Recentemente Chiara Mantovani, in un articolo pubblicato da Zenit, ha messo in evidenza che la Conferenza Episcopale Spagnola ha preso posizione nei confronti dell’ideologia del gender, ricordando che “Maschio e femmina li creò” (Gen 1,27)[1] e che “la creazione dell’essere umano nella dualità dei sessi [manifesta] il significato assiologico della sessualità: l’uomo è per la donna e lei è per l’uomo, e i genitori per i figli. La differenza sessuale è indicativa della complementarietà reciproca e orientata alla comunicazione: per sentire, esprimere e vivere l’amore umano, aprendosi ad una maggiore pienezza”[2].
I Vescovi, sul fondamento dell’antropologia cristiana, hanno evidenziato che l’ideologia del gender conduce alla “separazione della sessualità dalla persona: non più maschio e femmina, il sesso sarebbe un dato anatomico senza rilevanza antropologica. In questo modo il corpo non parlerebbe più della persona, della complementarietà sessuale che esprime la vocazione alla donazione reciproca, la vocazione all’amore. Così, ciascuno potrebbe definirsi sessualmente secondo il proprio desiderio”[3].
Quale accoglienza potrà avere questo documento nella Chiesa e nella società civile? Certamente i cattolici che ascoltano il magistero ecclesiastico si riconosceranno pienamente in ciò che dicono i Vescovi, ma i cattolici “progressisti” che reazione avranno? I teologi cosa diranno? L’opinione pubblica in generale cosa penserà?
Di fatto i Vescovi difendono l’antropologia cristiana, così come è stata tramandata dalla tradizione della Chiesa.
Ma oggi molti accusano la Chiesa di avere una visione dell’uomo arcaica, “medioevale”, connotando con questo temine il “secolo buio”, in cui l’Europa era oppressa dal potere della Chiesa e attendeva con ansia la liberazione futura che sarebbe arrivata con l’avvento del Rinascimento e dell’Illuminismo.
Ai critici si può far notare che l’antropologia cristiana è stata elaborata nel corso dei secoli, sul piano puramente razionale, a partire da Boezio e ha raggiunto il suo apice con la riflessione filosofica di San Tommaso d’Aquino, il cui pensiero se era vero ieri è vero anche oggi, perché la verità è in se stessa assoluta e immutabile.
Questa ultima affermazione è rifiutata nell’epoca della dittatura del relativismo, perché, come ci ricorda Marquard un maître à penser della filosofia post moderna, “la verità non esiste [e] la scepsi non consiste nel non sostenere nessuna tesi, bensì nel sostenere volta a volta molte tesi”[4].
L’essenziale è dialogare perché, come afferma Vattimo, il padre del “pensiero debole”, “il valore universale di un’affermazione si costruisce costruendo il consenso nel dialogo, non pretendendo di avere il diritto al consenso perché abbiamo la verità assoluta”[5].
La verità assoluta non esiste semplicemente perché non esiste la realtà, ma si danno soltanto “interpretazioni” della realtà. Vattimo ripete spesso nelle sue opere questo enunciato di Nietzsche: “non ci sono fatti, solo interpretazioni” e aggiunge che questo “non è un enunciato metafisico oggettivo. Anche questo è «solo» un’interpretazione”[6].
Il filosofo sottolinea che l’essere umano è impossibilitato a conoscere oggettivamente e veramente la realtà, perché ognuno interpreta le cose dal proprio punto di vista soggettivo, condizionato dal contesto storico-culturale in cui vive.
Il vero e il falso, il giusto e l’ingiusto, il bene e il male non dipende dalla realtà che non esiste, ma dal consenso che gli uomini raggiungono tra di loro. Infatti Vattimo, ispirandosi a Heidegger, dice: “La realtà […] ha ancora un significato in Heidegger, ma è solo il risultato del dialogo storico tra le persone; non siamo d’accordo perché abbiamo trovato l’essenza della realtà, ma diciamo che abbiamo trovato l’essenza della realtà quando siamo d’accordo”[7].
Questo modo di pensare è oggi molto diffuso tra la popolazione ed è entrato anche nella Chiesa.
San Tommaso, il teologo più autorevole della Chiesa Cattolica, ha dimostrato razionalmente che Dio è l’Essere per se sussistente, creatore di tutte le cose, evidenziando che la ragione conferma quanto rivelato nel libro dell’Esodo: “Dio disse a Mosè: «Io sono Colui che sono!»”[8].
Il significato del termine essere è oggi fortemente depotenziato perché, come afferma Vattimo, “l’essere è evento, qualcosa che accade”[9]. Il pensiero di Heidegger, secondo il quale l’essere è “evento” (Ereignis), è di fatto condiviso da gran parte della popolazione, anche se non ha mai studiato filosofia.
Molti di fatto pensano che “l’essere […] è caratterizzato intensamente in termini storici”[10], infatti si sostiene che ciò che era valido ieri non è più valido oggi: un tempo il matrimonio era indissolubile e oggi non lo è più, una volta l’aborto era un omicidio oggi è considerato da alcuni un diritto delle donne, fino a qualche decennio fa i generi sessuali erano due e oggi sono in continuo divenire, eccetera.
La Chiesa, se vuole essere ascoltata dal mondo della cultura e in generale dall’opinione pubblica, dovrebbe imparare a ricercare il consenso riguardo alle proprie posizioni dialogando con tutti, senza presumere di possedere la verità.
Si accusa frequentemente la Chiesa di possedere la verità e di volerla imporre agli altri, quando invece è la Verità che possiede la Chiesa, perché essa è il Corpo di Cristo, e Cristo, vero uomo e vero Dio, è via, verità e vita.
La Chiesa non può rinunciare ad annunciare la Verità perché ad essa è consacrata e ha anche il compito di rischiarare il lume della ragione di tante persone che, “portate qua e là da qualsiasi vento di dottrina”[11], brancolano nel buio. Lo studio aggiornato della metafisica realista potrebbe aiutare soprattutto le giovani generazioni ad acquisire la consapevolezza che Dio, come ha dotato l’essere umano della vista per vedere e dell’udito per sentire, lo ha anche reso partecipe della sua natura divina donandogli la ragione per conoscere la verità.
*
NOTE
[1] Conferencia Episcopal Española, La verdad del amor humano. Orientaciones sobre el amor conyugal, la ideología de género y la legislación familiar.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] O. Marquard, Apologia del caso, Il Mulino, Bologna 1991, p. 84.
[5] G. Vattimo, Dopo la cristianità, Garzanti, Milano 2002, p. 8.
[6] Idem, L’età dell’interpretazione, in “Eidos”, 1 (2003), p. 17.
[7] Idem, Quale futuro aspetta la religione dopo la metafisica?, in R. Rorty, G. Vattimo, Il futuro della religione. Solidarietà, carità, ironia, a cura di S. Zabala, Garzanti, Milano 2005, p. 63.
[8] Es 3,14.
[9] G. Vattimo, Quale futuro aspetta la religione dopo la metafisica? in op. cit., p. 66.
[10] Idem, L’età dell’interpretazione, in cit., p. 47.
[11] Ef 4, 14.