Il romanzo non racconta cose vere, ma dice la verità

Don Mauro Leonardi spiega come arrivare alla verità attraverso il romanzo

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di Antonio Gaspari

ROMA, lunedì, 25 giugno 2012 (ZENIT.org) – “Abelis”, scritto da don Mauro Leonardi e edito da Lindau, racconta la storia di un bambino che se diventerà cavaliere garantirà la vittoria definitiva sui sui draghi. Ci sono però problemi, perchè dietro a far diventare cavaliere Abelis si nasconde un terribile segreto. 

A vincere i draghi ed il tremendo segreto ci pensa Lutet, la mamma di “Abelis”, la quel utilizza le armi della poesia, delle bellezza e della verità. In una parola, Lutet ama più di tutti tutti e vince il male.

Leggere romanzi è bello, si scoprono mondi fantastici e si arriva alla verità in maniera più sofisticata che a leggere saggi. Stupisce scoprire un sacerdote che coltiva questo genere letterario.

Da anni don Mauro Leonardi scrive racconti saggi e libri interrogandosi sul rapporto tra l’uomo e Dio. ZENIT lo ha intervistato.

Perché ha scelto di scrivere un romanzo e non un saggio sul rapporto tra l’uomo e Dio?

Don Mauro Leonardi: Capisco che ci si possa meravigliare che un sacerdote di 53 anni – e al 25esimo anno di sacerdozio – scriva un romanzo e non un saggio, ma la risposta più vera è che il romanzo mi tiene ancorato alla profonda verità della mia vita e quindi della mia vocazione. Ho scritto nella mia vita diverse cose in forma saggistica: due libri e parecchi articoli, ma il romanzo è la mia anima profonda. Questo è il secondo e credo che ne scriverò altri. Il saggio – come ha detto qualcuno – scrive cose vere ma non dice la verità: il romanzo non racconta cose vere, ma dice la verità.

Quali sono i messaggi che vuole comunicare con “Abelis”?

Don Mauro Leonardi: Credo che nessun autore di narrativa abbia in primo luogo l’obiettivo di “mandare messaggi”. Io – come racconto nella pagina finale dei “ringraziamenti” di Abelis – ho cercato per dieci anni di capire dove andasse quel bambino (Abelis) che arrivava alla porta di una fortezza che gli si schiudeva dinanzi mostrandogli solo un cavaliere che al posto della pelle aveva un’armatura di ferro. E’ chiaro che allorché tutto tace e finalmente la lampada accanto alla poltrona illumina il libro aperto dinnanzi a me, l’incontro tra me e quei personaggi non è solo “finzione”. “Che bello!” si dice, e son dette le parole giuste. L’arte è una rappresentazione visibile del mondo interiore degli individui che la elaborano e la fruiscono: ecco perché, quanto più un’opera d’arte è grande, tanto più ciò cui allude è il “mondo interiore” di tutta un’epoca, di una società, di una civiltà. Assai spesso l’esigenza espressa da chi gode di un film, come da chi legge un romanzo, cioè da chi si immerge in una storia, è quella di capire meglio sé stessi, di essere di più sé stessi. Ci si immerge in un “mondo altro” per trovare sé stessi. Le luci della sala del cinema si spengono, il libro si apre alla pagina cui eravamo rimasti ed entrando in profondità nei personaggi e nei loro conflitti, in realtà scopriamo la nostra umanità. Si legge un romanzo, si va al cinema o a teatro per entrare in un mondo nuovo, affascinante, per vivere accanto a un personaggio che, a prima vista molto diverso da noi, in profondità è come noi. Se questo non avviene, la realtà di finzione non illumina la nostra realtà quotidiana e perciò quell’opera “ci annoia”, non ci interessa. Sbaglia in maniera grossolana chi pensa che l’anima più profonda dello svago, del gioco, dell’arte sia sfuggire alla vita. In realtà in quel momento si desidera aggiungere profondità ai nostri giorni.

Di che parla il romanzo “Abelis”?

Don Mauro Leonardi: Abelis è il bambino che Ciambellano cerca da anni perché, se sarà cavaliere, la vittoria sui draghi sarà definitiva. Ma i cavalieri vivono il segreto terribile cui ho accennato più sopra e che rende tutto atroce e blocca persino Messer Ferriere, che è il braccio destro di Ciambellano: quando divengono cavalieri la loro pelle viene per sempre trasformata in un’armatura di ferro. Si dipana così una storia in cui protagonisti sono – oltre ad Abelis – Blennenort, il solo cavaliere di Arileva che nessuno rispetta e sua mamma, Lutet, che ama lui, Blennenort e gli animali. Anche se sono draghi.

Che cosa intende per “fantasy metafisico”?

Don Mauro Leonardi: Che l’ambientazione sia fantasy credo si capisca da sé. L’azione si svolge in un’epoca che potrebbe essere contemporanea a quella del Signore degli Anelli, e anche qui ci sono Re, sapienti, draghi, cavalieri e magia. Abbiamo coniato l’espressione “fantasy metafisico” forse perché abbiamo attinto alla radice etimologica dell’aggettivo: la metafisica – lo sappiamo bene – è per antonomasia quella parte della filosofia che va oltre gli elementi contingenti, sensibili, per arrivare a ciò che è fondamentale, universale. In realtà, lo dicevo sopra, ogni storia deve essere universale e “metafisica” ma questa forse lo è particolarmente. Sia per la trama che per il modo di scrivere in cui spesso il parlare quotidiano si sforza di avere l’eternità della poesia.

Lei racconta di una donna che con la poesia, la verità e la bellezza sconfigge il male: è un riferimento a Maria?

Don Mauro Leonardi: In Abelis non c’è nessun riferimento esplicito né a Dio né a Maria, come d’altronde avviene nel Signore degli anelli, capolavoro del cattolicissimo Tolkien che trasuda valori e trascendenza in ogni pagina ma che non lo fa mai esplicitamente. Se però lei mi chiede se Lutet – la donna cui lei allude – sia Maria la mia risposta è gioiosamente affermativa. Sì, per me lo è stata, e diversi leggendo il manoscritto lo hanno pensato. Ho pensato e amato molto Maria, mentre scrivevo Abelis. Soprattutto forse la “donna madre” di cui parla Giovanni nel suo vangelo. Lui che tanto ha amato la Madonna senza mai chiamarla per nome (come d‘altronde ha fatto per sé).

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ZENIT Staff

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