Stimmate di amore

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio / II Domenica di Pasqua (della Divina Misericordia)

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Lettura

È da Patmos che ci giunge, oggi, una voce potente. È di conforto ai tanti cristiani che in varie parti del mondo rischiano la vita nel partecipare alla Mensa. A loro, Giovanni, dice: “Non temere!”. Il cammino di fede si fa forza e gioia di un incontro decisivo, che cambia la vita. Come Tommaso apostolo. Non incredulo, ma appassionato ricercatore della vita. Escluso, di fatto, dal gruppo, lancia una sfida tagliente: “Se non vedo, se non tocco, non credo”. Gesù però accoglie la sfida: “guarda, stendi e metti”. È l’itinerario della vita, specie nell’Anno della Fede. Le mani penetrano e le ferite si aprono. Nel passaggio di Pietro, tra la gente, tutti allora venivano guariti.

Meditazione

In questo vangelo vediamo come il nostro cuore batte con il ritmo del Risorto, che viene a stare in mezzo alla nostra difficoltà di credere e dentro la debolezza della nostra fede. È l’episodio più commuovente. L’apostolo Tommaso ci rappresenta tutti. Increduli, ma al tempo stesso bisognosi di credere. Il nascondiglio dove si trovavano i discepoli presi da paura non è altro che il nostro timore di non farcela, di non riuscire a vincere la tristezza, di affrontare le persecuzioni del mondo. Ma Gesù entra a porte chiuse e soffia lo Spirito Santo. È l’andare oltre. È la luce che penetra nella nostra sfiducia, nella nostra angoscia. È il cielo che viene a baciare la terra. È la misericordia di Dio che si versa nell’Umanità. Il Signore Gesù, il Risorto, non ha limiti, non ha confini, non teme le porte chiuse del cenacolo. Le spalanca, le attraversa, le supera. Anche se trova chiuso, Gesù non se ne va. Rimane ad aspettare. Ci lascia tutto il tempo necessario. Ci viene a recuperare dalla morsa mortale della paura e ci ammette al coraggio di accoglierlo. Ci permette di sentirlo tutto nostro, di renderci conto che aveva portato a termine la sua missione, fino a lasciarci conficcare il dito della nostra sete di Lui nelle sue pieghe, che da ferite divengono feritoie. È l’oltre che ci deve sostenere e animare a conquistare la vita, a non arrenderci di fronte alle porte chiuse, sbarrate dal male. È alla sua pace che dobbiamo stringerci. È Lui che ci dice di tendere la nostra mano per afferrare la sua e passare oltre le minacce che insidiano la nostra fede in Lui, oltre, cioè, lo stagno di una fede tiepida, che si limita a cercare segni immediati o a soddisfare i soli desideri umani del cuore. Beato allora chi dirà con amore: Mio Signore e mio Dio!

Preghiera

«Plagas sicut Thomas… Come Tommaso, o Signore, non vedo piaghe, eppure ti confesso, mio Dio. Fa’che s’accresca sempre più in me la fede in te, la mia speranza e il mio amore per te» (dall’Adoro Te devote).

Agire

Guarisci le tue ferite non nascondendole, ma imparando, da Tommaso, a trasformarle nell’incontro con Cristo, per esserne guariti. 

Meditazione del giorno a cura di monsignor GianCarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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