La domenica della Palme è il giorno solenne del memoriale del sacrificio di Cristo.
Anche se questo sacrificio di amore è stato compiuto duemila anni fa dal Figlio di Dio, i suoi benefici valgono per l’umanità di tutti i tempi, ed arrivano ai nostri giorni seguendo il corso della storia.
In virtù di quel sacrificio salvifico operato da Cristo, ogni cristiano ha la possibilità di vivere la dimensione del sacrificio nella propria vita.
In questo giorno, che apre la settimana santa, vorremmo meditare sul senso del sacrificio.
Il primo sacrificio, a cui siamo chiamati tutti i giorni, è il sacrificio di lode.
Il lodare Dio, il ringraziare Gesù Cristo, il benedire lo Spirito Santo, è una attitudine sempre più rara ai nostri tempi, perchè l’uomo di oggi si ritiene il solo grande artefice dei progressi scientifici e tecnologici. Con questa mentalità secolarista l’uomo spodesta Dio dal centro del mondo. Con questa visione così limitata, l’uomo è portato a non ringraziare Dio, ma ad osannare se stesso per tutte le sue capacità intellettive e attuative.
La nostra mentalità secolarista ci induce ad attribuire a noi stessi il merito del nostro lavoro, come se fosse solo opera nostra. Ma in realtà domandiamoci se è proprio così, o se questo pensarci autosufficenti, capaci da soli di raggiungere qualunque traguardo, possa essere, invece, un frutto velenoso della nostro orgoglio, della nostra superbia, del nostro “io”.
Ogni opera nasce da una idea, da una intuizione. E tutte le opere di bene sono suscitate da Dio che è l’origine, il prinicipio di tutto ciò che è bene, buono e bello nel nostro mondo.
E allora diventa quasi doveroso il ringraziamento a Dio che ridona nuove energie spirituali per vivere sempre meglio il nostro impegno. Lodare Dio, rendere grazie all’Altissimo, ci porta ad essere più umili, più semplici, perchè ci libera dalla superbia di noi stessi, dalla sopravalutazione del nostro essere. E così avviene che sentendoci più piccoli, Dio agisce in noi compiendo opere grandi.
Dire a nostro Padre un “grazie” dal profondo del nostro cuore, ci aiuta ad apprezzare sempre più quello che abbiamo e a vincere l’idolatria del consumismo e dell’egocentrismo,
Il sacrificio di lode, compiuto con la retta intenzione di riconoscere la preziosità di quello di cui già si dispone, ha la capacità di invertire la rotta del nostro desiderio, perchè modifica l’orientamento del nostro cuore dalla direzione del consumismo a quella della condivisione.
La lode a Dio non porta solo a vedere quello che già si ha, ma a riconoscere quello che l’altro non dispone, e di cui avrebbe tremendo bisogno. E quando si parla di riconoscere il bisogno dell’altro, non dobbiamo intendere sole le cose materiali, ma anche le esortazioni, glii orientamenti che possono migliorare la vita spirituale di una persona.
Il secondo sacrificio su cui è utile riflettere è il sacrificio di comnunione.
Il mondo in cui viviamo è formato sempre più da persone sole. Il nucleo familiare si sta sempre più sfaldando in virtù di un presunto desiderio di autononia, in nome di un bisogno sempre più esigente di indipendenza e di autovalorizzazione.
Ma davanti a questa ricerca esclusiva del proprio interesse, possiamo rispondere con semplici domande. Forse la famiglia non è un luogo ideale dove poter esprimere la totalità della propria persona? Il marito e moglie non trovano la loro propria autonomia nella reciproca relazione con l’altro? La paternità e la maternità non sono forse un mezzo di realizzazione attraverso il compimento del nobile servizio educativo?
Mantenere la comunione all’interno della famiglia, della parrocchia, della sfera delle amicizie, non sempre è facile, ma richiede continui sacrifici. Un marito e una moglie che hanno compiuto le nozze d’oro potrebbero benissimo parlare di tante gioie, ma anche del sacrificio di una vita sempre insieme malgrado le tante incomprensioni, litigi, delusioni.
La comunione, pertanto, è sicuramente un sacrificio da mantenere, ma è anche una missione vitale che dona immensa gioia.
Non dobbiamo dimenticare che la vera comunione con Dio e con il prossimo, non è solo il frutto dello sforzo compiuto da noi stessi. La comunione è soprattutto opera di quel dono che riceviamo da Dio e dalla Chiesa quando partecipiamo al Sacramento dell’Euracrestia, la forma più alta di ringraziamento e comunione con Dio e con il prossimo.
L’ultimo sacrificio è quello spirituale.
A proposito di questo sacrificio che nasce dal culto spirituale, da culto del Logos, dal culto della Verbo di Dio, leggiamo le parole dell’Apostolo Paolo nella Lettera ai Romani:
“Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.” (Rm 12,1-2)
Leggendo queste parole vengono subito in mente tanti sacrifici inutili, che portano solo “frutti acerbi”: fare tardi tutte le sere in ufficio in previsione di una carriera futura, dedicare molto tempo alla palestra per la cura eccessiva del proprio corpo, seguire cure dimagranti o estetiche per sentirsi sempre più in forma.
Questi sono veri e propri sacrifici, perchè comportano tante rinunzie, tante privazioni. Sono tutti sacrifici “esteriori” inerenti alla sfera materiale del benessere e dell’apparire.
Dobbiamo domandarci se, il troppo pensare alla esteriorità e all’arricchimento materiale, possa costituire un rischio di trascurare la vita spirituale intesa come una relazione intima con il Logos, come una comunione di vita con il Verbo di Dio che desidera continuamente sostenere ogni nostra parola e gesto.
Offrire il proprio corpo come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio significa concretamente amare la moglie o il marito, educare i figli, rimanere vicino ai malati, dare conforto ai più deboli, riservare ogni giorno uno spazio e un tempo alla preghiera, alla meditazione, alla comteplazione.
Solo soffermandoci quotidianamente nello spazio senza confini della riflessione della Parola di Dio, possiamo curare i nostri pensieri malsani e discernere la volontà di Dio. Solo riservando i giusti spazi all’ascolto e al dialogo con Dio, possiamo riconoscere dove siamo stati travolti dalla mentalità indifferentista e utilitaristica dei nostri tempi.
Solo così possiamo ogni giorno proseguire un cammino di rinnovamento del cuore.
Riflettendo su questi sacrifici, ci avviamo a vivere la settimana santa, la settimana che ci prepara alla gioia della fede, alla comunione con Dio, alla lode a Dio, ad essere autentici testimoni della resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.