Gv 8,1-11
“In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise ad insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: ‘Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?’. Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: ‘Chi di voi è senza peccato Getti per primo la pietra contro di lei’. E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: ‘Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?’. Ed ella rispose: ‘Nessuno, Signore’. E Gesù disse: ‘Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più’.”.
Fil 3,8-14
“Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze,… perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù.”.
Oggi il Vangelo racconta una giornata memorabile vissuta da una donna particolare. Ecco il fatto: tutto il popolo stava ascoltando Gesù nel tempio, quando scribi e farisei irrompono rumorosamente con una vittima designata: “una donna sorpresa in flagrante adulterio” (Gv 8,4). Accerchiata da questi giudici spietati, vergognosa e consapevole della lapidazione che l’aspetta secondo la Legge, la donna è posta “in mezzo”, di fronte a Gesù, apparentemente senza scampo dal diluvio delle pietre meritate.
Trattata come se fosse lei stessa il peccato commesso, essa viene salvata in extremis da “Colui che non conobbe il peccato”, e che “Dio fece per noi peccato” (2 Cor 5,21) per salvare lei e i suoi accusatori.
Agostino ha immortalato l’atto finale di questa mancata lapidazione in sei parole: “Relicti sunt duo: misera et Misericordia – Rimasero soltanto loro due: la misera e la Misericordia” (Commento al Vangelo di Giovanni, 33,5).
In un certo senso, anche prima che se ne andasse l’ultimo di questi giudici dal cuore di pietra, l’adultera si trovava sola davanti a Gesù, essendo egli l’unico a provare compassione per lei e a trattarla come persona. Da tutti gli altri la donna era considerata un oggetto immondo da distruggere; ma per Gesù ella è una parte di sé, un “tu” della cui fede egli è infinitamente assetato.
Ed ecco che, anziché rispondere ai giudei, “Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra…E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra” (Gv 8, 6.8).
Quale significato possiamo dare a questo duplice gesto del Signore? Che cosa può avere scritto per terra?
Conoscendo il suo cuore mite ed umile, possiamo forse supporre che Gesù, chinandosi per terra, si sia raccolto in se stesso per entrare nel segreto della propria anima. E lo ha potuto fare per il gran silenzio che egli stesso ha creato intorno a sé. Così, estraniandosi dai giudei, il suo dito di Creatore si mette a scrivere per terra, come per inviare un messaggio efficace alla donna.
Sembra suggerirlo anche una santa carmelitana che, per il suo passato incoerente ed “adultero” nei confronti di Cristo sposo, si riteneva meritevole dell’inferno. Commentando in termini realistici le parole del Padre Nostro “Sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra”, ella scrive:
“Quando la terra dell’anima mia si sarà cambiata in Cielo, sarà pure più facile che si compia in essa la volontà del Padre, mentre senza questa trasformazione, non vedo proprio come ciò possa farsi, non trattandosi che di una terra sterile e vile..” (S. Teresa d’Avila, Cammino di perfezione, c. 32, n. 2).
E’ questa la trasformazione che Gesù ha operato anche nell’anima dell’adultera.
Immaginiamo ora, alcuni anni dopo, la scena seguente.
Un gruppo di credenti è radunato per pregare ed ascoltare la Parola. In mezzo a loro sta l’adultera salvata da Gesù (e divenuta ormai sua discepola), che racconta ancora una volta cosa avvenne in quel giorno memorabile. A lei possiamo mettere in bocca le parole odierne di Paolo:
“Fratelli, io ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovata in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo” (Fil 3,8s).
E per far capire questa sua fede nel Signore Gesù, aggiunge: “Quegli scribi e farisei che mi circondavano, credevano di avere fede nel Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe, ma si ingannavano. Avere fede in Dio non vuol dire conoscere a memoria la Legge. La fede non è qualcosa che sta scritto nella mente, ma nel cuore, non è qualcosa che si ha o non si ha, ma è un atto, l’atto di credere nella persona di Gesù. Io ho creduto nel Signore Gesù che stava davanti a me, mentre gli altri credevano nella Legge. Ed è stato mentre egli scriveva per terra che ho cominciato a credere in lui, per la santità e la luce che irradiavano dalla sua persona.