Il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire), è l’unico porporato congolese al Conclave, da cui uscirà il prossimo Sommo Pontefice.
Il porporato, che ha 73 anni, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 4 maggio del 1980 a Kinshasa dalle mani di papa Giovanni Paolo II. È stato creato cardinale a Roma, il 20 novembre 2010 da papa Benedetto XVI.
Il cardinale Monsengwo ha studiato a Roma presso la Pontificia Università Urbaniana e il Pontificio Istituto Biblico, e a Gerusalemme. Nel 1970 ha conseguito il dottorato in Studi Biblici presso il Pontificio Istituto Biblico, diventando il primo africano dottore di Scienze Bibliche.
Nel 2012, è stato scelto da Papa Benedetto XVI per predicare gli Esercizi spirituali in preparazione alla Santa Pasqua in Vaticano. In quell’occasione, la Radio Vaticana aveva descritto il porporato come “un prelato sempre molto impegnato a favore del dialogo, della riconciliazione e della difesa dei diritti delle persone”.
Il cardinale congolese ha ricoperto vari incarichi, tra cui la presidenza della Conferenza episcopale del suo Paese, quella del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM), e quella di Pax Christi International.
In ambito vaticano, il cardinale Monsengwo è stato membro della Pontificia Commissione Biblica. Ha fatto anche parte della commissione “Fede e costituzione” del Consiglio Ecumenico delle Chiese.
Meno conosciuta al grande pubblico è l’attività musicale del porporato: Monsengwo ha composto infatti vari piccoli pezzi per organo.
Lo scorso 16 ottobre, in occasione del Sinodo dei Vescovi per la nuova evangelizzazione, di cui è stato uno dei presidenti delegati, il cardinale Monsengwo Pasinya si è soffermato sul fenomeno dell’inculturazione e ha ricordato ai padri sinodali che “nell’esperienza delle giovani Chiese africane, l’incontro con i missionari ci ha inseriti subito in un contesto interculturale”.
Secondo Monsengwo, sono stati necessari “lunghi dibattiti teologici” per “chiarire la nozione stessa di inculturazione”. Il termine è nuovo, ha detto il porporato, ma “la realtà è invece tanto antica quanto l’esperienza di Israele”, che ha dovuto confrontarsi con la cultura ellenistica.
Per il cardinale congolese, l’inculturazione è “quel processo, mai concluso, di incarnazione della vita cristiana e del messaggio cristiano nelle culture”.
In questo senso, l’evangelizzazione suppone “un dialogo permanente tra il messaggio evangelico e la cultura, che per sua natura è dinamica e instabile”. Si tratta, ha detto il cardinale, di “trasmettere il racconto del gioioso incontro con Gesù Cristo, affinché i nostri contemporanei, in particolare i giovani, gli aprano la porta del loro cuore”.
Per questo motivo, aveva detto Monsengwo alla fine del suo intervento, la Nuova Evangelizzazione costituisce “un invito a ricercare nella cultura del nostro tempo, il linguaggio più adatto per raccontare questa esperienza, per tradurla in azioni concrete ed eloquenti in tutte le sfere della vita umana”.