Béchara Rai: "Il Libano non può sostenere il peso dei tanti rifugiati siriani"

Il patriarca maronita esprime ad ACS la sua preoccupazione per l’enorme numero di sfollati che cerca via di scampo nel Paese dei Cedri

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«Il Libano non può sostenere il peso dei tanti rifugiati siriani. Il nostro cuore e le nostre porte sono aperti, ma accogliere un simile numero di persone va oltre le nostre capacità sociali, economiche e politiche». In una conversazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre, avuta poco prima di partire per Roma e prendere parte al conclave, il cardinale Béchara Boutros Rai esprime la sua preoccupazione per l’enorme numero di siriani che continua a cercare una via di scampo nel Paese dei Cedri.

«Noi siamo appena quattro milioni di abitanti – spiega il patriarca maronita – e l’ingresso di rifugiati su così vasta scala non può che avere gravi conseguenze. Peraltro i siriani varcano il confine portando con sé il conflitto. Noi li sosteniamo al cento percento, ma dobbiamo preservare anche la nostra cultura». Le stime ufficiali parlano di circa 200mila profughi siriani in Libano. Ma è più probabile che siano circa 500mila, se non addirittura di un milione. In tanti, infatti, non si registrano presso le Nazioni Unite per paura che i loro dati e le loro fotografie siano diffusi.

Il cardinal Rai fa notare come nel suo Paese abbiano trovato rifugio anche 500mila palestinesi – «muniti di armi leggere e pesanti» – e ne ricorda il coinvolgimento nello scoppio della guerra civile. Nel 1975 i rifugiati palestinesi in Libano erano più di 300mila, tra cui diversi guerriglieri dell’OLP. «Li abbiamo accolti e loro hanno scatenato il conflitto. Appoggiamo la loro causa, ma non possiamo permettere che ci puntino le armi contro. E lo stesso vale per i siriani. Dobbiamo imparare dalla nostra storia».

Per il patriarca maronita è necessario creare in Siria delle aree sicure in cui accogliere gli sfollati. In questo modo si renderebbe più semplice un loro ritorno a casa al termine della guerra. Il cardinal Rai invita quindi la comunità internazionale a fare in modo che «governo e opposizione siriana si siedano al tavolo dei negoziati». Un tavolo a cui – secondo il porporato libanese – dovrebbe sedersi lo stesso Bashar al Assad. «Affinché non diventi un monologo, c’è bisogno di almeno due interlocutori. E chi può parlare a nome del governo se non il presidente?».

Il porporato è fermamente contrario alla possibilità che i Paesi occidentali favoriscano l’emigrazione cristiana dal Medio Oriente e in particolare dalla Siria. «Sarebbe un crimine contro il mondo arabo. I cristiani abitano queste terre sin dai tempi di nostro Signore Gesù Cristo. E hanno contribuito in modo determinante allo sviluppo della cultura araba. Il cristianesimo deve continuare ad aggiungere sapore al Medio Oriente. E se l’occidente vuole davvero aiutare i nostri fratelli siriani, deve porre fine al conflitto».

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ZENIT Staff

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