Nella lettura della Passione del Signore (Lc 22,14 – 23,56), proclamata l’altro ieri nella liturgia della Domenica delle Palme, abbiamo ascoltato le parole di Gesù a Pietro: “Simone… ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta, convertito, conferma i tuoi fratelli”.
Il Maestro ha pregato per la Fede di Pietro, per la Fede della Chiesa e specialmente per chi, nella Chiesa stessa, avrebbe avuto, nel corso dei secoli, la missione di custodire integro il deposito della Rivelazione, confermando i discepoli del Signore nella fedeltà al Simbolo apostolico.
La festa della “Annunciazione del Signore” di ieri (che quest’anno viene posticipata, nella sua celebrazione, all’8 di aprile, per la concomitanza del 25 marzo con la Settimana Santa) tra i tanti spunti di riflessione, che immancabilmente suggerisce, sembra in particolare introdurci nel mistero della Fede di Maria Santissima, beata proprio per aver creduto – come esclama la parente Elisabetta – e per essersi sempre aperta, totalmente e senza riserve, agli appelli e alle richieste del Cielo. Tutta la sua vita è una libera e cordiale risposta alle esigenze della Grazia, che ha in Lei prodotto il frutto più bello: l’Incarnazione del Figlio stesso di Dio, concepito nel proprio seno, accolto con infinito amore e donato all’umanità, come segno vivo e santo della nuova ed eterna Alleanza.
La Vergine Maria crede, donando il pieno e incondizionato ossequio – della mente, del cuore, della volontà – a Dio che si rivela. Crede, amando Colui che la rende partecipe del suo progetto di Salvezza e accettando umilmente anche le modalità, spesso imprevedibili, attraverso cui il Signore opera nella Storia. Crede anche quando la Fede la conduce a incontrare la prova, la fatica, il buio della incomprensione e del dolore. Nella sua vicenda umana, Ella aderisce, consapevolmente e liberamente, ai passaggi più impegnativi, sorretta proprio dalla sua Fede incrollabile nella assoluta “credibilità” e affidabilità di Dio, che tutto orienta per il bene vero e definitivo dei suoi figli.
Questo non significa certo che Maria Santissima – essendo immagine viva della Chiesa e realizzando, senza dubbio, la risposta più profonda e più autentica al Vangelo – non abbia percorso la via di una sincera comprensione del Mistero vissuto, non abbia cercato una risposta sempre più “intelligente” – quindi sempre più autenticamente umana – alle proposte di Jahvé. La sua Fede non sfocia mai nella facile credulità, nella ingenua e sprovveduta adesione a un piano irragionevole. Ella crede, ma “chiede ragione” del suo “sì”, approfondendo sempre di più, nella carità, la sua adesione a Dio. “Come è possibile” – chiede all’Angelo – “non conosco uomo”. Come a dire: mi fido totalmente del Signore; ma, umilmente, domando ragione di ciò che sembra contraddire la natura delle cose – il proposito di verginità, offerta come integrità del cuore, che desidera appartenere unicamente al suo Dio, con amore indiviso -.
In questo breve passaggio e nella risposta dell’Angelo è racchiuso, anche per noi, il metodo genuino e santo che deve ispirare i nostri passi, che deve sostenere la ricerca teologica nella Chiesa, l’approfondimento delle Verità proposte ai credenti. Non prevalga né la grossolana e facile contestazione, né la pretesa – colma di orgoglio – di tracciare da sé criteri, orientamenti e soluzioni (secondo “mode” transitorie, presunte geniali intuizioni o, peggio, ammiccamenti alle ideologie via via imperanti) ma la genuina “ambizione” di lasciarsi docilmente guidare dall’alto, per scoprire, con crescente stupore, la bellezza inesauribile della Grazia. Essere “maturi” –o “adulti”, come talora si dice- nella Fede, vuol dire in realtà amare la Verità, aprirsi ad essa, ma dentro il respiro della Chiesa, animata e “innervata” dallo Spirito Santo e saggiamente guidata da una Autorità e da un Magistero, che è anzitutto servizio alla Verità; significa “amare ciò che si crede” e domandare, nella preghiera, luce e chiarezza di fronte ai ricorrenti “nodi” della vita. La riflessione -personale o “ecclesiale”- non può mai prescindere, dunque, da questo irrinunciabile riferimento alla Comunità dei discepoli del Signore, perché soltanto “in essa” si ritrovano tutti gli strumenti e tutti gli aiuti necessari per penetrare il Mistero e soltanto “per essa” – per il bene, cioè, e per il progresso di tutti – è legittimo, anzi doveroso, proseguire nella ricerca, interrogare gli eventi, crescere nella “intelligenza” della Fede.
Beata te, che hai creduto! Beata te, perché, credendo, hai fatto un dono a tutta la Chiesa, non solo proponendoti come modello nella Fede, ma perché, come canale vivo della Grazia, fai fluire nel cuore dei tuoi figli la luce e la forza della Rivelazione. Beata te, o Maria, perché, credendo e aderendo, senza riserva alcuna, al disegno di Dio, ci insegni la fecondità di una Fede vivace, aperta, sapientemente ricca in umanità, ma che sa essere anche rispettosa – di Dio e di chi lo rappresenta in terra – e custode sollecita e appassionata dei tanti tesori ricevuti dal Cielo. Beata te, perché, maternamente, ci fai partecipi della tua stessa vita di Grazia e del Mistero di Cristo, che con amore hai accolto nel Cuore e che a noi continuamente e generosamente doni.