investimenti, dal momento in cui gli anziani preferiscono fare investimenti a basso rischio.

Il saggio suscita molte interessanti domande che, associate alle notizie più recenti, non possono che suggerire che il “successo” della pianificazione familiare e della contraccezione negli ultimi decenni, porterà alcune conseguenze davvero sgradevoli.

In rete

Rapporto della Camera dei Lord sull’invecchiamento: http://www.publications.parliament.uk/pa/ld201213/ldselect/ldpublic/140/14002.htm

Rapporto Eurostat sulla demografia: http://europa.eu/rapid/press-release_STAT-13-49_en.htm?locale=en

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Fr. John Flynn

Australia Bachelor of Arts from the University of New South Wales. Licence in Philosophy from the Pontifical Gregorian University. Bachelor of Arts in Theology from the Queen of the Apostles.

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