di P. Mario Piatti icms
ROMA, venerdì, 25 maggio 2012 (ZENIT.org) – Leggevo, tempo addietro, una breve biografia di Santa Veronica Giuliani (1660-1727) e rimasi impressionato dal rilievo che, fin dalla più tenera età, ebbe il Crocifisso nella sua vita. Ella nutrì sempre una grandissima devozione per le sofferenze di Nostro Signore. Nella Pasqua del 1694, durante una visione, l’impronta della Corona di spine si manifestò sul capo della Santa e tre anni più tardi ricevette il dono delle Stigmate. Il suo cuore, esaminato dopo la morte, mostrò nitidamente i segni della Passione, proprio come ella aveva predetto al suo confessore. Tali straordinarie esperienze mistiche – confermate da numerosi e credibili testimoni oculari – e lo stato di estasi, pressoché continuo, che la accompagnò lungo la sua esistenza, non le impedirono di essere una ottima religiosa, equilibrata e di gran senso pratico.
Pensando alla diffusa contestazione e alla crescente diffidenza nei confronti della Croce ho provato a immaginare le ragioni, palesi od occulte, di tale avversione. Possibile, mi chiesi, che sia davvero così fastidioso quel segno, capace di suscitare, in duemila anni – fino a prova contraria – schiere innumerevoli di santi e di mistici, come Santa Veronica, di instancabili apostoli della carità e di autentici benefattori dei loro fratelli? Eppure, oggi, si pretende che il Crocifisso sia rimosso, che sia nascosto e oscurato, quasi fosse un evidente indizio di disonore. Spesso è vilmente associato a presunti delitti, perpetrati all’ombra di quella gloriosa insegna. In realtà, nessun marchio d’infamia, nessun sacrilego abuso potrebbe minimamente offuscare il senso e la forza della Croce del Signore, manifestazione di un Amore senza misura e senza condizioni, che travolge ogni barriera e invoca solo perdono e riconciliazione sul mondo.
Quel legno beato ha segnato la vita e l’esperienza di intere generazioni, che dal suo mistero hanno tratto luce, forza e coraggio per affrontare gli scogli e le difficoltà del tempo presente. Senza il riferimento al Calvario non capiremmo l’ardore degli asceti e lo spirito di sacrificio dei martiri, né il quotidiano e generoso rinnegamento di sé, che ha formato e costituito il tessuto cristiano, per tanti secoli, delle nostre famiglie. Il mondo vuole cancellare la Croce, mentre i Santi si abbeverano a quella fonte e la eleggono a criterio delle loro scelte e delle loro opere. Un male inteso spirito di tolleranza vorrebbe farla sparire per sempre, insieme ai tanti “crocifissi viventi”, che dal trono della loro sofferenza – nei letti degli ospedali, nelle cliniche, nelle nostre stesse case – danno fastidio, interpellano e provocano le coscienze. Ci ricordano infatti, semplicemente, che il corpo non è per l’impudicizia né per la soddisfazione dei propri capricci o istinti. La carne, piagata e mortificata, ma bagnata e santificata dal sangue di Cristo, è frumento che ormai germina nel sole della Grazia, maturo per i granai del Cielo.
Contempla la Croce e troverai le radici profonde di quell’eterno Amore che sa immolarsi per la sua creatura, che spalanca le sue braccia sulla nostra povertà e intercede per noi Misericordia e Pace dal Cielo.
Contempla la Croce e troverai Maria. Ella “stava”, incrollabile, di fronte al Figlio. Non è casuale l’accostamento della Vergine alla Passione di Cristo. Da quell’ora – dice il Vangelo di Giovanni – il discepolo la prese “tra le sue cose” più preziose, tra quei beni che i ladri non scassinano e la ruggine non può più rovinare (cfr. Mt. 6,19-20). Tra i beni eterni, posti nel nostro cuore da Dio, vi sarà, da quell’ora solenne e redentiva, anche la Vergine Maria: la Madre, associata in tutto al Figlio, fatta una con la sua Croce. Sul Golgota, la Croce e la maternità saranno congiunte per sempre, nella logica “folle” dell’Amore di Dio.
Ecco tua Madre. Eccola, nella tua vita, nel tuo lavoro. Eccola, accanto a te, nella gioia quotidiana e nella prova che stai attraversando. Ecco tua Madre, che sostiene i passi, che ti insegna a camminare, come quando eri piccino; che ti rialza nelle cadute, mitiga la sferza delle tempeste, rincuora e benedice, conforta, incoraggia a continuare la via intrapresa.
Ecco dove cercarla: “tra le cose più care”, nello scrigno e nel sacrario segreto del tuo cuore, dove deponi la tua amarezza e le tue incomprensioni; dove cerchi, nel silenzio, la luce del tuo Dio, perché tutto diventi comunione di vita e di Grazia con Lui.
Ecco tua Madre. Consolatrice degli afflitti, aiuto dei cristiani, umile e alta più che creatura; regale e dolcissima, purissima e casta, sorgente di ogni consolazione. Ecco tua Madre, il cui nome, da tutte le generazioni, sarà detto “beato”, come lei stessa profetizzò nel Magnificat.
Nome santo, mille e mille volte implorato e venerato dalla Chiesa, che non si stanca di volgersi a Lei, con la fiducia di chi osa sperare ogni bene. Nome santo, invocato nella dolce litania del Rosario, nell’incalzante succedersi di Ave Maria, che rinnova lo stupore dell’annuncio angelico: chi ama, non si stanca di interpellare l’amato e non teme di essere importuno.
“Guarda la stella, invoca Maria! Se turbato per l’enormità dei tuoi peccati, spaventato al terribile pensiero del giudizio, stai per precipitare nel baratro della tristezza e nell’abisso della disperazione, pensa a Maria, invoca Maria!” (San Bernardo).
Nome Santo, associato per sempre al mistero della Croce e della Gloria di Cristo.
(Tratto da “Maria di Fatima”, mensile della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria)