“Tu ti chiamerai Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Matteo 16, 18). Questa celebre frase fu pronunciata da Gesù quando incontrò Simone per la prima volta. L’intento di Gesù è quello di dare una futura guida alla Sua Chiesa e per farlo sceglie Simone che da quel momento in poi si sarebbe chiamato Kefas e cioè ‘pietra’ ‘roccia’ (poi trasformato in ‘Pietro’) attraverso il quale Gesù avrebbe dato continuazione all’opera da Lui iniziata.
L’apostolo Pietro adempirà alla profezia di Gesù facendosi martirizzare sul colle Vaticano sotto l’impero di Nerone tra il 64 e il 67 d.C. Secondo la tradizione venne catturato e rinchiuso nel carcere Mamertino insieme all’Apostolo Paolo. Qui convertirono i loro carcerieri (i Santi Processo e Martiniano) che furono battezzati con l’acqua fatta scaturire da Pietro (mediante segno della Croce) dalla Rupe Tarpea. Appena battezzati i carcerieri tentarono di far fuggire i due apostoli ma vennero scoperti e giustiziati. Seppur quanto narrato affonda le sue radici nella tradizione leggendaria (dunque con pochi fondamenti storici), resta il dato concreto della fondazione della chiesa di San Pietro in Carcere voluta da papa Silvestro I sul luogo della prigionia degli apostoli fin dal IV secolo, a testimoniare l’arcaicità della tradizione.
In seguito Pietro riescì comunque a fuggire dal carcere e prima di giungere presso la via consolare Appia (l’attuale via Appia Antica) dove ebbe la visione di Gesù che lo invita a rientrare in città, transitò nei pressi dell’area che in seguito verrà occupata dalle terme di Caracalla (al tempo c’erano horti, ville e giardini) perde la fascia alla gamba (attualmente conservata presso la Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo) e per questo il luogo sacro venne anche detto ‘in fascicola’. Tornato a Roma venne nuovamente catturato dai soldati di Nerone e crocifisso, per sua stessa richiesta, a testa in giù. La data della crocifissione è piuttosto controversa. Alcuni studiosi antichi ritengono sia avvenuta nel 64 d.C., mentre altri la fanno slittare al 29 giugno del 67 d.C. contemporaneamente al martirio di S. Paolo.
Come precedentemente accennato, ci sono due tradizioni legate al luogo preciso in cui l’apostolo venne martirizzato. La prima ritiene si sia svolto tra due grandi monumenti sepolcrali (la Meta Romuli e il Terebinthus Neronis) nei pressi dell’area ‘necropolare’ del colle, mentre la seconda sostiene che sia stato martirizzato all’interno del circo di Caligola, una cui parte dei resti sono attualmente conservati sotto la navata sinistra della Basilica.
Il tratto della necropoli vaticana che ospita la tomba di Pietro si trova in corrispondenza della navata centrale della Basilica Vaticana e la tomba in corrispondenza dell’altare posto al di sotto del Baldacchino realizzato dal Bernini. Nonostante l’attribuzione della tomba nella Necropoli Vaticana in seguito alla scoperta avvenuta nel 1953 ad opera della studiosa Margherita Guarducci, ci sono alcune difficoltà nel ricostruire il quadro storico degli eventi tra il martirio e la collocazione definitiva dei suoi resti. L’ipotesi più accreditata è quella che ritiene che i resti di Pietro vennero sepolti non lontani dal luogo del martirio, soprattutto per creare quel legame tra la sepoltura e il luogo ‘di sofferenza’ dell’apostolo. E’ anche possibile ipotizzare che venne sepolto in un terreno di proprietà di persone compiacenti le quali, se non proprio dichiaratamente cristiane (sarebbe stato sicuramente pericoloso per loro esporsi, soprattutto in un’epoca in cui i cristiani erano chiaramente osteggiati), quantomeno erano accondiscendenti. Il corpo venne deposto all’interno di un sarcofago collocato in una cripta, probabilmente situata lungo la vicina via Cornelia. I resti dei due apostoli (pare che anche quelli dell’Apostolo Paolo trovarono identica ed attigua sistemazione) vennero traslate nel 258 durante l’impero di Gallieno, in quanto la loro conservazione era messa in pericolo dal potere centrale. Si narra che le reliquie vennero segretamente traslate nottetempo e trasportate presso le catacombe di San Sebastiano che le custodirono fino a quando vennero nuovamente trasferite (quelle di Pietro vennero riportate in Vaticano mentre quelle di Paolo portate in via Ostiense).
L’ipotesi però scricchiola non poco. Ci si chiede infatti perché ostentare con un mausoleo sotterraneo la presenza dei corpi dei due martiri e soprattutto appare molto improbabile la traslazione delle reliquie per poi spostarle nuovamente. Questo tipo di tradizione è probabilmente spinta dal ritenere l’elemento cristiano sempre presente e ruotante intorno alle reliquie degli Apostoli, anche nei periodi di persecuzione dove la loro presenza sarebbe stata praticamente impossibile.
Si presume in realtà che dopo essere stato martirizzato, l’Apostolo Pietro venne deposto in una tomba semi-anonima nei pressi del circo di Caligola e soltanto intorno alla metà del II secolo le reliquie vennero trasferite all’interno di un piccolo monumento funerario chiamato ‘edicola di Gaio’ dove vi rimasero fino all’atto della scoperta, celate e protette dalle successive edificazioni.
(La prima parte è stata pubblicata sabato 6 aprile. La terza puntata verrà pubblicata sabato 20 aprile)
* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.