Lottiamo contro la tratta degli esseri umani!

Il discorso del cardinale Vegliò durante l’incontro “Costruire ponti di opportunità: donne e migrazione” organizzato dall’Ambasciata americana presso la Santa Sede

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ROMA, giovedì, 24 maggio 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo il testo del discorso che il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ha pronunciato questa mattina al Centro Studi Americani di Roma, nell’ambito dell’incontro Costruire ponti di opportunità: donne e migrazione, promosso dall’Ambasciatore degli Stati Uniti d’America presso la Santa Sede, S.E. Miguel Diaz.

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1. La speranza delle donne

Le donne nella migrazione forzata affrontano la situazione con notevole coraggio, intraprendenza e creatività. Esse credono con tutto il cuore che il futuro possa offrire cambiamenti e possibilità, e sono fiduciose di potersi ricostruire una vita. Sono convinte che i loro figli avranno un’istruzione e successo. Lo si vede dai loro sorrisi, che sembrano dire “domani sarà migliore”.

2. Donne che devono affrontare minacce e violenza

Ciascuna di loro, tuttavia, ha vissuto una situazione tragica di brutalità e violenza. Le donne sono diventate bersaglio di numerosi scontri, rapimenti e brutalità. La loro vulnerabilità è usata deliberatamente al fine di disumanizzarle, per distruggere la vita quotidiana delle comunità e creare paura nella regione. Per questo vengono violentate e costrette alla schiavitù sessuale il cui impatto è negativo non solo sulla salute fisica e psicologica, ma anche a livello familiare e comunitario. Lo stupro è utilizzato come arma da guerra, nel tentativo di distruggere la cultura avversaria portando alla ‘pulizia etnica’. Se le donne non assecondano i loro rapitori, spesso sono uccise.

3. Donne nei campi rifugiati

Dopo la fuga, esse si ritrovano a vivere in campi all’interno o fuori del paese, ma anche questi non le proteggono a sufficienza. Le donne rischiano atti di violenza sessuale anche quando si recano a raccogliere legna per fare il fuoco. In molti paesi non sono autorizzate a lavorare e, di conseguenza, dipendono da organizzazioni umanitarie. La carenza di elementi basilari e i tagli nelle razioni alimentari possono spingere donne e ragazze a prostituirsi per sopravvivere. Molte volte esse non hanno i documenti necessari, il che complica ulteriormente la loro vita.

4. L’impegno della comunità internazionale

Tutto questo avviene nonostante l’obbligo della comunità internazionale di dare loro protezione, secondo lo spirito della normativa sui diritti umani, di rifugiati e di diritto internazionale umanitario. Ciò include l’accesso a beni di prima necessità quali cibo, alloggio, vestiario e cure mediche, ma anche il diritto al lavoro e alla libera circolazione.

Le donne rifugiate esprimono il desiderio di avere un nuovo futuro ed essere considerate come esseri umani. Una di loro ha detto: “Abbiamo bisogno di integrarci nella società. Solo allora potremo contribuire alla nostra seconda patria. Non abbiamo bisogno solo di cibo, siamo esseri umani con sentimenti. Non chiediamo solo assistenza psicologica, ma di incontrare persone che si preoccupano realmente di noi”.

5. Impegno della Chiesa

Il Jesuit Refugee Service; la Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni; le Caritas locali; le Commissioni Episcopali e i rappresentanti di Caritas Internationalis assistono materialmente le donne e le ragazze madri, preparando il reinsediamento, occupandosi delle loro necessità fisiche, emotive e psicosociali, e sviluppando programmi di reinserimento sociale ed economico.

6. Traffico di esseri umani

È del tutto possibile che ciò che acquistiamo, in particolare i prodotti che costano meno, siano stati realizzati impiegando manodopera costretta al lavoro forzato. Questa, che è un’altra forma di tratta di esseri umani, avviene sotto i nostri occhi. Quasi tutti i paesi si trovano ad affrontare problemi quali lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, i bambini soldato, o i metodi abusivi di adozione. Nessun paese ne è esente. Le persone vengono ingannate sugli obiettivi delle loro attività future e non sono più libere di decidere della loro vita. Finiscono pertanto in situazioni simili alla schiavitù da cui è molto difficile fuggire.Lo

Le armi impiegate a questo scopo sono le minacce e la violenza. Le cause profonde del traffico non sono solo la povertà e la disoccupazione, ma anche la richiesta di manodopera a basso costo, o i prodotti a basso prezzo e il “sesso esotico o inusuale”.

Dobbiamo adoperarci affinché le vittime abbiano accesso alla giustizia, all’assistenza sociale e legale e al risarcimento dei danni subiti. La loro integrazione include assistenza medica e psico-sociale, alloggio, permesso di soggiorno, accesso al lavoro e, in alcuni casi, il ritorno al paese d’origine con microprogetti o prestiti.

7. La Chiesa in prima linea

In molti paesi la Chiesa è impegnata direttamente nell’assistenza alle vittime. Ciò comporta ascoltarle, assisterle, sostenerle per sfuggire alla violenza sessuale, creando case sicure, prestando consulenza per la loro integrazione nella società o aiutandole a ritornare alle loro case in modo sostenibile. La Chiesa, inoltre, ha promosso attività di prevenzione e sensibilizzazione. Anni fa, per esempio, alcune congregazioni di religiose hanno iniziato in vari paesi programmi di assistenza alle donne vittime della tratta per sfruttamento sessuale.

8. Conclusione

La lotta contro la tratta di esseri umani è compito della Chiesa, dei governi, delle ONG, dei datori di lavoro, del commercio, dei sindacati e della pubblica opinione, assieme a tutte le donne e agli uomini di buona volontà. Ciò vuol dire che combattere insieme fa la differenza. Passi importanti sono il dialogo e la cooperazione, condividendo le nostre opinioni e i nostri sforzi per aiutare le donne migranti a costruire ponti di opportunità.

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ZENIT Staff

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