Conclave sta a indicare, anche etimologicamente, isolamento. Una dimensione che, nella sfera religiosa, non si limita all’elezione del Pontefice ma investe ambiti come quello del monachesimo, in parte anacoretico.
Quali effetti può produrre sulla psicologia della persona una prolungata segregazione dal mondo? “In generale dobbiamo distinguere chi si separa dal mondo ‘volontariamente’ (ad esempio la clausura o gli astronauti che hanno simulato il volo umano su Marte), da chi lo fa perché costretto, come i carcerati, i minatori bloccati in una miniera, le persone rapite, ecc”, spiega Angelo Gemignani, psichiatra dell’Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Cnr e del centro Extreme di Pisa, che ha seguito gli astronauti durante la simulazione del volo umano su Marte (progetto Mars 500), rimasti chiusi per 500 giorni all’interno di una astronave.
“Se l’essere isolati dal mondo è frutto di una scelta, lo stress neurofisiologico è difficilmente quantificabile, in quanto entrano in gioco molte variabili: la motivazione a compiere l’impresa o, nel caso della clausura religiosa, la spiritualità.
Per il Conclave, se da un lato la condizione di isolamento sociale e l’età avanzata dei Cardinali elettori entrano sicuramente in gioco nel compromettere la resilienza agli effetti dello stress, altri fattori come la tensione spirituale dell’evento e la preghiera possono invece aiutare, se non addirittura annullare gli effetti negativi”.
È ormai un dato consolidato in letteratura che il ritmo presente nella preghiera induca effetti benefici a carico della sfera sia psichica sia fisiologica. “In particolare, è stato osservato che il recitare l’Ave Maria in latino si associ a una sincronizzazione cardiorespiratoria caratterizzata da sei atti respiratori al minuto, condizione ideale per indurre il rilassamento profondo”, continua il ricercatore dell’Ifc-Cnr.
“Il centro di ricerca Extreme di Pisa ha dimostrato che un simile effetto è presente anche in alcuni atleti eccezionali, come gli apneisti d’élite, che adottano a tale scopo discipline meditative orientali come il Pranayama. Un gruppo di ricerca dell’Ifc ha inoltre dimostrato che la religiosità, nei pazienti che hanno subito un trapianto di fegato, migliora le chance di sopravvivenza, suggerendo quindi che la fede può essere considerata un indice predittivo favorevole di ‘outcome’ clinico”.
Fonte: Almanacco della Scienza del CNR – Angelo Gemignani , Istituto di fisiologia clinica, Pisa, email gemi@ifc.cnr.it