Riprendiamo di seguito il testo del discorso che il Cardinale Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Antonio Maria Vegliò, ha pronunciato oggi a Cracovia, in Polonia, in occasione dell’VIII Seminario Europeo dei Cappellani Cattolici dell’Aviazione Civile e dei Membri delle Cappellanie aeroportuali.
L’intervento del porporato, sul tema “Ascoltare la Parola di Dio, ascoltare l’altro”, sarà di introduzione ai lavori del Seminario promosso dal Segretariato Europeo dei Cappellani Cattolici in collaborazione con questo Dicastero, che si svolgerà fino al 18 aprile a Cracovia.
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La missione dei Cappellani cattolici dell’Aviazione civile “è quella di portare Dio all’uomo e guidare l’uomo all’incontro con Dio”[1] negli aeroporti del mondo. Con queste parole Papa Benedetto XVI, rivolgendosi ai partecipanti al Seminario mondiale dello scorso anno a Roma, delineava la vostra missione pastorale. Il Papa proseguiva dicendo che in questo mondo secolarizzato “siete chiamati ad annunciare con forza rinnovata la Buona Novella, con la parola, con la vostra presenza, con il vostro esempio e con la vostra testimonianza” (ibidem).
Oggi, in occasione di questo VIII Seminario europeo, incentrato sull’ascolto della Parola di Dio e sull’ascolto dell’altro, mi sento di aggiungere che la vostra missione è la missione stessa della Chiesa, che Gesù ha comunicato con queste parole: “Bisogna che io annunzi il regno di Dio […]; per questo sono stato mandato” (Lc 4,43). Il Regno di Dio che siamo chiamati ad annunciare “è la stessa persona di Gesù”[2]. Gesù Cristo, il Figlio unigenito, generato dal Padre prima di tutti i secoli. Il Verbo che era Dio e si è fatto uomo è realmente il Verbo di Dio. In altri termini: “La Parola di Dio è la persona di Gesù Cristo, Figlio del Padre, fatto uomo” (VD 7).
Dio parla agli uomini
In realtà Dio ha sempre desiderato farsi conoscere dagli uomini. Come afferma la Costituzione dogmatica Dei verbum, “Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con Sé”[3]. Nell’Antico Testamento “ha parlato per mezzo dei profeti”[4], poi, lungo la storia della salvezza, la Divina Parola si è espressa fino alla sua pienezza nel mistero dell’incarnazione. Si è immolata per i nostri peccati ed è risorta per comunicare la “vita in abbondanza”. “Qui siamo posti di fronte alla persona stessa di Gesù. La sua storia unica e singolare è la Parola definitiva che Dio dice all’umanità” (VD 11). Gli Apostoli, in seguito, obbedendo al comando di Gesù, si sono dedicati alla predicazione della sua missione salvifica e di ogni insegnamento morale (cfr. VD 17). La Parola di Dio, dunque, è stata trasmessa nella Tradizione viva della Chiesa. Quindi, per ispirazione dello Spirito Santo, il messaggio della salvezza è stato messo per iscritto (cfr. DV 7).
Questo spiega perché nella Chiesa si custodisce e si venera la Sacra Scrittura, anche se la fede cristiana non è una “religione del Libro”, ma la “religione della Parola di Dio”, non di “una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente”[5]. Perciòla Sacra Scrittura deve essere proclamata, ascoltata e vissuta come Parola di Dio inseparabile dalla Tradizione cristiana e dal Magistero, che la spiegano.
L’ascolto della Parola di Dio
L’ascolto della Parola di Dio riporta anche alla figura di San Giuseppe, lo sposo di Maria, che ascolta e si lascia guidare dalla Parola. Papa Francesco, nella festa di San Giuseppe del marzo scorso, ha detto: “In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!”[6]. Anche negli aeroporti c’è più che mai bisogno di ascoltare e vivere secondo la Parola di Dio. Gli aeroporti, come ben sapete, sia con riguardo ai passeggeri, sia con riferimento al personale aeroportuale, sono luoghi di fretta e concitazione, che non agevolano l’occasione di una sosta con Dio. Un momento di pausa e di preghiera, invece, permette a ciascun essere umano di fermarsi a riflettere e a porsi delle domande sul senso della vita, sul significato del bene e del male, e sulle conseguenze del proprio agire. L’ascolto del Vangelo porta ad aprirsi e confrontarsi con il prossimo e, quindi, in questo senso, nutre l’anima e allarga il cuore. È un autentico sostegno per quanti desiderano il bene ma hanno difficoltà ad attuarlo (cfr. VD 9).
Il desiderio di Dio è forte in ogni essere umano. A questo proposito penso ad una giovane olandese di origine ebraica, Etty Hillesum, morta ad Auschwitz (dove ci recheremo nei prossimi giorni), che inizialmente era lontana da Dio, ma poi lo scoprì e si convertì al Cattolicesimo, dopo un cammino nel proprio cuore. Immersa nella melma del male della Shoah, scrisse: “Un pozzo molto profondo è dentro di me. E Dio è in quel pozzo. Talvolta mi riesce di raggiungerlo, più spesso pietra e sabbia lo coprono: allora Dio è sepolto. Bisogna di nuovo che lo dissotterri” (Diario, 97). Anche dove il male sembra vincere, Dio sottilmente entra nel cuore di uomini e donne per mezzo del suo Spirito, che governa il mondo, perché il bene vinca sempre.
L’ascolto della Parola di Dio non è soltanto audizione di frasi bibliche, ma implica accoglienza e conformità al Verbo di Dio, e chiede di “lasciarsi plasmare da Lui, così da essere, per la potenza dello Spirito Santo, resi conformi a Cristo” (VD 50).
L’annuncio della Parola
Tutti noi dobbiamo annunciare e comunicare la Parola di Dio con generosità e dolcezza, soprattutto negli aeroporti dove lo stress del lavoro e del viaggio incidono sullo stato d’animo delle persone. Tuttavia, per poter annunciare efficacemente la Parola, bisogna averla accolta, fatta propria e, per essere convincenti, occorre viverla concretamente. Come affermava Papa Paolo VI, “l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”[7] e se crede ai maestri è solo perché essi sono anche testimoni autorevoli.
Ed è quello che si è verificato con la prima comunità quando la Buona Novellasi diffuse attraverso la predicazione e la testimonianza (cfr. At 6,7). Già San Paolo aveva espresso così chiaramente l’urgenza dell’annuncio, “consapevole che quanto è rivelato in Cristo è realmente la salvezza di tutte le genti” (DV 91). Egli affermava: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9,16). Ed io mi sento di aggiungere, guai a noi se non annunciamo il grande amore di Dio per ciascuno di noi. Un’occasione speciale ci viene offerta da questo Anno della Fede che, per invito di Papa Benedetto XVI, stiamo celebrando allo scopo di “aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loro adesione al Vangelo” e per aiutare coloro che non vivono nella fede a scoprirla. È necessario, infatti, che la Chiesa ritrovi la fede in tutta la sua bellezza e senta con nuova forza l’amicizia con Dio.
La Parola di Dio è letta in profondità dal Magistero della Chiesa e noi non dobbiamo stancarci di divulgarlo quale patrimonio ricco di insegnamenti e di saggezza.
Maria, la Parola e l’ascolto dell’altro
Il tema dell’ascolto ci porta alla figura di Maria, Colei che senza porre condizioni si fece docile ascoltatrice della Parola di Dio (cfr. < em>Lc 1,38). Ella serbava nel suo cuore gli eventi del Figlio, meditandoli e comprendendoli come tessere di un unico mosaico (cfr. Lc 2,19.51). Maria è il modello della Chiesa in ascolto della Parola di Dio che in lei si fece carne, ed è anche il simbolo dell’apertura a Dio e agli altri. Il suo atteggiamento di fronte alla Parola è dinamico: infatti, ascolta l’Angelo e gli pone delle domande.
Essere aperti a Dio porta ad essere aperti agli altri, come i cappellani d’aeroporto che esercitano il loro ministero fra persone di origine, cultura, religione e sensibilità diverse. Ovviamente non si ascolta l’altro nello stesso modo in cui si ascolta Dio. L’ascolto non è per tutti una disposizione intrinseca nell’animo, quanto piuttosto un esercizio di carità. Richiede impegno e a volte sforzo personale. È come un uscire da se stessi per dare spazio all’altro nella propria mente e nel proprio cuore. È un gesto di generosità, una forma di altruismo. Con alcuni si entra facilmente in sintonia e qui la missione può tradursi in un successo. Nell’ascoltare altri, invece, si deve far ricorso a tutto quel bagaglio di conoscenza, di pazienza e di virtù che la Parola di Dio offre a ogni cappellano. La Parola di Dio, infatti, dà quella capacità e quella sicurezza che permettono di offrire comprensione e tenerezza, la sensibilità tanto evocata da Papa Francesco. Non avere paura di manifestare bontà e tenerezza è espressione di forza, la vera forza che è quella interiore. Pertanto, non si identifica con la debolezza, ma denota coinvolgimento nei problemi dell’altro, disponibilità a capirne anche e soprattutto le sofferenze, a vedere nell’altro il nostro “prossimo” e a rispettarlo come persona, quale che sia la sua professione di fede, senza giudicarlo.
Anche nell’esercizio del ministero negli aeroporti, è illuminante il pensiero espresso dall’allora Cardinale Jorge Mario Bergoglio, ora Papa Francesco, alle Congregazioni generali del marzo scorso, prima del Conclave, quando io stesso ho sentito che diceva: “La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria”[8].
L’animazione liturgica nelle cappellanie aeroportuali
Luogo privilegiato dove Dio parla al suo popolo è la Liturgia. Prendendospunto dai suggerimenti e dalle proposte della citata Esortazione Apostolica postsinodale Verbum Domini, vorrei presentare alcune proposte di animazione liturgica per le cappellanie aeroportuali al fine di favorire una sempre maggiore familiarità con la Parola di Dio. Non escludo che siano già in atto in alcuni aeroporti.
a) La celebrazione della Parola nella cappella aeroportuale. Questo tempo è un’occasione privilegiata di incontro con il Signore, particolarmente significativa in preparazione della Celebrazione eucaristica domenicale o festiva. Ovviamente, nei giorni di precetto festivo tale celebrazione non sostituisce l’Eucaristia. Tuttavia, se la Celebrazione eucaristica risulta impossibile per la scarsità di sacerdoti, si raccomanda fortemente la celebrazione della Parola di Dio. Occorre però assicurare, per quanto è possibile, che l’Eucaristia sia celebrata nella cappella aeroportuale nel giorno pre-festivo.
Anche nei tempi in cui non si svolge una celebrazione liturgica, è bene dare nella cappella aeroportuale un posto visibile e di onore al libro che contiene la Parola di Dio, senza togliere la centralità al tabernacolo con il Santissimo Sacramento.
b) La Parola e il silenzio nella cappella d’aeroporto. Giovanni Paolo II ha definito la cappella aeroportuale il “centro spirituale” dell’aeroporto, dove Cristo parla ai cuori nel silenzio[9]. “La parola – come afferma la Verbum Dei – può essere pronunciata e udita solamente nel silenzio, esteriore ed interiore” (VD 66). Quindi, “è necessario educare il Popolo di Dio al valore del silenzio. Riscoprire la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa vuol dire anche riscoprire il senso del raccoglimento e della quiete interiore” (ibidem). La liturgia della Parola, perciò, deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione, dove il silenzio, quando previsto, si considera parte della celebrazione (cfr. VD 66).
c) Testi biblici e liturgia. Nelle celebrazioni liturgiche, anche in quelle svolte nelle cappelle degli aeroporti, le letture tratte dalla Sacra Scrittura non devono essere mai sostituite con altri testi, pur significativi dal punto di vista pastorale o spirituale. Altri testi, infatti, non possono mai “raggiungere il valore e la ricchezza contenuta nella Sacra Scrittura che è Parola di Dio” (VD 69). I canti nei momenti previsti saranno preferibilmente di chiara ispirazione biblica (VD 70).
e) La liturgia per chi è in difficoltà. Per quanto è possibile, occorre rivolgere un’attenzione particolare a coloro che hanno difficoltà a partecipare attivamente alla liturgia nella cappella aeroportuale, come i non vedenti e i non udenti, cercando di mettere a loro disposizione strumenti adatti.
Conclusione
Vorrei concludere con l’affermazione che “l’annuncio della Parola crea comunione e realizza la gioia. Si tratta di una gioia profonda che scaturisce dal cuore stesso della vita trinitaria e che si comunica a noi nel Figlio. Si tratta della gioia come dono ineffabile che il mondo non può dare” (VD 123). Facciamoci comunicatori gioiosi del Vangelo perché arrivi ai cuori delle persone e a tutte le “periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali”[10].
Auguro la pienezza di questa gioia a voi e a tutti i membri delle vostre cappellanie, come pure a tutte le persone coinvolte nel mondo dell’Aviazione Civile affidate alla vostra cura.
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NOTE
[1] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al XV Seminario mondiale dei Cappellani cattolici dell’aviazione civile e dei Membri delle cappellanie aeroportuali, Vaticano, 11 giugno 2012.
[2] Benedetto XVI, Esortazione Apostolica postsinodale Verbum Domini, 30 settembre 2010, n.93. In seguito si userà l’abbreviazione VD.
[3] Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Dei verbum, 18 novembre 1965, 2.
[4] Credo Nicenocostantipolitano: DS 150.
[5] San Bernardo di Chiaravalle, Homilia super Missus est, IV, 11: PL 183, 86 B.
[6] Francesco, Omelia in Piazza San Pietro, 19 marzo 2013.
[7] Paolo VI, Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, n. 41.
[8] Citato dal quotidiano Avvenire, 27 marzo 2013, p. 3.
[9] Cfr. Giovanni Paolo II, Omelia all’Aeroporto di Roma-Fiumicino, 10 dicembre 1991, n. 6.
[10] Francesco, Omelia a Piazza San Pietro, 19 marzo 2013.