Anche se il mondo moderno corre, la croce rimane sempre lì

Una riflessione sulla dodicesima stazione della Via Crucis

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Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

Nessuno, una volta posato lo sguardo su queste righe del Vangelo, può rimanere indifferente innanzi alla grandezza che esse esprimono. La morte di Gesù non costituisce soltanto l’archetipo di un atto eroico destinato a riproporsi costantemente nel corso della storia, ovverosia quello dell’uomo che affronta il dolore, e che giunge fino a dare “la vita per i propri amici”. La morte di Gesù, come qui annota San Giovanni Evangelista, sancisce il compimento della Scrittura.

A Gerusalemme, in quel venerdì che divenne santo, si adempie ciò che di più alto e profondo il mondo abbia mai conosciuto, qualcosa che sfugge alla visione sensibile e che a me, uomo dell’oggi, così disabituato a staccarmi dal frastuono quotidiano, è oltremodo difficile descrivere.

Sotto un tetro cielo di tenebre, che sembra lo specchio delle angosce di chi assiste ai piedi della Croce, Nostro Signore “consegnò lo spirito”. È così che Dio entra nella relazione più intima con tutti noi, facendosi carico delle nostre sofferenze mediante la morte. È così che il suo amore nei nostri confronti si dimostra purissimo. Per giunta gratuito, fonte d’acqua inesauribile, che nei secoli dei secoli ci offre di bagnare le nostre aridità. E, attraverso questo gesto, di farci rinascere ogni volta come uomini e donne nuovi, risanati dalla misericordia divina.

Grazie alla Croce, l’uomo cessa di pretendersi misura di se stesso, di sgomitare, di sopraffare, di elucubrare tesi e ideologie che possano rivelarsi il guado di salvezza. No, tutto questo è tempo sprecato dietro all’effimero e alla vanità. Solo la Croce può salvarci. Quella Croce, simbolo allo stesso tempo umile e maestoso, che racchiude un mistero di gloria che lascia attoniti anche i più scettici.

Se il mondo moderno corre sempre più veloce, preda di frenesie caduche, la Croce rimane sempre lì. Disponibile a catturarci lo sguardo e il cuore, sottraendo quest’ultimo a quelle gabbie mentali cui noi stessi, sovente, lo condanniamo.

E dunque, vogliamo bene a noi stessi: chiniamo anche noi il capo, facciamolo innanzi alla Croce, unica a poter trasmettere valori eterni, pietra angolare su cui poter costruire le nostre vite di cristiani e la nostra società.

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Federico Cenci

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