Naturalmente, subito dopo la tanto attesa “fumata bianca”, tanti hanno scoperto di avere sempre conosciuto e stimato il cardinale Bergoglio e di averne in qualche modo previsto la elezione. In realtà – a parte qualche rara e illuminata eccezione – altri nomi circolavano con insistenza, prima e durante il Conclave. Nelle varie agenzie di informazione si alimentava la consueta e curiosa girandola di ipotesi e di anticipazioni, che sembrano ridurre tutto, sempre e immancabilmente, ai consueti e ovvi “giochi di potere”, imprigionando lo Spirito Santo in confini troppo angusti e “mondani”.
Dentro la confusa e contraddittoria realtà del nostro tempo, il Signore stava invece disponendo un cuore, lungo gli anni, perché si preparasse ad abbracciare l’altissima missione di essere suo Vicario in terra, raccogliendo la non facile eredità lasciata da due straordinari Pontefici, Papa Wojtyla e Papa Ratzinger. Nel felice solco dei suoi predecessori, e con una impronta del tutto originale, Papa Francesco si è imposto all’affetto di tutti e si è posto subito “al lavoro”, definendo, fin dalle prime battute – compresa la scelta del nome – le linee portanti del suo ministero.
Dio ha messo in campo, verrebbe da dire, anche in questo Conclave, le sue forze migliori. La Provvidenza divina opera così: dissoda il terreno, pota, vivifica con l’acqua della Grazia e accompagna, silenziosamente ed efficacemente, il percorso di un’anima, affinché possa accogliere il compito tanto impegnativo e gravoso di guidare la Chiesa. Al Signore interessa una cosa sola: la salvezza dell’uomo; e, per questo fine, con inesauribile fantasia, suscita nuove e inattese risposte alle necessità di ogni epoca.
Ancora una volta, dunque, lo Spirito Santo ha “spiazzato” tutti, capovolgendo pronostici e previsioni. Anche la coraggiosa decisione del Papa di scegliere il nome del Santo di Assisi ha sorpreso il mondo, generando non pochi entusiasmi e ampie attese, prospettando una Chiesa più evangelicamente povera, essenziale, vicina agli ultimi e capace di affascinare il mondo con la sola forza di una testimonianza credibile.
Certamente il riferimento a San Francesco va compreso nella sua autentica luce, liberandoci dalle ricorrenti e insopportabili “caricature” e riletture, via via pseudo-ecologiste, rivoluzionarie o “buoniste”, che delineano la fisionomia di un Santo che non è mai esistito, se non nella fantasia dei posteri… Uomo dei poveri, ma prima di tutto austero ed esigente con se stesso, il figlio di Bernardone ebbe una chiamata dall’alto che racchiudeva un appello urgente e improrogabile: va’,ripara la mia casa, che come vedi va tutta in rovina… Conosciamo il seguito della vicenda ed è noto l’impegno profuso da Francesco nel riparare l’antica Chiesa di san Damiano, ormai fatiscente. Piano piano, però, si fece sempre più chiaro, nel suo animo, che ben altra missione lo attendeva, estremamente più importante ed essenziale: ricondurre la Chiesa alla sua verità, ripararne alla radice i mali, per rinnovarne il volto e restituirla così alla sua divina bellezza e fragranza.
Quest’opera, senza precedenti, di “nuova evangelizzazione”, fu affidata – in un’epoca, come sempre, segnata da mille infedeltà e da profonde contraddizioni – a un semplice uomo, disarmato e provvisto di un unico corredo: un amore incondizionato a Cristo, a cui conformò la vita fino a diventarne copia mirabile, perfino nel “segno” delle stigmate, impresse nel suo cuore e nelle sue membra.
Uomo di evangelica letizia – che non era frutto di una vaga libertà del cuore, ma procedeva piuttosto dalla Grazia e della amicizia del Signore – San Francesco riparò la Chiesa come pochi seppero mai fare, contestando però se stesso, lottando contro il suo egoismo e non concedendo nulla all’amor proprio, cercando in tutto e sempre la santa Volontà del Padre.
Papa Francesco si propone a noi in questa medesima luce evangelica, come vero Pastore, che sappia custodire integro il deposito della Fede e che sappia lottare per la difesa dei “principi non negoziabili”; che sappia dialogare con tutti, perché ha preso a cuore il disegno di Dio su tutti; che rappresenti Cristo in terra e che sappia parlare al cuore della gente, con il linguaggio semplicissimo ed esigente del Vangelo. Che incarni la vera povertà del cuore, come servizio, gratuità, difesa degli ultimi e dei più indifesi, a partire dal bimbo custodito nel grembo di sua madre. Che indichi la povertà prima di tutto come obbedienza, come rinuncia alla propria affermazione e alle proprie prospettive e apertura agli orizzonti imprevedibili e affascinanti della Grazia; povertà che renda prossimi ai poveri, perché sa misurarsi su Cristo povero, che spogliò se stesso per farci dono della sua inestimabile ricchezza.
Alla Vergine Salus Populi Romani, in Santa Maria Maggiore, il Papa ha consegnato il suo mandato e la sua missione, confermando la complementarietà, nella Chiesa, del ministero petrino e dell’anima mariana. Riferendosi a San Giuseppe, nel giorno in cui inaugurava ufficialmente il suo ministero, ha richiamato poi i tratti tipici della “fisionomia” cristiana: la custodia di se stessi, del prossimo e del Creato.
Fatima riassume tutte queste dimensione: l’affidamento al Cuore Immacolato, la sollecitudine per la santificazione propria e del prossimo, l’obbedienza fidente e cordiale alla persona del Santo Padre.
Riaffermiamo allora, con viva gratitudine, la nostra filiale adesione al successore di Pietro, nello spirito del celeste messaggio della “Cova da Iria”.
Padre Mario Piatti, icms, è direttore della rivista “Maria di Fatima”.