La popolazione rischia di pagare la debolezza politica

Intervista a monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, sui recenti risultati elettorali

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Eccellenza, stiamo vivendo un momento molto difficile, come cittadini e come cattolici. Come cittadini abbiamo avuto delle elezioni politiche che hanno prodotto un quadro di ingovernabilità. Come cattolici viviamo la vacanza delle Cattedra di Pietro, dopo la “rinuncia” di Benedetto XVI. Siamo piuttosto smarriti…

Monsignor Crepaldi: Non c’è dubbio che il quadro generale sia preoccupante, ma non perché Benedetto XVI ha lasciato la guida della Chiesa. Il quadro della situazione in cui viviamo è fosco per tre motivi: il primo è la gravissima situazione economica e del lavoro; il secondo è la confusione del quadro politico italiano; il terzo – non vorrei che ce ne dimenticassimo – è la decostruzione della famiglia che si sta portando avanti in tutti i Paesi avanzati.

Dalle elezioni molti si aspettavano una governabilità del Paese che potesse fronteggiare adeguatamente la crisi economica, invece la situazione si è avvitata su se stessa. Cosa ne pensa?

Monsignor Crepaldi: La situazione economica è di una gravità inaudita. Tutto sembra fermo. Nelle aree più sviluppate del Nord Italia c’è una stasi della produzione. Si moltiplicano le aziende che chiudono, le altre vivacchiano cercando di galleggiare. Il lavoro è fermo. Per molti disoccupati stanno finendo gli ammortizzatori sociali. Ci sono quarantenni senza lavoro e con famiglia a carico. Non c’è solo una disoccupazione giovanile, ossia di chi non ha ancora 35 anni, c’è una disoccupazione dei quarantenni che è molto preoccupante perché hanno famiglia. Nessuno chiama più nemmeno per lavori a breve termine. Le società interinali sono quasi tutte bloccate. Qui a Trieste le strutture caritative della Chiesa si trovano davanti a richieste di aiuto sempre maggiori.

Dal popolo è emerso un grido, che però la politica non ha considerato.

Monsignor Crepaldi: Certamente il risultato elettorale ha creato una situazione di stallo e proprio nel momento di massima difficoltà. L’esito elettorale ha mostrato sostanzialmente due cose: un grave scollamento tra politica e popolo, ossia una grande insoddisfazione che si è espressa in modi molteplici, e poi la crisi delle grandi tradizioni di cultura politica nazionale. Il fatto che l’alleanza di centrosinistra, data stabilmente per vincente dai sondaggi, abbia vinto con modalità che assomigliano ad una sconfitta, la dice lunga su questo corto circuito. È pure significativo il fatto che nel Partito vincente riemerga la possibilità (o la necessità) di richiamare in servizio Matteo Renzi, lo sconfitto a quelle elezioni primarie che avrebbero dovuto incoronare Pierluigi Bersani e tirare la volata definitiva alla vittoria, marcando la “diversità” con gli altri partiti. Non ne parlo dal punto di vista partitico, ma per segnalare che la tradizione culturale della sinistra ha smarrito il legame con il popolo, con i ceti popolari. Altrimenti, in una situazione economica e politica drammatica come la nostra, avrebbe stravinto, e alla grande.

E della coalizione del Centrodestra cosa mi dice?

Monsignor Crepaldi: La Lega si è salvata e il Pdl ha avuto una inaspettata rimonta che però è stata dovuta, secondo me, al fatto di aver attirato i voti di quanti volevano impedire la vittoria della sinistra e all’attivismo di Silvio Berlusconi più che ad una elaborazione di una cultura politica capace di durare. Una prova di questo la vedo nella difficoltà di creare una classe dirigente che succeda al leader.

La crisi di queste tradizioni vale anche per quella cattolica?

Monsignor Crepaldi: Certamente, e da molto tempo, e con la dispersione di uno straordinario e popolare patrimonio di presenza nel sociale. Inoltre, i cattolici – partiti o singoli che fossero – che sono entrati nella Lista civica di Monti, purtroppo, ci sono entrati senza mantenere una chiara identità. L’Udc di Casini ha fatto la fine che ha fatto. Non che questo partito fosse il rappresentante ufficiale dei cattolici: ne parlo come esempio di una confluenza in un contesto culturale e politico più ampio e poco configurato che ha diluito l’identità percepita. Di deputati e senatori cattolici ce ne sono ancora nel nuovo Parlamento, ma fino ad oggi non vedo un punto di riferimento organizzato.

Prima delle elezioni lei aveva pubblicato un comunicato dell’Osservatorio sulla Dottrina sociale della Chiesa di cui è Presidente, per segnalare proprio questo pericolo…

Monsignor Crepaldi: Che purtroppo si è verificato, come era ampiamente plausibile dato che è stata sprecata l’occasione di approfittare del periodo del governo tecnico di Monti per rilanciare prima di tutto un pensiero e una cultura e poi anche delle ipotesi operative.

La campagna elettorale questa volta è stata fatta con modalità diverse dal passato: anche la televisione, un tempo ritenuta fondamentale, è stata bypassata. Grillo, per esempio, ha adoperato i blog e i comizi di piazza. Come valuta la cosa?

Monsignor Crepaldi: La valuto con realismo. Le novità non verranno certamente da nuovi strumenti, ma da nuove idee, da nuove prospettive di cultura politica. Comunque, tutti i mezzi sono e rimangono solo dei mezzi. Non è detto, per esempio, che internet sia più democratica della televisione o dei vecchi comizi di partito. Anche Internet si presta al populismo, alle direttive indiscutibili diramate dal capo, ad utilizzare l’offesa piuttosto che i contenuti, all’uniformismo spacciato per creatività, alle emarginazioni dei dissidenti.

Come valuta il successo del Movimento Cinque Stelle?

Monsignor Crepaldi: Anche questo lo valuto con realismo. Indubbiamente esprime una profonda e drammatica insofferenza popolare presente nel Paese.

E sui contenuti politici del Movimento Cinque Stelle cosa mi dice?

Monsignor Crepaldi: Mi sembra che al suo interno ci siano elementi diversi. Innanzitutto c’è una cultura ecologista e della sostenibilità. Questo lo si vede dal rifiuto delle grandi opere, dall’obiettivo di decongestionare la società industriale, di creare una green economy leggera, fondata sul riciclaggio e sulla sobrietà. C’è poi una componente statalista con la proposta di nazionalizzazione della scuola, della sanità, dei trasporti, oppure con il progetto per un reddito minimo di cittadinanza garantito. Infine c’è una componente libertaria radicale nel campo della vita e della famiglia. Ognuno di questi elementi va valutato per sé e nell’insieme con gli altri.

E lei come li valuta?

Monsignor Crepaldi: È un’impresa ardua e prematura esprimere una valutazione. È meglio aspettare quando si avranno in mano maggiori elementi.

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Stefano Fontana

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