Un Consiglio Permanente più breve del solito, a soli due mesi di distanza dal precedente, in considerazione degli straordinari eventi che hanno rivoluzionato la Chiesa nelle ultime settimane.
La Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha concluso ieri i lavori del suo Consiglio Permanente (18-19 marzo 2013), con il pensiero rivolto all’insegnamento del papa emerito Benedetto XVI e all’impatto del nuovo pontefice Francesco.
Per l’occasione, la CEI ha diffuso una dichiarazione del presidente, il cardinale Angelo Bagnasco, che, commentando le parole chiave di papa Francesco durante la sua prima omelia, ha affermato: “Camminare esorta a non temere il grigiore dei tempi, ma ad avere il coraggio di andare avanti con fiducia e insieme”.
L’altro verbo menzionato dal Papa nel suo secondo giorno di pontificato è “edificare”: si tratta, ha commentato Bagnasco di un “richiamo alla purificazione” e a “non lavorare per se stessi ma per la Chiesa, riconoscendo il primato di Dio e trovando in Lui la verità che rende liberi e capaci, quindi di obbedienza”.
Il terzo verbo utilizzato dal Pontefice, “confessare”, richiama al “contenuto centrale dell’annuncio: il Signore Gesù, l’unico Salvatore, il Cristo Crocifisso, scandalo e stoltezza per un mondo che emargina – quando non sopprime – la vita debole e indifesa”.
In un messaggio inviato a papa Francesco, a conclusione dei lavori del Consiglio Permanente, i Vescovi italiani hanno evidenziato la “speciale sintonia” che lega l’episcopato italiano al suo Primate, il Romano Pontefice, e che li rende “testimoni privilegiati della Sua missione”.
Questo “attaccamento singolare” delle chiese italiane al Papa, “si è manifestato anche nel caloroso abbraccio con cui da subito il nostro popolo si è stretto a Lei, nel desiderio di vederLa, di stare un po’ con Lei, di pregare con Lei e per Lei, per le intenzioni del Suo cuore di pastore universale”, scrivono i Vescovi al Santo Padre.
I Vescovi italiani hanno poi manifestato di apprezzare, in modo particolare, il principio enunciato da Papa Francesco, secondo il quale “custodire è servire”, ovvero conformarsi sempre più al “mistero pasquale” di Gesù Cristo, “fino a farsi sua presenza tra gli uomini del nostro tempo”.
Il filiale auspicio rivolto al Santo Padre dai membri della CEI è a precederli “con mano ferma e paterna” e a richiamarli “a quella santità di vita che è vocazione di ogni battezzato”.
I presuli hanno poi concluso: “Ci additi l’unico orizzonte che racchiude il segreto dell’eterna primavera della Chiesa: quello che nel Cristo riconosce il Figlio del Dio vivente, la chiave del mistero sigillato della storia, l’immagine dell’uomo nuovo”.
Il passaggio da un pontificato all’altro è stata “un’esperienza di Chiesa viva”, anche nel momento drammatico e senza precedenti della rinuncia di Benedetto XVI, ha commentato il segretario generale della CEI, monsignor Mariano Crociata, durante la conferenza stampa a conclusione del Consiglio Permanente.
“Siamo di fronte a un nuovo inizio – ha proseguito il presule -. La vita della Chiesa è fatta sempre di nuovi inizi. Ogni giorno per il cristiano è un nuovo inizio. Ma quello vissuto in questi giorni è un nuovo inizio particolare, segnato dal passaggio da un Pontificato a un altro”.
Viviamo, quindi, in una Chiesa dotata di volontà e capacità di rispondere alla domanda su “quale sia il suo bene in questo momento”. Alla fase di smarrimento e tristezza per la fine del pontificato ratzingeriano, è seguito però l’entusiasmo per l’elezione del nuovo Papa, “che ha annunciato un nuovo cammino nelle prime parole e nei primi gesti”, ha commentato Crociata.
Il segretario generale della CEI ha poi raccontato: “Molti fratelli nell’episcopato mi hanno confidato che, dopo l’elezione di Papa Francesco, tante persone hanno chiesto di confessarsi”. È un pontificato, ha aggiunto Crociata, che inizia nel segno della “misericordia”, della “testimonianza”, e della “centralità di Cristo crocefisso”.
Interpellato da una giornalista sul concetto di “Chiesa povera”, auspicato da papa Bergoglio, monsignor Crociata ha risposto che si tratta di un “tema significativo”, in cui si coglie il “valore programmatico dell’attenzione alle fasce più deboli e più povere. Ne è un segno la decisione di celebrare i riti del giovedì santo in un carcere”.
La condivisione con i meno fortunati, tuttavia, “non nasce da un vago umanitarismo, né da filantropia”, ha aggiunto Crociata. Affermare una “Chiesa povera”, dunque, significa ribadire che “la ricchezza della Chiesa è Nostro Signore” e che “la presenza di Dio” è ciò che la caratterizza e “la libera da ogni dipendenza ed attaccamento improprio”.
Significativo è poi, ad avviso del segretario generale della CEI, il fatto che il Papa provenga “dal Sud del mondo, un luogo geografico ma anche una condizione sociale, unita ad un cattolicesimo vivo e fervoroso”.